VeneziaMusicaedintorni 48 - RIVISTA COMPLETA - Euterpe Venezia
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niera di Stockhausen sarebbe inconcepibile senza Cage, fino<br />
a Momente e all’estremismo aleatorio di Aus den sieben Tagen.<br />
Lo stesso Boulez della Terza Sonata per pianoforte risponde,<br />
senza dichiararlo, al collega statunitense, anche se di fatto la<br />
cosiddetta «alea controllata» è una normalizzazione delle<br />
operazioni casuali, un modo per aprire la porta alla flessibilità,<br />
senza rinnegare le norme del sistema. Nel ‘52 Cage crea,<br />
al Black Mountain College, il primo happening, la prima assoluta<br />
esperienza performativa. Era un insieme di musica, poesia,<br />
pittura e danza con al centro il coreografo Merce Cunningham,<br />
il pittore Robert Rauschenberg, il pianista David<br />
Tudor e naturalmente lo stesso Cage. Era la premessa a esperienze<br />
multimediali cariche di futuro, che attraverseranno<br />
per un quarantennio l’ansia sperimentale del musicista. Mi<br />
accadde di assistere allo «scandaloso» e sorprendente progetto<br />
promosso da Tito Gotti per le Feste musicali di Bologna,<br />
Alla ricerca del tempo perduto: un treno viaggiante tra varie<br />
stazioni ferroviarie con musicassette, televisori, strumenti<br />
ed esposizioni d’arte: Cage era gioiosamente impegnato nelle<br />
sue irriverenti esplorazioni ludiche. Recentemente Veniero<br />
Rizzardi e Giovanni Mancuso hanno ricostruito, al Conservatorio<br />
Benedetto Marcello di <strong>Venezia</strong>, una Lettura di Ca-<br />
4.<br />
ge della fine degli anni cinquanta, intercalata all’esecuzione<br />
di alcuni frammenti del Concerto per pianoforte e orchestra<br />
(all’origine il pianista era David Tudor). Ironia, umorismo,<br />
piacere del gioco: affiora la disinvoltura di un maestro che si<br />
occultava nel gesto teatrale.<br />
Nel ‘58 Cage per la prima volta è invitato a Darmstadt (precedentemente<br />
però si era affacciato come pianista e compositore<br />
al festival di Donaueschingen). Fu una rivoluzione, e<br />
la sua influenza mise in crisi per oltre un decennio la musica<br />
nuova, soprattutto in Germania e in Italia. L’opera che sconvolse<br />
il cenacolo internazionale dell’avanguardia è il Concerto<br />
per pianoforte e orchestra del ‘58, uno degli esempi estremi<br />
di apertura al caso e di coinvolgimento creativo dell’interprete<br />
(63 pagine con 84 tipi di notazione); qualche anno dopo<br />
il lunare John Tilbury suonava per la Biennale all’ingresso<br />
della Fenice, mentre l’orchestra era impegnata in ordine<br />
sparso nel foyer del teatro. L’ascolto del Concerto determinò<br />
tempestivamente l’intervento saggistico, Cage o della liberazione,<br />
di Heinz Klaus Metzger – il luciferino allievo di<br />
Adorno – che aveva già demolito la serialità «generalizzata»<br />
di Boulez. Lo stesso Berio fu interessato a quel saggio «storico»<br />
e lo fece tradurre nel 1959 per la sua rivista, gli Incontri<br />
Musicali. Metzger soggiogò gli avamposti della nuova musica<br />
anche sul piano teorico, come conferma il teologo, compositore<br />
e filosofo del caso, l’adorniano Dieter Schnebel. Ma<br />
fu un saggio arbitrario perché vedeva Cage attraverso la «negazione<br />
determinata». È un’interpretazione che successivamente<br />
è stata accolta dallo stesso Adorno e che è proliferata in<br />
Italia. Franco Evangelisti, Mario Bortolotto, Aldo Clementi<br />
e Franco Donatoni agivano nei circuiti del pensiero nega-<br />
5.<br />
tivo secondo la «cadaverica» retorica della fine della musica<br />
(Donatoni giunse a una temporanea afasia e alla rinuncia del<br />
comporre). In realtà Cage era un genio atarassico, totalmente<br />
estraneo al dibattito speculativo europeo; non credeva alla<br />
fine del linguaggio, ma all’allargamento interdisciplinare<br />
dell’esperienza creativa. L’adozione di scritture aleatorie divenne<br />
ecumenica (si pensi alle pittografie liberty di Bussotti).<br />
Il compositore europeo che comprese, senza sovrastrutture<br />
ideologiche, la lezione di Cage, anche per quanto riguarda<br />
la vocazione teatrale, fu Mauricio Kagel; Bruno Maderna lo<br />
ebbe presente soprattutto nell’apertura all’indeterminazione<br />
delle ultime opere.<br />
Dopo molte ricerche grafiche, nell’ultimo quindicennio<br />
Cage si riconvertì ai piaceri della notazione. I fluviali Freeman<br />
Etudes si appagano di un arido virtuosismo utopico nelle<br />
spettacolari acrobazie violinistiche. Negli spezzoni melodrammatici<br />
di Europeras, commissionate su suggerimento di<br />
Bertini e di Metzger, Cage intese conciliare la multimedialità<br />
con le esigenze di un teatro di tradizione, l’Opera di Francoforte.<br />
Come è noto, alcuni artisti furono vicini negli Stati<br />
Uniti a Cage, da Cunningham a Rauschenberg, ad allievi<br />
e sodali: Morton Feldman, Earle Brown, Christian Wolff.<br />
Marginale invece fu il rapporto con i minimalisti: l’orientalismo<br />
divulgativo di Terry Riley devastò l’ascetismo rituale di<br />
Cage; Steve Reich ne accolse alcuni processi iterativi e l’energia<br />
ritmica delle opere giovanili. Fondamentale fu il dialogo<br />
con Merce Cunningham. Entrambi hanno teorizzato l’indipendenza<br />
tra creazione coreografica e creazione musicale, ma<br />
l’autonomia della sperimentazione coincide con una perfetta<br />
armonia del pensiero.<br />
Mi sia consentito un ricordo personale. Cunningham amava<br />
molto <strong>Venezia</strong> e per questo gli proposi di dedicare una prima<br />
assoluta alla Fenice (ma il teatro bruciò un anno dopo e<br />
il balletto Interscape si svolse nel 2000 al Palafenice). Cunningham<br />
sembrò accettare, con la mitezza che condivideva<br />
con Cage, di coreografare un’opera di Feldman, ma poi pensò<br />
a 108, per altrettanti strumentisti, dell’amico scomparso<br />
da un decennio, iperbole del silenzio come filosofia della quiete.<br />
Autore della scenografia fu il prediletto Rauschenberg. Le<br />
operazioni casuali non implicavano la rinuncia alla scrittura.<br />
Negli ultimi lavori Cage prosciuga l’anarchia degli happening<br />
per vivere l’attrazione del vuoto. Non escludo sia stato<br />
suggestionato dalla sublime immobilizzazione del tempo di<br />
Feldman. 103, l’estrema monumentale composizione di largo<br />
organico presentata alla Biennale Musica nel 1993, un anno<br />
dopo la morte dell’autore, era associata a One, un film senza<br />
soggetto, fondamentalmente ideato, nelle linee guida, dal<br />
musicista. Dice Cage: «C’è luce ma non ci sono persone, né<br />
cose, né idee sulla ripetizione e sulla variazione. Si tratta di<br />
un’attività senza senso che tuttavia è comunicativa, come la<br />
luce stessa, che sfugge alla nostra comunicazione perché non<br />
ha nessun contenuto. Come ha affermato McLuhan, la luce è<br />
informazione pura senza alcun contenuto che limiti il suo potere<br />
trasformante e informativo». In questi tardi lavori si definisce<br />
il «terzo stile» dell’autore, tra appello metafisico e respiro<br />
cosmico. Trapelano assonanze con Scelsi e persino con<br />
l’ultimo Nono. Evidentemente certe idee circolavano e la scoperta<br />
e l’invenzione di Cage si irradiavano nelle trame della<br />
nuova musica.<br />
Cage è stato compreso, quando era attivo, più dai compositori<br />
che dai critici. Fedele D’Amico parlò di «ebetudine»<br />
(come di «Urpernacchie» a proposito di Boulez).<br />
Ma ciò fa parte di un’aneddotica definitivamente<br />
sommersa. In realtà Cage è stato il pensatore che più<br />
ha determinato la palingenesi di tante avanguardie. ◼<br />
(per gentile concessione di «classic voice» n. 160, settembre 2012) .<br />
le biennali 2012 — musica<br />
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