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Ring 013 - Parliamo di Videogiochi

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:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#13<br />

[The Ivory Tower]<br />

Selezione articoli e traduzioni a cura<br />

<strong>di</strong> Paolo Jumpman Ruffino<br />

Ogni mese un membro della DiGRA (Digital Games Research<br />

Association), una associazione che riunisce stu<strong>di</strong>osi e critici<br />

del videogioco, esprimerà in questo spazio i suoi pensieri, le<br />

sue riflessioni, le sue scoperte. Gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> queste persone,<br />

coinvolte in modo <strong>di</strong>verso nel mondo dei game stu<strong>di</strong>es o<br />

nell’industria del videogioco propriamente detta, saranno<br />

uno spunto per arricchire i nostri <strong>di</strong>battiti e per crearne <strong>di</strong><br />

nuovi.<br />

La IGDA (www.igda.org) (International Game Developers<br />

Association), da sempre impegnata nello stu<strong>di</strong>o del videogame<br />

e proprietaria degli scritti degli uomini della DiGRA, ha<br />

acconsentito alla pubblicazione in lingua italiana su <strong>Ring</strong> <strong>di</strong><br />

questi articoli. <strong>Ring</strong>raziandoli ancora una volta, ci auguriamo<br />

50<br />

che le nostre pagine siano degne della passione che la IGDA<br />

nutre per il proprio lavoro.<br />

Al fine <strong>di</strong> stimolare la curiosità <strong>di</strong> chi volesse approfon<strong>di</strong>re<br />

l’argomento, abbiamo deciso <strong>di</strong> conservare i riferimenti e i<br />

link presenti nei testi originali<br />

Matteo Bittanti, l’autore dell’articolo <strong>di</strong> questa nuova puntata,<br />

non ha bisogno <strong>di</strong> presentazioni per i lettori <strong>di</strong> <strong>Ring</strong>. Stu<strong>di</strong>oso<br />

<strong>di</strong> videogiochi e <strong>di</strong> tutto ciò che gli sta attorno, Bittanti<br />

<strong>di</strong>vide il suo tempo in un’infinità <strong>di</strong> progetti: dalla cattedra <strong>di</strong><br />

Videogame Design allo IED <strong>di</strong> Milano, alla <strong>di</strong>rezione della serie<br />

Ludologica (www.ludologica.com), una collana che si<br />

prefigge come obiettivo quello <strong>di</strong> indagare in modo critico le<br />

serie videolu<strong>di</strong>che più famose. Dovunque si parli <strong>di</strong> game<br />

stu<strong>di</strong>es, Matteo Bittanti c’è. Ed è per questo che senza troppi<br />

indugi lasciamo a lui la parola. Prendendo spunto dal 25esimo<br />

anniversario <strong>di</strong> Space Invaders il nostro si interroga sul<br />

rapporto che intercorre tra stu<strong>di</strong>osi e game designer. Collaborazione<br />

o conflitto? Parlare <strong>di</strong> videogiochi fa perdere <strong>di</strong> vista<br />

i lati pratici della produzione? È una <strong>di</strong>strazione? O una<br />

necessità?<br />

Inva<strong>di</strong>ng Spaces, Defen<strong>di</strong>ng Territories<br />

<strong>di</strong> Matteo Bittanti<br />

«Non siamo forse come quei giocattoli meccanici che continuano a fare gli<br />

stessi movimenti all’infinito anche quando tutto intorno a loro è cambiato?»<br />

Bruno Latour<br />

…Tump Tump Tump<br />

Che ci cre<strong>di</strong>ate o no, Space Invaders<br />

ha più <strong>di</strong> 25 anni, il che lo rende più<br />

vecchio <strong>di</strong> molti lettori (e scrittori) <strong>di</strong><br />

questa rubrica. Creato da Toshihiro<br />

Nishikado, è ancora oggi uno dei più<br />

popolari arcade <strong>di</strong> tutti i tempi. Com’è<br />

risaputo, Space Invaders è la quintessenza<br />

degli sparatutto verticali con<br />

alieni spaziali. Tanto essenziale quanto<br />

coinvolgente, il gioco consiste<br />

nel <strong>di</strong>struggere interminabili<br />

ondate <strong>di</strong> alieni<br />

prima che scendano<br />

dalla parte alta dello<br />

schermo, mentre il giocatore,<br />

confinato nella parte<br />

bassa, si muove a destra<br />

e a sinistra sparando verso<br />

l’al-to e cercando <strong>di</strong><br />

tenerli a <strong>di</strong>stanza, magari<br />

colpendo il <strong>di</strong>schetto volante<br />

per qualche punto<br />

extra. Il titolo originale<br />

poteva essere giocato in<br />

singolo o in doppio, pur<br />

non offrendo la possibilità<br />

<strong>di</strong> cooperare.<br />

Space Invaders è un titolo seminale<br />

e para<strong>di</strong>gmatico per tutta una serie <strong>di</strong><br />

ragioni. È stato il primo arcade adattato<br />

per la console casalinga Atari2600.<br />

È stato il “primo gioco a bersaglio con<br />

dei personaggi in movimento” (Herman<br />

1997: 34-35). Ha fatto nascere il<br />

concetto <strong>di</strong> high score (anche se non si<br />

poteva salvare le proprie iniziali). È<br />

stato il primo coin-op ad “infestare rapidamente<br />

ambienti non usuali come<br />

ristoranti, supermercati e cinema”<br />

(Sellers, 2001:36). Quasi tutti gli storici<br />

del videogioco riportano che in<br />

quel periodo, in Giappone, si verificò<br />

una penuria <strong>di</strong> monetine da 100 Yen.<br />

Provocò inoltre la prima crociata contro<br />

i videogiochi a Mesquite, Texas<br />

(come raccontato da DeMaria e Wilson,<br />

2002:46). È stato<br />

inoltre associato ad uno<br />

dei tanti <strong>di</strong>sagi dell’era<br />

tecnologica, il “polso da<br />

Space Invaders” (Herz<br />

1997:17). Inoltre, Chris<br />

Crawford l’ha definito<br />

“un’eccellente metafora<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo nella nostra<br />

società. Tutte le regole<br />

sociali e le istituzioni sono<br />

organizzate contro <strong>di</strong> noi,<br />

marciano in fila mentre<br />

minacciano <strong>di</strong> soffocarci”<br />

(2003:20).<br />

Tump Tump Tump Tump<br />

Da un certo momento in poi, Space<br />

Invaders cessò <strong>di</strong> essere solo un gioco<br />

per trasformarsi in un’icona della<br />

cultura popolare. È <strong>di</strong>ventata una forma<br />

<strong>di</strong> street art (penso all’artista parigino<br />

Space Invader, i cui graffiti <strong>di</strong><br />

pixel riprendono l’estetica del gioco<br />

originale). Si è anche guadagnato l’accesso<br />

agli spazi sacri dell’Arte (nell’American<br />

Museum of the Moving Image).<br />

Ha fatto la sua comparsa in copertine<br />

<strong>di</strong> CD come “Rid<strong>di</strong>m Werfare”<br />

<strong>di</strong> Dj Spooky. Ha ispirato una linea <strong>di</strong><br />

abbigliamento, grazie a Joystick Junkies.<br />

Recentemente il Republican Party<br />

l’ha mo<strong>di</strong>ficato per riadattarlo a strumento<br />

<strong>di</strong> propaganda politica (John<br />

Kerry Tax Invaders www.gop.com/ta<br />

xinvaders).<br />

In altre parole Space Invaders era<br />

– ed è - una ricerca <strong>di</strong> “spazi” da conquistare.<br />

Dopo Pong, è stato il primo<br />

a “invadere” con successo non solo gli<br />

spazi pubblici e privati, ma anche la<br />

politica, la moda, la musica, e l’arte.<br />

Tutti spazi culturali.<br />

In un certo senso i game stu<strong>di</strong>es sono<br />

i nuovi space invaders. Proprio come<br />

gli alieni minacciosi, la loro apparizione<br />

ha provocato stupore e <strong>di</strong>ffidenza. I<br />

game stu<strong>di</strong>es sono stati spesso percepiti<br />

come una minaccia, qualcosa a cui<br />

sparare a vista. Per molto tempo, gli<br />

accademici sono stati considerati “alieni”,<br />

intrusi e trasgressori dai designer,<br />

dai giornalisti, dai giocatori e persino<br />

dagli altri accademici, che sentivano<br />

l’urgenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi dall’evidente<br />

invasione. L’atteggiamento da “prima<br />

spara, poi domanda” spiega come, per<br />

esempio, il <strong>di</strong>battito tra designer e ricercatori<br />

è stato semplicisticamente<br />

incorniciato in termini <strong>di</strong> grossolana

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