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1. La tradizione - Centro di studi Filologici Sardi

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va sempre con B contro C oppure no); l’in<strong>di</strong>viduazione dei descripti; prime<br />

in<strong>di</strong>cazioni del <strong>di</strong>sporsi dei manoscritti rispetto alle lezioni ammissibili.<br />

In secondo luogo va notato che l’obiezione be<strong>di</strong>eriana sulla astoricità <strong>di</strong><br />

testi eccessivamente restaurati sulla base della <strong>tra<strong>di</strong>zione</strong> è stata largamente<br />

accolta, per cui, soprattutto in Italia, si è molto conservativi sul testo base<br />

adottato e sulle lezioni ammissibili si è ormai più portati a <strong>di</strong>scuterne<br />

nell’apparato o nel commento o nell’introduzione, piuttosto che a promuoverne<br />

una contro un’altra ope co<strong>di</strong>cum o ope ingenii.<br />

Viceversa, vengono respinti gli eccessi del be<strong>di</strong>erismo, quelli che portano<br />

a e<strong>di</strong>tare un manoscritto non curandosi <strong>di</strong> emendarne neanche gli errori<br />

evidenti. Recentemente Tavani ha, per esempio, mostrato a quali <strong>di</strong>storsioni<br />

conduca l’eccesso <strong>di</strong> riguardo verso il testo tra<strong>di</strong>to da un buon testimone rispetto<br />

ad un verso della cobla X della celebre pastorella <strong>di</strong> Marcabruno<br />

L’autrier jost’una sebissa. Il testo vulgato, che troviamo in quasi tutte le<br />

e<strong>di</strong>zioni, anche in quelle italiane <strong>di</strong>vulgative e antologiche, sostenuto dalla<br />

lezione <strong>di</strong> quasi tutti i manoscritti, è più o meno quello stabilito da Appel<br />

nel 1895:<br />

«Don, hom cochatz de folhatge<br />

ju’e pliu e promet guatge;<br />

si·m fariatz homenatge,<br />

senher», so <strong>di</strong>s la vilayna;<br />

«mas ges per un pauc d’intratge<br />

no vuelh mon despiuzelhatge<br />

camjar per nom de putayna».<br />

Traduzione: «Signore, un uomo stimolato da follia, giura e s’impegna e<br />

promette regali; così mi fareste omaggio, signore», <strong>di</strong>sse la villana, «ma per<br />

un modesto <strong>di</strong>ritto d’ingresso non voglio affatto mon despiuzelhatge cambiare<br />

per il nome <strong>di</strong> puttana» (trad. Giuseppe Tavani).<br />

Pressoché tutti gli e<strong>di</strong>tori hanno tradotto mon despiutzelhatge con la mia<br />

verginità, nonostante des- privativo + piuzelhatge = “pulzellaggio, cioè<br />

con<strong>di</strong>zione della dama ancora vergine prima del matrimonio, quin<strong>di</strong> verginità”,<br />

andrebbe correttamente tradotto come “la mia non verginità”; ne consegue<br />

che il verso è erroneo perché privo <strong>di</strong> senso. Il necessario emendamento<br />

era stato proposto da Emil Levy nel 1894: no vuelh nom de piuzel-

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