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VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia

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te l’unica peculiarità del lavoro, ma piace ricordare l’importanza<br />

di quell’esperienza. A segnare un’apertura e uno sviluppo<br />

di quel momento di incontro, Álex Rigola ha offerto<br />

quest’anno a quattro gruppi la possibilità di presentare un<br />

progetto autonomo a cui lavorare nel corso di una residenza<br />

artistica a <strong>Venezia</strong> (dal 4 al 10 agosto 2012). Il fil rouge che lega<br />

queste formazioni alle esperienze laboratoriali delle passate<br />

edizioni, risiede nella partecipazione dei componenti ai<br />

workshop tenuti da Jan Lauwers, Romeo Castellucci, Rodrigo<br />

García e Thomas Ostermeier nel 2010 e 2011.<br />

«Il nostro gruppo non si è ancora formalizzato in una compagnia<br />

– racconta John Romão in un’intervista a cura di<br />

Matteo Antonaci – non avevamo mai lavorato insieme prima<br />

d’ora. Il laboratorio di Romeo Castellucci ci ha permesso<br />

di conoscerci e di creare legami di reciproca ammirazione».<br />

La decisione di Rigola di accostare le Residenze ai Laboratori,<br />

ha posto l’attenzione sulla ricerca teatrale di nuove<br />

formazioni, sul lavoro di artisti che, come John Romão, assieme<br />

a Georgina Oliva, Piera Formenti e Damiano Ottavio<br />

Bigi, hanno deciso di intraprendere e condividere un percorso<br />

per affinità di interessi e di poetica. Pocilga è il progetto su<br />

cui si è concentrato il collettivo; gli spazi del Teatro Junghans<br />

hanno accolto un primo avvicinamento scenico a Porcile di<br />

Pasolini, in una riflessione focalizzata sul corpo umano e sul<br />

corpo animale quali oggetti «di desiderio “invertito” – come<br />

scrive Romão – e cause di scandalo all’interno di un gruppo<br />

sociale. Un giovane, invece di amare il corpo umano, lo divora;<br />

un altro, invece di mangiare il corpo del maiale, lo ama. Si<br />

tratta di corpi trasgressori che il potere vuole cancellare e nascondere.<br />

È questa la principale linea drammaturgica di cui<br />

voglio occuparmi».<br />

Sempre al Teatro Junghans, la compagnia Divano Occidentale<br />

Orientale, già costituita da Giuseppe Bonifati nel<br />

2010 e impegnata lo scorso anno nel laboratorio condotto<br />

da Rodrigo García, ha sviluppato Qui-es-tu? Tu-me-tu (es),<br />

una performance nata dall’idea di un televisore che genera<br />

interferenze. «In scena – racconta Bonifati – una casalinga<br />

ha un rapporto sessuale con un televisore dal quale sembrano<br />

nascere due figure, Y e Z. Le due entità non si conoscono ma<br />

stabiliscono lentamente un dialogo fino a quando una violenza<br />

domestica non crea un cortocircuito imprevisto. Non<br />

sono interessato ad una critica massmediale – continua il regista<br />

– voglio mettere in scena un incubo nel quale i personaggi<br />

non sono che entità astratte».<br />

Accanto a queste esperienze, altre due formazioni hanno<br />

lavorato negli splendidi saloni del Conservatorio Benedetto<br />

Marcello: sono The Moors of Venice, il gruppo creatosi<br />

all’interno del laboratorio di Thomas Ostermeier, ora alle<br />

prese con Propaganda, la prima parte di The Revolution<br />

Project, e l’ensemble costituito da Carlota Ferrer, Nicolas<br />

Wan Park, Francesca Tasini e Emmanuelle Moreau, impegnato<br />

in Swimming B, una rilettura di alcuni monodrammi<br />

di Beckett.<br />

La possibilità di seguire parte delle prove degli artisti presenti<br />

al Conservatorio, ha distolto dalla congettura che legava<br />

e restringeva il percorso di questi professionisti al nome<br />

del regista del laboratorio, come alla ricerca di segni distintivi<br />

di un «superficiale» passaggio di testimone da maestro<br />

ad allievo, ponendo piuttosto in evidenza la sperimentazione<br />

apportata da questi giovani autori al contemporaneo panorama<br />

performativo. Ognuno di loro ha potuto organizzare<br />

a proprio modo le giornate di lavoro: così se The Moors of<br />

Venice, il gruppo guidato da Fèlix Pons, nel corso delle prime<br />

prove si è approcciato alla messinscena di Propaganda –<br />

un interessante studio sull’eta, l’organizzazione terroristica<br />

basca – in maniera più consueta, per giungere in seguito<br />

a un capovolgimento totale della costruzione drammaturgi-<br />

ca, la modalità perseguita nella creazione di Swimming B ha<br />

mantenuto costante l’idea di work-in-progress trasmessa alla<br />

formazione dall’esperienza fatta precedentemente con Jan<br />

Lauwers, ma modellata sulle specificità dei singoli. «Tutto il<br />

gruppo che ha lavorato con il maestro a <strong>Venezia</strong> – racconta<br />

Carlota Ferrer – è rimasto influenzato dal suo linguaggio. La<br />

modalità che seguiamo nella creazione si avvicina al suo modo<br />

di lavorare: un continuo work-in-progress che si basa sulle<br />

proposte differenti degli attori».<br />

A chiusura del periodo di residenza, i progetti sono stati<br />

presentati al pubblico in Open Doors volti a fornire agli artisti<br />

un riscontro sulla ricerca intrapresa in questa breve esperienza.<br />

Osservare la pluralità di linguaggi – pur trattandosi<br />

ancora di piccoli frammenti – portata in scena da questi ensemble<br />

multinazionali, fa riflettere sulle difficoltà che si possono<br />

incontrare all’inizio di un percorso (come la disponibilità<br />

di uno spazio), e porta a riconoscere l’opportunità che la<br />

direzione artistica di Álex Rigola ha offerto a questi gruppi.<br />

Ora si può guardare al futuro, a una maturazione del lavoro,<br />

come racconta Ferrer, che nello sviluppo della performance<br />

vorrebbe coinvolgere un drammaturgo; o come dimostra<br />

The Moors of Venice, il cui pensiero va a InSIGHT?, il secondo<br />

step della trilogia dedicato all’aspra realtà siriana, che verrà<br />

presentato a settembre a Monaco di Baviera. ◼<br />

*iltamburodikattrin.com<br />

Un campus d’agosto<br />

fra incontro e condivisione<br />

Il progetto di Álex Rigola<br />

per un cantiere<br />

che lavori tutto l’anno di Roberta Ferraresi*<br />

Álex Rigola, fra i rappresentanti di quella nuova<br />

possente generazione della regia europea che – ne abbiamo<br />

visto qualche esito proprio nelle ultime sue Biennali<br />

– continua a scuotere i palcoscenici e a reinventare il linguaggio<br />

teatrale, è al secondo mandato come direttore del festival<br />

lagunare. Qui, con l’intenzione di fare di <strong>Venezia</strong> un campus<br />

internazionale delle arti sceniche, sta sperimentando una<br />

curiosa formula di direzione, capace di intrecciare la logica laboratoriale<br />

con il momento della messinscena. Cominciamo<br />

l’intervista ponendo le domande che, lungo tutta la settimana,<br />

abbiamo rivolto agli allievi dei workshop, per proseguire<br />

poi verso le idee e le spinte che da questo campus, ormai alla fine,<br />

portano già verso gli orizzonti del festival 2013.<br />

La prima domanda che abbiamo posto ai laboratoristi è:<br />

qual è lo spettacolo che le ha cambiato la vita?<br />

I sette rami del fiume Ota di Lepage, Shopping & Fucking di<br />

Ostermeier, Je suis sang di Jan Fabre… che altro? Mi è piaciuto<br />

molto uno degli spettacoli che abbiamo portato in Biennale<br />

l’anno scorso: Isabella’s Room di Jan Lauwers. Poi tutti<br />

i Dostoevskij di Castorf... Fra i più recenti c’è la versione<br />

del Maestro e Margherita di Simon McBurney. I lavori di Sidi<br />

Larbi, un artista che vorrei portare a <strong>Venezia</strong>. Poi Sasha<br />

Waltz, Pina Bausch…Gli spettacoli che mi hanno cambiato<br />

sono così tanti che potrebbero non finire mai!<br />

La seconda domanda riguarda direttamente i laboratori di<br />

questa Biennale: fra «costi e ricavi», chiediamo di fare un bilancio<br />

dell’edizione 2012.<br />

Cos’ho guadagnato? Sicuramente la felicità. Ad esem-<br />

le biennali 2012 — teatro<br />

focus on 13

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