31.05.2013 Views

VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia

VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia

VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

56<br />

cinema<br />

Un ritratto<br />

di Francesco Rosi,<br />

Leone d’oro<br />

alla carriera 2012<br />

di Roberto Pugliese<br />

Il cinema di Francesco Rosi, Leone alla carriera<br />

della Biennale alla lxix Mostra di <strong>Venezia</strong> quasi mezzo<br />

secolo esatto dopo il Leone d’oro vinto con Le mani<br />

sulla città, appartiene ad una stagione e ad un’epoca<br />

culturali e storiche che, benché ci appaiano oggi remotissime,<br />

quasi arcaiche, fanno invece parte della nostra contemporaneità:<br />

anzi, la sostanziano, la innervano e le conferiscono<br />

un valore altrimenti destinato a disperdersi nei volatili<br />

fluidi dell’effimero o nella volgare precarietà del nostro<br />

presente.<br />

Era quello che si chiamava «cinema di impegno civile»,<br />

con una ridondanza che oggi muove al sorriso: quasi potesse<br />

esistere una forma di «impegno incivile» o una qualsiasi<br />

forma di civiltà fondata sul disimpegno. Sia chiaro: esiste<br />

fortunatamente anche ai nostri giorni, trasmessa nelle forme<br />

più varie, una vena di cinema italiano diversamente «engagé»,<br />

battagliero, di denuncia, di documentazione, di indignazione:<br />

o sub specie docu-satirica (Videocracy, Draquila)<br />

o di docudrama ben più duro (Diaz) o di fiction grottesca<br />

(Il divo) o di ricostruzione storica non convenzionale (L’uomo<br />

che verrà), per non citare che alcuni titoli. Ma il cinema<br />

di questo gentiluomo napoletano d’altri tempi, colto e raffinato,<br />

popolare senza mai essere populista, ha occupato l’intera<br />

seconda metà del Novecento con caratteristiche del tutto<br />

proprie e irripetibili: in testa a tutte, l’invenzione di quel<br />

particolare genere chiamato «film-inchiesta», a cominciare<br />

da Salvatore Giuliano del 1962, che – lungi dal rifarsi a<br />

cascami neorealisti – coniugava un approccio documentale,<br />

cronachistico, investigativo su fatti e aspetti tra i più scabrosi<br />

e scottanti dell’Italia di quegli anni con una ricostruzione<br />

romanzesca, squisitamente narrativa e avvincente, fondata<br />

sull’utilizzo strepitoso ed efficacissimo di grandi atto-<br />

ri, italiani e stranieri, da Rod Steiger a Frank Wolff, da Alberto<br />

Sordi a Josè Suarez da Lino Ventura a – soprattutto<br />

– Gianmaria Volonté, che diventerà di fatto l’attore-feticcio<br />

delle «drammatizzazioni» di Rosi, metamorfizzandosi<br />

da autentico, incredibile camaleonte in una serie di ruoli reali<br />

o immaginari (Enrico Mattei, Lucky Luciano, il tenente<br />

Ottolenghi di Uomini contro, il Cristof Bedoya di Cronaca di<br />

una morte annunciata) che divengono specchi e maschere di<br />

altrettante narrazioni incise sanguinosamente nella storia.<br />

Una formula, quella del film-inchiesta, con la quale Rosi<br />

anticipa di parecchio le pulsioni ribellistiche del cinema<br />

militante postsessantottino dei Bellocchio, Faenza, Taviani,<br />

Samperi, Cavani, peraltro rimanendo costantemente fedele<br />

ad un rigore linguistico e narrativo che non esclude affatto,<br />

anzi, la chiarissima scelta di campo civile e ideologica<br />

del regista, ma nemmeno vuol rinunciare alle potenzialità<br />

drammaturgiche del racconto cinematografico, persuaso<br />

al contrario che proprio in queste trovi ancora maggior linfa<br />

e forza la voce insopprimibile della denuncia e della battaglia<br />

delle idee.<br />

In realtà nel cinema del regista partenopeo è costante una<br />

meditazione analitica più vasta e profonda sulla Storia come<br />

palcoscenico spesso crudele della condizione umana e delle<br />

sue contraddizioni, non solo sociali e politiche ma anche<br />

psicologiche ed esistenziali, ravvisabile sin dalle prime esperienze<br />

come sceneggiatore per il maestro Luchino Visconti<br />

(La terra trema, Senso); essa permette a Rosi di espandere<br />

la propria ricerca narrativa anche in altre direzioni, oltre<br />

a quella del film-inchiesta e del docu-drama, spesso e volentieri<br />

appoggiandosi a testi letterari fondativi del Novecento,<br />

ma in ogni caso essenziali alla riflessione storica del regista,<br />

come nel caso di La tregua di Primo Levi, progetto già<br />

accarezzato nei primi anni ottanta ma poi sospeso per il suicidio<br />

dello scrittore e portato a termine solo nel ’97 (rimane<br />

il suo ultimo film), o di Cronaca di una morte annunciata<br />

(1987) di Gabriel García Marquez, o di Cadaveri eccellenti<br />

(1976) di Leonardo Sciascia, o ancora di Cristo si è fermato<br />

a Eboli (1979) di Carlo Levi. Inoltre, l’irrefrenabile curiosità<br />

intellettuale dell’autore lo ha portato più di una volta verso<br />

digressioni stilistiche e di genere apparentemente di difficile<br />

decifrazione o in conflitto con l’anima più rigorosa e severa<br />

della sua opera, come nel caso della fiaba all-star C’era<br />

una volta (1967), con Sofia Loren e Omar Sharif, girata qua-

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!