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VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia

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Questo si verificò già all’indomani della vittoria<br />

dei Soviet.<br />

Sempre le mondine, punta di diamante del<br />

movimento bracciantile, nel 1921, a conclusione<br />

della lunga battaglia per le otto ore,<br />

cantavano:<br />

«Se otto ore vi sembran poche / provate voi<br />

a lavorar / e proverete la differenza / di lavorare<br />

e di comandar. / E noi faremo come la Russia<br />

/ chi non lavora non mangerà /e quei vigliacchi<br />

di quei signori / dovranno loro lavorar».<br />

Speranze come quelle evocate dal canto compariranno per<br />

molti anni nell’innodia comunista, almeno fino a quando il<br />

pci non incomincerà a prendere le distanze da Mosca.<br />

La minaccia bolscevica nelle mani della propaganda fascista<br />

diventa un’efficace arma di propaganda, e le canzoni, spesso<br />

tratte dall’avanspettacolo o dalle riviste, danno voce a que-<br />

sta propaganda. Nel ‘28 per esempio si attribuisce al bolscevismo<br />

ogni aspirazione delle donne alla loro emancipazione:<br />

«Il bolscevismo la donna l’applica / ma vuol mangiar, vestir,<br />

goder / e lavorar non ne vuol saper / Il bacio che ti dà ben caro<br />

fa pagar / tutto per essa e niente a te / questo è l’effetto che<br />

fa il soviet».<br />

Quando poi i nostri esuli politici incominceranno a riparare<br />

all’estero, in particolare in Francia, ancora la canzone di regime<br />

ne darà un’immagine fosca e terrorizzante:<br />

«Lungi dal confini consacrati / fuori usciti e rinnegati /<br />

stanno benon. / Parlano, complottano adunati, / con i piani<br />

preparati / d’insurrezion. / E s’addorme ognun come un<br />

eroe / sopra il motto della Liberté. / Sogna / l’Italia messa<br />

alla vergogna, /il Quirinale conquistato / col drappo rosso<br />

inalberato...».<br />

Dall’altra parte gli antifascisti che dopo le leggi speciali vengono<br />

incarcerati o condannati al confino, fanno sentire come<br />

possono la loro voce:<br />

«Mi avete incatenato e non fa niente / vostro mestiere è fare<br />

gli aguzzin, / mi avete bastonato crudelmente / siete pagati a<br />

fare gli assassin. / Son comunista e questo lo sapete / ed il mio<br />

cuore è pien di ribellion / ma voi sbagliate se credete coi martìri<br />

di fiaccar / questa mia fede di rivoluzione».<br />

Come il fascismo si consolida al potere, voci come questa diventano<br />

più flebili e clandestine, la protesta sotterranea, ricorrendo<br />

spesso alla parodia di canzoni in voga, come abbiamo<br />

visto parlando di Spartacus Picenus. È il modo attraverso<br />

il quale si riesce a far circolare le idee, le parole d’ordine, utiliz-<br />

1. Michele L. Straniero; 2. Pietro Nenni; 3. Palmiro Togliatti; 4.<br />

Giobatta Gianquinto; 5. Alcide De Gasperi; 6. Benito Mussolini;<br />

7. Mario Scelba (fondazionegiannipellicani.it).<br />

zando spesso più l’ironia che l’invettiva, poiché<br />

il fascismo ai tempi di Starace era sì feroce,<br />

ma nello stesso tempo ridicolo e grottesco.<br />

«Quando bandiera rossa se cantava / co<br />

trenta franchi al mese se magnava / adesso<br />

che se canta giovinessa / se va in leto co la<br />

debolessa…».<br />

«Quando vedrai Petacci in bicicletta / vuol<br />

dire che Benito l’è in bolletta / … / quando<br />

vedrai brillar la stella rossa / vuol dire che Benito<br />

è nella fossa».<br />

«Benito, Benito, / ti n’à ciavà puito / ti n’à calà la paga / ti<br />

n’à cressuo l’afito».<br />

Canti come questi godevano anche di una notevole diffusione,<br />

almeno nelle regioni del nord, tant’è che ne esistono versioni<br />

analoghe in dialetti diversi.<br />

Il primo bersaglio, dopo la liberazione e all’indomani della<br />

5. 6.<br />

fine dei governi di unità nazionale, è il nuovo partito di potere,<br />

la Democrazia Cristiana, e i suoi principali rappresentanti:<br />

«Con De Gasperi alla testa / non si mangia la minestra /<br />

noi vogliamo un altro capo / che mantenga l’unità. / E con de<br />

Gasperi non si va – e non si va / l’è contro noi lavorator – lavorator<br />

/ vogliam Togliatti / Nenni i capi del lavor. / … / E De<br />

Gasperi in pignata / e Stalin al ghi fa fuoco / e Togliatti tasta<br />

il brodo / se l’è zevat o salà».<br />

Dopo questo periodo eroico, che arriva fino ai primi anni<br />

sessanta, la canzone politica prende un nuovo impulso grazie<br />

al lavoro di ricercatori e autori che sono stati spesso argomento<br />

di altri articoli su questa rivista.<br />

Nelle raccolte di canti che sono state realizzate da allora sino<br />

a oggi le nostre canzoni sono state spesso riportate come<br />

«canti comunisti». Faccio fatica a inquadrare come tale, per<br />

esempio, «Nina ti te ricordi», però è vero che la maggior parte<br />

di noi militava in gruppi e partiti della sinistra oppure se<br />

ne sentiva parte ideologicamente. Ma le canzoni hanno incominciato<br />

a respirare un’aria di libertà ideale che ci ha permesso<br />

di percorrere itinerari diversi e diversificati, anche perché<br />

ben diversa e diversificata è diventata negli anni la «sinistra»<br />

a cui ci siamo riferiti.<br />

La diffusione della canzone sociale avvenuta negli anni settanta<br />

ha prodotto decine di gruppi musicali e Canzonieri che<br />

hanno ripreso e riproposto questi repertori, che hanno composto<br />

nuove canzoni, spesso legate a situazioni di lotta nelle<br />

fabbriche, nei campi, nella scuola, nella società.<br />

«Alle sbarre qui di Reggio / ogni giorno si sta peggio / i<br />

bambini mezzi nudi / hanno un prato di rifiuti / l’immondizia<br />

per giocare / l’epatite per morire / qui la gente ha la rabbia /<br />

di chi cresce in una gabbia» (Canzoniere delle Lame 1971) ◼<br />

7.<br />

l’altra musica 51

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