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Vite contadine - Inea

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220 FRANCESCA GIARÈ<br />

VOGLIO FARE UNA COSA FATTA BENE<br />

221<br />

sociali, una per la formazione e l’altra per la produzione. Per fortuna c’è<br />

Andrea, che oltre ad occuparsi di tutta la parte educativa, insieme a me segue<br />

anche la parte della produzione e della commercializzazione del prodotto<br />

sociale»<br />

Andrea Zampetti è il responsabile dell’attività socio educativa della<br />

Fattoria ed è anche docente di progettazione educativa presso l’Università<br />

Pontificia Salesiana di Roma. L’incontro con Marco è avvenuto per caso, mi<br />

racconta in un’altra occasione. Era in cerca di una realtà agricola in cui iniziare<br />

un’attività di agricoltura sociale e ha incontrato, attraverso amici, Marco,<br />

con cui è nata una profonda amicizia, oltre che una proficua collaborazione<br />

professionale.<br />

Da un po’ quando penso all’esperienza di Marco mi capita di pensare ad<br />

Adriano Olivetti e al suo modo di fare economia in modo diverso rispetto al<br />

panorama imprenditoriale italiano. Lo dico a Marco e lui mi stupisce con la<br />

sua risposta: «Conosco Olivetti, ne ho sentito parlare, ma come esperienza mi<br />

rifaccio un po’, anche se in maniera molto diversa, a quella di Muhammad<br />

Yunus, che con il microcredito e facendo impresa ha cambiato in meglio la<br />

vita di migliaia di persone. Quando ho deciso di aiutare queste persone ho<br />

pensato di farlo facendo quello che so fare meglio, cioè l’impresa. Poi ho<br />

uno staff di educatori, psicologi, ecc. che fanno il loro lavoro. Se uno si vuole<br />

mettere a disposizione, produrrà il massimo facendo quello che sa fare.<br />

L’impresa sociale a un certo punto deve riuscire a produrre anche profitto,<br />

anche per la sicurezza di chi ci lavora, però è un’impresa che incide positivamente<br />

sulla vita delle persone, non solo dal punto di vista economico, ma<br />

anche da quello sociale, psicologico, del rapporto con la società. Porti una<br />

persona all’autonomia. La soddisfazione più grande sarà quando un ragazzo<br />

che lavora da noi andrà a lavorare in una qualsiasi altra azienda perché è<br />

più vicina a casa, o c’è una ragazza che gli piace o per qualche altro motivo.<br />

In questo il sociale è diverso dall’assistenzialismo, perché non dipendi da<br />

qualcuno che ti aiuta e quando non può più aiutarti stai peggio di prima.»<br />

Marco è anche membro della segreteria del Tavolo regionale dell’agricoltura<br />

sociale della Regione Lazio e di questo tema si occupa anche in<br />

Confagricoltura Lazio. Fa inoltre parte del Consiglio Direttivo della Rete<br />

delle Fattorie Sociali, associazione che accoglie diverse esperienze provenienti<br />

da tutto il territorio nazionale. Gli chiedo quali differenze vede con le altre<br />

realtà.<br />

«È una bella esperienza far parte di queste reti, perché incontri tante altre<br />

realtà con le quali condividi la passione per l’agricoltura sociale. Ci sono anche<br />

molte differenze, però, perché molte realtà vengono dalla cooperazione<br />

sociale ed hanno obiettivi diversi. Noi vogliamo lavorare con certi parametri,<br />

certi standard, che non sono comuni a queste esperienze, nate spesso senza<br />

preoccuparsi degli aspetti economici, molto concentrate sugli aspetti sociali.<br />

Io voglio fare una cosa fatta bene, che funzioni e che dia un senso alle decine<br />

di ore che passo a lavorare».

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