Vite contadine - Inea
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178 FRANCESCA GIARÈ<br />
SONO DIVENTATO SOCIO PER CASO<br />
179<br />
per il primo incontro. In realtà conosco la cooperativa da molti anni. È un<br />
luogo dove comprare cibi biologici, mangiare piatti semplici e trovare qualche<br />
amico. Anche se negli anni, come mi spiegherà anche Mario, le persone che<br />
frequentano il posto sono cambiate. «Sono socio fondatore della cooperativa<br />
dal primo giorno, ma lo sono diventato per caso – dice Mario –. Ho accompagnato<br />
un’amica a una riunione; lavoravamo insieme nella zona, eravamo<br />
delle persone impegnate, poi lei non è entrata in cooperativa. La cooperativa<br />
è nata da tre realtà diverse che in quel periodo erano attive a Roma su diverse<br />
questioni: la “Comunità di Capodarco” e due sezioni dell’allora PCI, che<br />
erano Porta Medaglia e Tor Carbone. Nella sezione di Porta Medaglia c’era<br />
anche un altro amico, più grande. Ero quasi un ragazzino, avevo vent’anni.<br />
Mi avevano quasi adottato. Mi hanno detto “ci accompagni stasera… stanno<br />
organizzando qualcosa”. Era marzo del ’77. Quando siamo andati là mi<br />
hanno chiesto cosa facevo e io ho risposto che lavoravo in un’azienda, facevo<br />
il trattorista. “Allora fai le orticole! Vuoi unirti a questo progetto?” E così ho<br />
cominciato».<br />
Negli anni ’70 c’erano molte terre incolte nell’agro romano e gli attivisti,<br />
soprattutto della sinistra, organizzavano occupazioni che spesso terminavano<br />
dopo qualche giorno, soprattutto per fare “movimento politico”, per fare<br />
notizia, per attirare l’attenzione sul problema delle terre incolte. «Noi spiazzammo<br />
tutti – continua Mario – perché facemmo la cooperativa per andare<br />
a prendere veramente le terre, per lavorare. Tutti nella prima settimana pensavano<br />
“ora se ne vanno e poi ci ritorniamo noi”. Mi hanno detto “dobbiamo<br />
fare ortaggi perché gli ortaggi sono i primi che si producono, in due mesi<br />
vanno in produzione”».<br />
La storia del movimento di quegli anni si intreccia ovviamente con la storia<br />
personale di chi ha scelto di intraprendere questo percorso e anche per Mario<br />
le vicende personali hanno giocato un ruolo importante nella scelta: «Era<br />
la fase in cui il lavoro di bracciante mi stava un po’ stretto; stavo cercando<br />
tra le altre cose anche una mia direzione personale. Ho pensato che insieme<br />
ad altri potevo farmi un po’ di esperienza e così creammo la cooperativa. Il<br />
posto era già stato individuato, ma facemmo sopralluoghi prima di occupare.<br />
Individuammo questo terreno che era proprietà pubblica ed era occupato<br />
abusivamente da un agrario, che lo usava solo come pascolo, ed era in attesa<br />
di speculazione edilizia. Potrei dire che mi hanno portato a fare una scampagnata<br />
e ancora non mi hanno riportato a casa», aggiunge con un sorriso<br />
ironico.<br />
«Siccome il movimento politico a quell’epoca tendeva a bloccare Roma<br />
all’EUR, questa zona sembrava proprio ideale per il nostro progetto. Venivamo<br />
principalmente dalle borgate e quindi volevamo dare lavoro ai ragazzi,<br />
volevamo fare agricoltura in qualche maniera diversa dalle altre. Devo dire<br />
che ci siamo riusciti: dopo trent’anni – al di là di quello che siamo diventati<br />
– abbiamo creato un parco di ottomila ettari, il parco di Decima Malafede,<br />
e abbiamo fatto il cambiamento di destinazione d’uso di queste terre da uso<br />
edilizio ad agricolo. I ragazzi che sono entrati allora, poi sono andati via. In<br />
trent’anni ho potuto vedere tre giri di soci: si viene, si gira, si prova, si fa qualche<br />
anno, poi magari si va via. Tutti i ragazzi che sono venuti qui dentro a un<br />
certo punto sono diventati in gran parte imprenditori. Insomma, in qualche<br />
maniera abbiamo fermato la speculazione edilizia nella zona, abbiamo realizzato<br />
il parco, abbiamo creato manodopera, tutto con impegno politico e personale.<br />
Ora le cose sono cambiate: siamo nati come azienda agricola normale<br />
che tendeva alle masse popolari, avevamo un movimento politico alle spalle.<br />
Qui facevamo le feste il 25 aprile e il 1º maggio per pareggiare il bilancio,<br />
venivano 3/4000 persone dalle borgate, si mangiava, si stava insieme… e facevamo<br />
incasso. Ora quella massa si è persa e in qualche maniera la situazione<br />
è diventata ingestibile. Ora vedi che l’attività commerciale si è saturata per<br />
cui un eccesso di presenza dà quasi fastidio. Se Pasquetta, il 25 aprile, il 1º<br />
maggio potessimo cancellarli oggi sarebbe meglio, mentre prima era vitale.<br />
Se pioveva era una iattura. Ora la clientela di prima non viene, mentre c’è<br />
tutta una marea di gente… quelli che vanno in montagna e lasciano le lattine<br />
di coca-cola. Oggi qui in quei giorni viene il borgataro, il viandante della<br />
domenica, quello che si porta anche l’acqua da bere. Tra l’altro ora con il<br />
parco non si può più andare liberamente in tutti i terreni, e allora abbiamo<br />
fatto l’area picnic, che va prenotata ed è regolamentata. Questo ha selezionato<br />
moltissimo la clientela. Poi il ristorante si riempie, il punto vendita funziona<br />
bene».<br />
La cooperativa negli anni è cresciuta ed è anche cambiata nella composizione<br />
sociale. Ora sono circa trenta persone e hanno organizzato il lavoro<br />
in maniera più efficiente; hanno acquisito professionalità. «Mentre prima si<br />
faceva tutto a mano, ora c’è la ruspa. C’è stato un cambiamento grande. Non<br />
potremmo nemmeno reggere oggi un’azienda con lo spirito del ’77».<br />
Il rapporto con la politica è stato ovviamente importante, soprattutto nei<br />
primi anni, ma non tutti i soci avevano un forte legame con i partiti. Per alcuni,<br />
come ad esempio Mario, la spinta è stata forse più personale e l’incontro con<br />
la politica funzionale alla realizzazione di un’idea che andava facendosi: «Io<br />
non sono politicizzato, sono uno che vede la politica dall’esterno, non ho mai<br />
fatto battaglie, tranne la cooperativa. Non partecipo alle manifestazioni, non<br />
riesco ad andarci, preferisco vederle in televisione. Ero bracciante agricolo,<br />
ho lavorato dall’età di otto anni, tutta la famiglia bene o male ha lavorato in<br />
quell’azienda in cui lavoravo io. Una volta le manifestazioni si facevano per<br />
acquisire in qualche maniera diritti, ma andare a Roma a prendere le botte<br />
mi dava terrore. Quando c’erano le manifestazioni presidiavo l’azienda. Mi