01.06.2013 Views

Vite contadine - Inea

Vite contadine - Inea

Vite contadine - Inea

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

166 MONICA CAGGIANO<br />

STRANI QUESTI GIOVANI D’OGGI!<br />

167<br />

e in autunno. Noi ne raccogliamo parecchie, nel Parco c’è una grandissima<br />

varietà di erbe. Prima in Italia era una pratica molto diffusa e ogni regione<br />

ha le sue varietà. È un argomento che ci interessa, proprio di recente abbiamo<br />

organizzato un convegno sul tema con ricercatori, cuochi, signore locali e<br />

le ultime raccoglitrici. Questa pratica si tramanda attraverso una tradizione<br />

orale, bisogna affiancare persone di una certa età che ti portano sul posto e ti<br />

insegnano a raccogliere. È una tradizione che si sta perdendo, siamo rimasti in<br />

pochi a praticarla, anche se rispetto ad altre aree qui, nella zona del Levante, è<br />

ancora abbastanza diffusa. Al mercato si trovano le raccoglitrici che vendono<br />

delle miscele di erbe spontanee, in particolare il prebuggion, composto da circa<br />

32 erbe che variano a seconda delle stagioni.<br />

Come nutrizionista sostengo molto la dieta mediterranea e lavoro tanto<br />

anche sulle ricette tradizionali, ma i piatti tipici bisogna imparare a farseli<br />

da soli, anche se richiedono tempo e lavoro. Invece di andare in palestra si<br />

dovrebbe andare nell’orto a fare un po’ di esercizio all’aria aperta, ritornare ai<br />

ritmi naturali, riappropriarsi di certe tradizioni. Il problema più grosso è far sì<br />

che la donna ritorni in cucina senza sentire di fare dei passi indietro e perdere<br />

qualcosa della sua emancipazione. Il cibo è simbolo di tante cose, entrare nella<br />

cucina della gente è un lavoro stimolante ma va fatto con delicatezza, perché<br />

a volte nel rapporto con il cibo ci sono delle implicazioni psicologiche, talvolta<br />

dei blocchi che si portano dietro dall’infanzia. Quando noi siamo partiti, dieci<br />

anni fa, con l’idea della cooperativa, qui non c’era niente, solo una macchia di<br />

rovi che copriva tutto. Non è un’agricoltura facile, anche logisticamente, non<br />

si può meccanizzare nulla, pure la raccolta è complicata, così come portar via<br />

la spazzatura. All’inizio abbiamo provato anche con i muli, ma quando piove<br />

questi ciottolati che abbiamo diventano molto scivolosi e poi non c’è tanto da<br />

mangiare, quindi abbiamo desistito. Quando lavori per un progetto non ti<br />

risparmi, è chiaro che il nostro non è il lavoro di un dipendente qualsiasi, che<br />

da qui scapperebbe dopo tre secondi. Il fatto di avere un obiettivo comune<br />

cambia tutto, ti dà la spinta necessaria per procedere. Poco alla volta stiamo<br />

provando anche a remunerare il nostro lavoro, cosa che fino a ora non sempre<br />

è stata possibile. Il progetto si è basato molto sul volontariato, ma bisogna<br />

rendere sostenibile anche da un punto di vista economico queste attività,<br />

altrimenti non hanno lunga vita.<br />

È faticoso, ma quando abbiamo fatto il primo olio ci sembrava di toccare<br />

il cielo con un dito. Tra l’altro la prima volta abbiamo usato il frantoio di<br />

un amico e non era neanche speciale, ma quando l’abbiamo assaggiato ci<br />

sembrava buonissimo. Anche quando facciamo il nostro miele è una bella<br />

soddisfazione. Ci vuole molta passione, la prima volta che siamo scesi dal<br />

battello con vanga, rastrello e altri arnesi per lavorare, tutti gli abitanti di<br />

San Fruttuoso ci ridevano dietro, ricordo che una giornalista fece uscire un<br />

articolo con una vignetta intitolata: “Strani questi giovani d’oggi!”. Penso che<br />

almeno fino a quattro, cinque anni fa, quando qui non c’era ancora nulla di<br />

visibile, nessuno credeva che saremmo arrivati fino a questo punto. Anche<br />

per noi molte cose si sono rivelate una sorpresa, ad esempio pensavamo che<br />

questo progetto non fosse adatto ai bambini, invece da quando siamo qui<br />

sono arrivati un sacco di bambini, italiani e stranieri. Questo è veramente uno<br />

degli aspetti più belli, prima possibile vogliamo attrezzare una terrazza solo<br />

per loro.<br />

Quando portiamo in giro la nostra esperienza incontriamo tante persone,<br />

soprattutto ragazzi, che hanno voglia di fare i contadini, ma è chiaro che i<br />

desideri, le passioni e la voglia di lavorare devono essere sperimentate e, in<br />

situazioni come la nostra, subentra anche la capacità di operare assieme agli<br />

altri. L’esperienza della cooperativa è molto forte e coinvolge tutti gli aspetti<br />

di vita dei soci. Quando siamo qui viviamo assieme e anche questa convivenza<br />

ci mette in gioco continuamente».<br />

In effetti è sufficiente anche una breve sosta presso l’agririfugio per assaporare<br />

quell’atmosfera comunitaria e conviviale che sembra riproporre, in<br />

chiave attuale, il tessuto relazionale proprio del luogo ai tempi di Antonio e<br />

Angelina. Un ingrediente, questo, che oltre ad avere un alto valore simbolico,<br />

risulta essenziale per la cooperativa e per la rivitalizzazione del territorio,<br />

come ribadisce Emanuela: «Riusciamo a vivere per lunghi periodi nell’agririfugio<br />

perché siamo una cooperativa, c’è sempre qualcuno che ti porta<br />

qualcosa. È un po’ come la famiglia di una volta, dove si lavorava assieme e<br />

anche crescere i bambini era più semplice. Questa è una bella dimensione che<br />

fa apprezzare lo sforzo e la fatica. È importante riuscire a creare delle reti di<br />

relazioni anche nelle campagne. Questa non è casa nostra e non lo sarà mai,<br />

l’idea è che questo posto appartiene a tutti e sarebbe bello che chi si ferma si<br />

senta un po’ in famiglia. Per la gente del luogo il monte di Portofino è semplicemente<br />

il “Monte”. Un po’ tutti lo sentono come una proprietà comune<br />

da tutelare e, infatti, la comunità locale apprezza che ci siano dei giovani che<br />

l’hanno rivitalizzato. Sono contenti che qualcuno si prenda cura del luogo e<br />

faccia rivivere San Fruttuoso, anche durante l’inverno».<br />

1 La Regione Liguria, con la legge N. 26 del 11/9/92, disciplinava le modalità di vincolo di<br />

San Fruttuoso mediante la realizzazione di un progetto di recupero paesistico ambientale con<br />

finalità prioritaria il contenimento del degrado del borgo e del suo territorio

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!