Vite contadine - Inea
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184 FRANCESCA GIARÈ<br />
SONO DIVENTATO SOCIO PER CASO<br />
185<br />
bene, ci ha fatto fare tutti i passi. Ha analizzato la catena economica e ha<br />
detto: “Se vogliamo andare bene dobbiamo prenderci tutta la catena, vuol<br />
dire produrre e vendere. Se produci e hai reddito trenta, vendi e hai reddito<br />
mille”. E così abbiamo cominciato a vendere direttamente gli ortaggi, abbiamo<br />
preso il banchetto al mercato di Decima e abbiamo cominciato a vendere<br />
anche qua, in azienda. Ed è lì che è cominciato. C’è il meccanismo delle masse:<br />
“perché non c’è questo, perché non portate anche quest’altro”..., e ogni anno<br />
abbiamo messo altre verdure. Poi la carne, le uova… Abbiamo cominciato<br />
con cento galline. Oggi sono 1.500 e non bastano. Qualche coniglio, abbiamo<br />
provato tutto, i tacchini, i conigli, i polli, ecc. poi abbiamo selezionato quello<br />
che andava bene. A un certo punto abbiamo collaborato con una cooperativa<br />
di Rieti che aveva un eccesso di carne e gli abbiamo detto che potevamo<br />
venderla noi, a pacchetti. Ce la chiedevano. Sei chili di carne per 100.000 lire.<br />
Erano 90.000 per la produzione e 10.000 per noi. Loro ci passavano il pacco<br />
e noi lo vendevamo. Abbiamo venduto tutte le vacche e i maiali e a un certo<br />
punto non bastavano. Abbiamo cominciato a produrre insieme a loro e poi<br />
non bastava lo spazio, così parte li ingrassavamo noi e in parte loro a Rieti.<br />
Così abbiamo cominciato l’allevamento.<br />
Le pecore le avevamo già da prima per non vendere l’erba, che non ci<br />
faceva guadagnare niente, ma vendevamo il latte. Poi abbiamo visto che<br />
anche con il latte non andava bene e abbiamo detto facciamo il formaggio.<br />
Abbiamo chiesto a Roberto di andare in Sardegna a vedere come facevano<br />
il formaggio. È andato una settimana e al ritorno ha provato. All’inizio ha<br />
buttato il latte poi c’è riuscito. Il meccanismo è questo: soddisfazione agli altri<br />
non la diamo, siamo tignosi. Per esempio, non abbiamo debiti né mutui con<br />
le banche, siamo contrari a lavorare per le banche, piuttosto ci abbassiamo<br />
lo stipendio. Cresciamo pian piano, non abbiamo mai diviso gli utili, li<br />
reinvestiamo sempre. Abbiamo un fondo sociale, un po’ di capitale sociale. Il<br />
fondo sociale serve alla pensione. Siamo stati i primi, prima che ne parlasse il<br />
governo, a fare un fondo pensione. Chi era arrivato all’inizio ci aveva rimesso<br />
tanto, mentre chi arrivava adesso aveva subito lo stipendio pieno, allora<br />
abbiamo deciso di versare un fondo più alto per i primi e più basso per gli<br />
ultimi arrivati, in modo che tutti andassero in pensione allo stesso modo. Lo<br />
abbiamo fatto per una decina di anni. Ora invece lo stiamo facendo con una<br />
quota fissa perché abbiamo ammortizzato quella quota di età. Avevamo un<br />
credito con la Banca Nazionale del Lavoro per trenta milioni l’anno. Alla fine<br />
dell’anno dovevamo versarli e all’inizio ce li ridava. Un anno il governo aveva<br />
concordato con le banche i finanziamenti all’agricoltura e ci hanno proposto<br />
di prendere cento milioni e hanno detto: trenta li usate e settanta li tenete<br />
bloccati qui. Ne abbiamo parlato al consiglio di amministrazione e abbiamo<br />
deciso di fare una serra, con materiali che avevamo. Abbiamo fatto la colletta,<br />
siamo andati in banca, abbiamo dato i trenta milioni dell’anno precedente e<br />
abbiamo detto che non li volevamo più. Non capivano perché.<br />
La stessa cosa quando fondammo la cooperativa. C’era la giunta di centrodestra<br />
con i socialisti dentro. Avemmo dei crucci con i socialisti, volevamo<br />
una componente dentro la cooperativa. Secondo loro noi eravamo quelli del<br />
PCI, ma non è vero perché non siamo mai stati iscritti al partito, e poi c’erano<br />
anche i radicali. Quando avevamo difficoltà con il Comune però ci serviva il<br />
loro aiuto. Ma loro non entravano. A un certo punto gli abbiamo detto: avete<br />
braccianti e contadini? Mandateceli. E invece loro ci hanno proposto direttori<br />
di banca e controllori per verificare i conti. No – abbiamo detto – le poltrone<br />
non le abbiamo date ai nostri e non le diamo neanche ai vostri. E questo ha<br />
salvaguardato la cooperativa dalla politica.<br />
Abbiamo sempre camminato spinti dalla clientela e dal momento politico.<br />
Tanti prodotti li abbiamo scelti perché la gente ce li chiedeva, abbiamo una<br />
gamma larghissima. Ogni massaia supera 100-150 euro a settimana, ma vuole<br />
tutto, non prende due piante di insalata qua e poi magari va in un altro negozio<br />
per il resto. Ora è quasi un supermercato, ha un po’ snaturato per certi<br />
aspetti l’idea, che era quello di vendere solo il nostro prodotto. Comunque<br />
il 90% del prodotto è interno, pane, pasta, dolci fatti con il materiale nostro;<br />
abbiamo anche il mulino all’interno. Facciamo noi il grano, il mangime delle<br />
pecore e dei maiali (quello delle galline no perché è particolare), facciamo il<br />
formaggio, il miele. Tutto è fatto per vendere il nostro prodotto al miglior<br />
prezzo possibile, questa è stata la costante della seconda fase. Attaccavi il<br />
prodotto e attaccavi il mercato e cambiavi anche la conformazione, come<br />
dire, del cliente. Dalla massa popolana che veniva qui per cinque quintali<br />
di pomodoro per fare la conserva per casa a oggi, che c’è la media borghesia,<br />
medio reddito, con una mentalità da cose sane. Perché ci siamo trasformati in<br />
bio? Perché il tempo era maturo, le pubblicazioni c’erano, il controllo della<br />
produzione ce l’avevamo… il cambiamento è stato quasi automatico. Come<br />
forse in futuro faremo il cambiamento da biologico a biodinamico. Oggi c’è<br />
un progetto regionale che finanzia parte del segmento della trasformazione.<br />
Questo è il processo.<br />
Non ci ha aiutato nessuno, abbiamo imparato tutto sul campo e poi parli<br />
con questo, con quell’altro, perché non fate così… normalmente il contadino<br />
coscienziosamente prima acquisisce le basi per lavorare e quando le ha acquisite<br />
può cambiare tranquillamente al biologico. Ci sono delle tecnologie.<br />
Non è più il tempo del brutto ma sano. Oggi è bello e sano, oggi si ha un<br />
prodotto buono di prima qualità. Deve rimanere la vendita il più possibile<br />
diretta perché all’ingrosso c’è una saturazione. Il biologico ha costi più alti<br />
e se si va all’ingrosso ci vuole più abilità, perché ci vuole la calibratura, la<br />
seconda scelta non la vendi, il prezzo è basso. Però la vendita diretta o più