Ring 013 - Parliamo di Videogiochi
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:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#13<br />
fine stancanti e deludenti. Morbosità<br />
pretestuose per costringere il giocatore<br />
a ingoiare la pillola. Forza <strong>di</strong> SH era<br />
che il mistero si alimentava ad ogni<br />
risposta fornita; in mancanza <strong>di</strong> eventi<br />
e sequenze, i punti interrogativi <strong>di</strong><br />
SH4 si riducono a pagine <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario pigre<br />
a sfogliarsi tra una stanza <strong>di</strong> mostri<br />
e l’altra, delle quali non sveliamo<br />
nulla se <strong>di</strong>ciamo che alla fine non resterà<br />
nulla <strong>di</strong> velato.<br />
Sulla magra ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> SH3 si continua<br />
a ravanare nel torbido del culto<br />
demoniaco, ponendo più attenzione<br />
alle vicende interiori del singolo, come<br />
in SH2. Con la <strong>di</strong>fferenza che, rispetto<br />
a quest'ultimo, il protagonista non è il<br />
nostro personaggio, ma la nemesi. Un<br />
cattivone dal passato strappalacrime,<br />
<strong>di</strong> quelli che piacciono tanto alla<br />
mamma. Gli altri personaggi restano in<br />
mucchio sullo sfondo, sono informi<br />
pretesti per ammiccare all’omici<strong>di</strong>o,<br />
allo stupro e alla necrofilia in un’ overdose<br />
<strong>di</strong> folklore. L’eroe stesso è uno<br />
stocafisso immotivato che, certo, potrebbe<br />
rappresentare un’ottima immagine<br />
del giocatore, se la storia motivasse<br />
questa demotivazione con qualcosa<br />
<strong>di</strong> meglio che la noia per una<br />
storia immotivata. Persino le esclamazioni,<br />
che almeno in SH3 si <strong>di</strong>fferenziavano,<br />
sono ridotte a un continuo<br />
"What the Hell?". Ditemelo voi, what<br />
the Hell…<br />
Si notano anche ingannevoli spunti<br />
del primo capitolo, in un affresco generale<br />
insolitamente iniettato <strong>di</strong> risvolti<br />
"polizieschi", in parte whodunit, in parte<br />
slasher movie, in parte mystery/<br />
thriller (chi ha visto Seven o i suoi vari<br />
cloni sentirà una campanella, e al solito<br />
si <strong>di</strong>vertirà il patito <strong>di</strong> serial killers<br />
nel riconoscerne qualche nome). Piovono<br />
gli omaggi per i feticisti <strong>di</strong> gabinetti<br />
e coniglietti rosa, o appassionati<br />
<strong>di</strong> genealogie da serial televisivo, mai<br />
a supporto sostanziale <strong>di</strong> una trama<br />
viva, né alla presunta gravità dell'atmosfera.<br />
Se il primo SH era postmoderno<br />
e citazionista, SH4 sa solo citare<br />
se stesso già nell'atto <strong>di</strong> citare.<br />
Da un lato sembra che il KCET<br />
abbia voluto rinunciare alle sorprese<br />
Come non essere d'accordo, un vero incubo che<br />
non avrebbe dovuto accadere.<br />
Silent Hill, noto riformatorio infernale, per questa volta ci costringe a scontare colpe<br />
<strong>di</strong> altri. Che ci sia sotto lo zampino impu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> costui?<br />
facili, agli spauracchi improvvisi, dall'altro<br />
paiono aver rinunciato anche<br />
alle atmosfere troppo opprimenti. Infine,<br />
dato che SH vantava una splen<strong>di</strong>da<br />
colonna sonora, hanno colto la palla<br />
al balzo e hanno rinunciato anche a<br />
quella: due canzonette abusate, interi<br />
stage senza musica né sferragliare industrial;<br />
solo alcuni effetti sonori,<br />
spesso grotteschi. Spero <strong>di</strong> non rendermi<br />
colpevole <strong>di</strong> spoiler insopportabili<br />
se rivelo che le "nuove" infermiere,<br />
ribattezzate "pazienti", ruttano.<br />
Silent Hill, I can’t see that<br />
town.<br />
Le premesse erano ricche: le strade <strong>di</strong><br />
SH sostituite da un piccolo spazio<br />
chiuso, un rifugio che minaccia <strong>di</strong> trasformarsi<br />
in tomba sotto l’incantesimo<br />
della solitu<strong>di</strong>ne; prigionieri auto-segregati<br />
in un’ipnotica arca privata, destino<br />
sempre più angosciosamente con<strong>di</strong>viso<br />
da legioni <strong>di</strong> teenagers e non solo; le<br />
fughe psichiche, l'occhio - strumento<br />
privilegiato nella patologia - che si intrufola<br />
in forellini Psycho-logici o scruta<br />
nel cortile come un debilitato Stewart<br />
alla sua Window; un portale “interconnesso”<br />
attraverso un muro, per<br />
viaggiare verso mon<strong>di</strong> onirici. Pareva<br />
proprio una bella metafora,<br />
severa nei confronti del videogioco<br />
stesso come me<strong>di</strong>um,<br />
e al contempo entusiasmante<br />
per come giocava<br />
con i principi della<br />
percezione.<br />
Furbi, alla Konami hanno<br />
servito il piatto migliore<br />
come antipasto, e consumatolo<br />
nelle prime battute <strong>di</strong><br />
gioco non resta più nulla<br />
con cui saziarsi. Già avevano<br />
tentato il colpaccio saturando<br />
i vari trailers con tutto<br />
e <strong>di</strong> più <strong>di</strong> ciò che vedremo<br />
nel gioco, scena<br />
finale inclusa. Chiaro che in<br />
questi casi mostrare tutto è<br />
28<br />
la prova decisiva che si ha qualcosa da<br />
nascondere.<br />
Un nuovo (?) sistema <strong>di</strong> gioco ha<br />
comportato dei cambiamenti. Difficile<br />
<strong>di</strong>re se il baule sia stato inserito per<br />
sopperire alla capienza limitata dell’inventario<br />
trasportabile o viceversa. Non<br />
facile capire se gli avvenimenti che<br />
hanno luogo nella stanza siano un pretesto<br />
per rendere meno noiosi gli an<strong>di</strong>rivieni<br />
o se gli an<strong>di</strong>rivieni sono stati<br />
congegnati per condurre a tali avvenimenti,<br />
che però sono noiosi. Non si sa<br />
se la pausa sia stata eliminata per visualizzare<br />
il menu su schermo o viceversa.<br />
Comunque sia, è un voler rimpiazzare<br />
vecchie idee geniali con nuove<br />
idee che si compongono <strong>di</strong> vecchie<br />
stupidate. A conti fatti, si ha il sospetto<br />
<strong>di</strong> massima che KCET abbia voluto<br />
tenere <strong>di</strong>etro le quinte la faccia <strong>di</strong> SH,<br />
forse per non inflazionarla, e rivendercela<br />
ancora una volta con il già annunciato<br />
SH5.<br />
La terribile verità è che anche questa<br />
recensione ha qualcosa da nascondere:<br />
avrebbe potuto ugualmente concludersi<br />
in poche righe, quelle che seguono.<br />
Se non avete particolari esigenze <strong>di</strong><br />
forti emozioni e gran<strong>di</strong> idee, o al contrario<br />
siete sedotti dal marchio SH<br />
tanto da accettare nel suo nome un<br />
fiacco reimpasto <strong>di</strong> precedenti survival<br />
horror o poco più, eccovelo. Al minimo<br />
sindacale <strong>di</strong> sorprese e <strong>di</strong> spaventi, in<br />
bilico tra il ri<strong>di</strong>colo e lo stressante,<br />
SH4 può ricavarsi una nicchia tra SH2<br />
e SH3, ma vi farà rimpiangere sia la<br />
malinconia del secondo, sia la violenza<br />
del terzo, sia ogni cosa del primo. Tra<br />
molte cadute <strong>di</strong> tono, potrà piacere a<br />
chi ha sete <strong>di</strong> un giallo svelto da risolvere.<br />
A con<strong>di</strong>zione che non si ricor<strong>di</strong><br />
bene <strong>di</strong> quali terrori fosse davvero capace<br />
SH. Per quel che ci riguarda,<br />
l’unico silenzio rimasto sulla collina è<br />
quello <strong>di</strong> un velo assai pietoso.