Ring 013 - Parliamo di Videogiochi
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:STORY-TELLING: <strong>Ring</strong>#13<br />
«Bah, me l’aveva commissionato quel tale <strong>di</strong> Berlino, il post_Gothik, sai come<br />
la pensa, no? Razza Suprema e le altre stronzate. Però quando ho scoperto che<br />
era un RAM ho pensato <strong>di</strong> tenermelo. Di RAM ce n’è pochissimi <strong>di</strong> questi tempi.»<br />
«Quel cannibale nazi <strong>di</strong> Fabian Himmler? Lo avrai alle costole, se lo hai fregato.<br />
Ragione in più che mi lasci perdere.»<br />
«Sogna pupa. Non può trovarmi nessuno, dove sono adesso.»<br />
Rasta rimase zitta.<br />
Sì, Shin Hua conosceva tanti posti dove connettersi in santa pace. E quasi<br />
certamente aveva qualche sarcofago dove uploadarsi, nel caso facessero a pezzi<br />
il suo giallo culo coreano. Ancora zitta, Rasta fissò l’ariano. Sempre frutto<br />
dell’Esercito, come i nuovi hacker d'altronde, ma stavolta con il benestare della<br />
commissione nazionale per il perfezionamento.<br />
Era minuto, con la pelle liscia e pallida. Gran<strong>di</strong> occhi grigi e capelli <strong>di</strong> un biondo<br />
carico, portati in una vistosa e alta spazzola spettinata. Aveva il sottile torso<br />
snudato, mentre una larga gonna scura gli nascondeva le gambe, lasciando però<br />
fuori i pie<strong>di</strong> protetti da grossi anfibi. In termini umani, <strong>di</strong>mostrava non più <strong>di</strong><br />
do<strong>di</strong>ci anni.<br />
Dicevano che gli ariani erano tutti uguali, cloni, che erano do<strong>di</strong>ci, che erano<br />
gli apostoli dell’apocalisse così come della nuova genesi. Dicevano che Fabian<br />
Himmler fosse un ariano venuto male, l’unico aborto ad essere uscito vivo dai<br />
laboratori <strong>di</strong> geningegneria. Dicevano che gli ariani erano un passo avanti per<br />
l’uomo, così come dovevano esserlo i Neo Hacker prima che si decidesse <strong>di</strong> farli<br />
fuori con il NeoNemesis. Dicevano che gli ariani avevano un potenziale infinito,<br />
ma che larga parte delle loro funzioni cerebrali processavano incessantemente<br />
chissà quali funzioni e che, <strong>di</strong> fatto, erano praticamente autistici, e non bastarono<br />
anni <strong>di</strong> ricerche per capire cosa frullasse nella loro testa mentre mangiavano,<br />
mentre dormivano, mentre facevano analisi, test o quando li vivisezionavano.<br />
Poi qualcuno glielo chiese, cosa stavano pensando, e uno <strong>di</strong> loro rispose.<br />
Così, semplice, domanda e risposta. Cerco <strong>di</strong> capire il mondo, <strong>di</strong>sse, e poco dopo<br />
gli ariani cominciarono a sparire, uno dopo l’altro. Dicevano che in fondo non<br />
si era perso granché e che forse la razza umana andava bene così com’era.<br />
Tutto questo chiacchierio arrivava da documenti classificati top secret. Ufficialmente<br />
gli ariani non esistevano e, <strong>di</strong> fatto, pochi del mondo <strong>di</strong> carne ne conoscevano<br />
l’esistenza.<br />
«Davvero, Shin, non ce la faccio. Sto morendo…»<br />
«Avrai la cura. Potresti liberarti <strong>di</strong> quel Pronto Soccorso <strong>di</strong> tuo figlio. Una sola<br />
bocca da sfamare… e una vita normale da vivere.»<br />
«Una cura per il NeoN? Raccontane un’altra.»<br />
«Loro l’hanno sintetizzato, loro hanno la cura. E ‘loro’ ci hanno assunto.»<br />
«Frena, vaffanculo! C’è l’Esercito <strong>di</strong> mezzo?! Fottiti, scollegami, fammi uscire<br />
<strong>di</strong> qui» la struttura cominciò a scomporsi «Se c’è l’Esercito <strong>di</strong>etro, cazzo, siamo<br />
già morti. Cos’hai nella testa? Io non ho nessun cazzo <strong>di</strong> sarcofago ad aspettarmi.<br />
Se mi fan fuori muoio, lo capisci?»<br />
«Tu muori lo stesso.»<br />
Era vero. L’avatar si ricompose e stette in pie<strong>di</strong> in silenzio.<br />
«Ora puoi andare. Tieniti pronta, fra due giorni si parte. È una cosa da fare<br />
rapi<strong>di</strong> e silenziosi, se ci beccano siamo fatti e hai ragione, tu non hai sarcofagi e<br />
sei ferma da parecchio, quin<strong>di</strong> se devi ripassarti qualcosa, fallo.»<br />
«Dove an<strong>di</strong>amo?»<br />
«Nu Gea.»<br />
«Merda…»<br />
Vedeva un faccione deforme, con una bocca molle che si muoveva su e giù, e<br />
vagiti <strong>di</strong>stanti in tono basso. Piano, la faccia si rapprese nei tratti <strong>di</strong> un bambino<br />
ricciuto e dalla pelle scura, partorito sul set <strong>di</strong> un film porno le cui repliche vanno<br />
in onda da cinque anni a questa parte e <strong>di</strong> cui Rasta ormai nemmeno si vergogna<br />
più.<br />
«Mamma! Mamma! Svegliati, hai smesso <strong>di</strong> fare i numeri e ti sanguina il naso.»<br />
Rasta sollevò a fatica la testa, pesante, e portò una mano alle labbra. La ritrasse<br />
arrossata dal sangue e si alzò per andare in bagno.<br />
«Ti aiuto, mamma.»<br />
«Fanculo!» e lo spinse contro la credenza.<br />
Aprì l’acqua che iniziò a scorrere giallastra nel lavan<strong>di</strong>no, per poi <strong>di</strong>ventare<br />
rossa sotto le sacche <strong>di</strong> sangue coagulato che Rasta soffiava fuori dal naso.<br />
«Merda, merda! Nu Gea… Merda!»<br />
«Mamma come stai? Facevi i numeri…»<br />
Rasta voltò uno sguardo <strong>di</strong> quelli che il piccolo Jesis conosceva bene: ‘levati<br />
dalle palle piccolo nano del cazzo’. Ma non era il momento <strong>di</strong> dare ascolto a<br />
mamma.<br />
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