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Ring 013 - Parliamo di Videogiochi

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:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#13<br />

Gli or<strong>di</strong>gni <strong>di</strong> Wip3out (a destra nella<br />

foto: l’Energy Wall) non avevano l’impatto<br />

scenico <strong>di</strong> quelli visti nel prequel.<br />

Perfino il Quake, capace <strong>di</strong> creare<br />

una mici<strong>di</strong>ale onda d’urto, appariva<br />

ri<strong>di</strong>mensionato non nell’efficacia ma<br />

nell’effetto visivo. Tutto ciò rendeva la<br />

lotta <strong>di</strong> Wip3out leggermente meno<br />

esaltante <strong>di</strong> quanto fosse in passato.<br />

Wip3out<br />

Episo<strong>di</strong>o più debole della saga, Wip3out ebbe se non altro il merito <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare<br />

la soli<strong>di</strong>tà dell’hardware Playstation quando la macchina Sony pareva<br />

ormai sul viale del tramonto. Quantitativamente l’offerta <strong>di</strong> questo episo<strong>di</strong>o era<br />

grassa: svariati campionati <strong>di</strong>visi tra le quattro classi principali, sfide contro il<br />

tempo, risse all’ultimo sangue (in cui trionfava chi abbatteva il maggior numero<br />

<strong>di</strong> avversari) e un’ine<strong>di</strong>ta modalità prototype, comprendente quattro circuiti extra<br />

realizzati con poligoni privi <strong>di</strong> texture (à la Virtua Racing). Tuttavia<br />

Wip3out fu inferiore ai prequel. Molte delle vetture <strong>di</strong>sponibili erano inutili e<br />

inguidabili, e spingevano spesso l’utente ad affidarsi all’ineccepibile Piranha; il<br />

track design vantava piste ben concepite ma minate da ambientazioni troppo<br />

cupe e monotone, che rendevano <strong>di</strong>fficile la lettura del tracciato alle alte velocità.<br />

Menzione particolare va comunque all’episo<strong>di</strong>o Manor Top, splen<strong>di</strong>damente<br />

ispirato a Blade Runner e unica eccezione in un panorama estetico sinceramente<br />

povero. Da segnalare il nuovo sistema <strong>di</strong> boost. Come in Extreme G, il boost<br />

non era più relegato a semplice power up al pari delle armi, ma <strong>di</strong>veniva<br />

sempre accessibile tramite il tasto R1. L’energia richiesta dal boost ne scongiurava<br />

un uso sconsiderato, rendendolo un elemento strategico: una feature che<br />

avrebbe trovato perfetta collocazione nel quinto episo<strong>di</strong>o della serie, Wipeout<br />

Fusion, ma che inspiegabilmente non fu mantenuta.<br />

Anno: 1999<br />

Sviluppatore: Psygnosis<br />

Piattaforma: PSOne<br />

Etichetta: Psygnosis<br />

Storie da PC (I): Pod<br />

Generalmente, i racer futuristici sono ottimi banchi <strong>di</strong> prova per ogni nuova tecnologia.<br />

F-Zero ha messo in luce la potenza del Mode7, Wipeout quella <strong>di</strong> Playstation. Anche<br />

POD, pubblicato su PC da Ubisoft all’alba della tecnologia MMX, si conquistò una certa<br />

fama grazie alla sua velocissima grafica, frutto del supporto alle prime schede 3DFX.<br />

Sebbene fosse <strong>di</strong>stinto da un gameplay alla lunga noioso e frustrante, fondato su semplici<br />

corse tra veicoli futuristici (non erano presenti armi o power up <strong>di</strong> sorta) il suo<br />

appeal grafico lo rese popolare tra gli utenti PC dotati <strong>di</strong> macchine dalle alte prestazioni.<br />

POD non aggiunse nulla al genere, in quegli anni esploso con Wipeout, ma <strong>di</strong>mostrò<br />

ancora una volta l’importanza dell’estetica nel videogioco moderno…<br />

Videogame has eaten himself: Wipeout & The Designers Republic<br />

Sulla portata rivoluzionaria <strong>di</strong> un titolo come<br />

Wipeout la critica è sempre stata concorde,<br />

ma pochi si sono sforzati <strong>di</strong> indagare<br />

su chi c’era <strong>di</strong>etro quel nuovo approccio ai<br />

video-giochi. Non è stata solo la musica<br />

d’autore, e neppure il numero <strong>di</strong> poligoni o<br />

la grande giocabilità potevano bastare: <strong>di</strong>etro<br />

al successo <strong>di</strong> Wipeout c’è stato un attento<br />

lavoro <strong>di</strong> design e una cura particolare<br />

per tutto quello che era attorno al gioco<br />

vero e proprio. Dal packaging allo stile dei<br />

menu, dalle pubblicità ai loghi delle scuderie<br />

in gara, tutto è stu<strong>di</strong>ato per trasmettere<br />

uno spirito unico e riconoscibile. Dietro a<br />

questo lavoro c’è la firma <strong>di</strong> uno dei gruppi<br />

<strong>di</strong> designer più raffinati al mondo, capaci <strong>di</strong><br />

ispirare il lavoro <strong>di</strong> tanti altri artisti con il<br />

loro look misto tra urban style e atmosfere<br />

manga, senza <strong>di</strong>sdegnare un uso/abuso <strong>di</strong><br />

loghi quasi a sublimare ed esasperare i<br />

fashion ad<strong>di</strong>cted <strong>di</strong> un’era che verrà. Fondato<br />

a Sheffield nel Luglio del 1986 da Ian<br />

Anderson, The Designers Republic annovera<br />

tra i suoi lavori collaborazioni con Sony,<br />

Swatch e Issey Miyake, copertine <strong>di</strong> cd per<br />

i Supergrass e per la Warp Records, opere<br />

architettoniche, spot tv e graphic design <strong>di</strong><br />

varia ispirazione. Wipeout ha fissato<br />

nell’immaginario collettivo uno stile che<br />

non esaurisce affatto lo spirito poliedrico<br />

8<br />

dei Designers Republic, abituato a sperimentare<br />

e a ispirarsi alle fonti più improbabili.<br />

In Ian Anderson e compagni è presente,<br />

soprattutto, una tensione sfrenata alla sintesi,<br />

all’imme<strong>di</strong>atezza, attraverso la quale<br />

l’immagine deve illustrare e descrivere se<br />

stessa. È frequente l’utilizzo <strong>di</strong> frecce e scritte<br />

con una funzione tautologica: immagini<br />

che esprimono nient’altro che l’immagine<br />

stessa. La copertina <strong>di</strong> un libro con una gigantesca<br />

freccia rossa che in<strong>di</strong>ca la <strong>di</strong>rezione<br />

della lettura, con sotto scritto “in<strong>di</strong>cates<br />

right”. Colori netti, privi <strong>di</strong> ombre e sfumature.<br />

Una semplicità talmente forzata da <strong>di</strong>sorientare.<br />

A tutti gli effetti si può <strong>di</strong>re che lo<br />

stile dei Designers Republic sia talmente pulito<br />

e chiaro da risultare incomprensibile. Ne<br />

è un perfetto esempio il loro sito,<br />

www.thedesignersrepublic.com, <strong>di</strong>fficilissimo<br />

da navigare proprio per la sua spiazzante<br />

semplicità. Anche il lavoro svolto recentemente<br />

per il sito della Manhattan Loft Corporation<br />

(www.manhattanloft.co.uk/mlc) è un<br />

autentico manifesto <strong>di</strong> web design. La home<br />

page è composta da uno sfondo grigio, il link<br />

al sito, l’in<strong>di</strong>rizzo e-mail per le informazioni e<br />

il link al sito dei DR. L’impressione è quella<br />

<strong>di</strong> un sito provvisorio, sobrio al limite del<br />

possibile. L’interno del sito va navigato spostando<br />

semplicemente il mouse da sinistra a

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