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[25] Un contributo allo studio della provincia Piemontese-Savoiarda 263<br />
d. 1871-1982: Rinasc<strong>it</strong>a e morte di una provincia religiosa<br />
Nel 1871 la provincia Piemontese, seppure ridimensionata per la<br />
chiusura delle case di Vercelli e Alessandria, venne ripristinata e mutò il<br />
nome in Subalpina; e con la chiusura della casa di Aosta nel 1873 71 risultava<br />
così cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a: Torino (S. Dalmazzo), Genova (S. Bartolomeo), Asti<br />
(S. Martino), Moncalieri (Real Collegio Carlo Alberto) e Montaldo (S.<br />
Paolo). Una piccola provincia, che rimase tale anche a sessanta anni di distanza,<br />
giacché solo due furono le nuove fondazioni e queste non in Piemonte,<br />
bensì in Liguria: a Genova i Barnab<strong>it</strong>i aprirono nel 1895 l’ist<strong>it</strong>uto<br />
scolastico “V<strong>it</strong>torino da Feltre” e nel 1930 la Casa Missionaria Gesù<br />
Adolescente. Ancora cinquanta anni dopo, nel 1982, le comun<strong>it</strong>à erano<br />
rimaste sette: una provincia “stabile”, dove l’unico cambiamento si verificò<br />
nel 1931, allorché da Piemontese o Subalpina mutò il proprio nome<br />
in Piemontese-Ligure, mantenendolo fino alla fine.<br />
La storia della provincia Piemontese dei Barnab<strong>it</strong>i ha il suo epilogo<br />
nel Cap<strong>it</strong>olo generale del 1982, quando tra il 15 e il 24 luglio (giorno in<br />
cui venne votata la delibera) la commissione “Strutture” presentò ai padri<br />
cap<strong>it</strong>olari il progetto di “Unificazione delle provincie <strong>it</strong>aliane della<br />
congregazione”. In tale amb<strong>it</strong>o non solo si discusse sull’opportun<strong>it</strong>à stessa<br />
di compiere l’unificazione, mettendo in luce sia i problemi, sia i pregi<br />
e le prospettive di un tale passo, tanto che qualcuno arrivò a proporre come<br />
soluzione estrema un’unica provincia; ma si cercò di individuare anche<br />
le modal<strong>it</strong>à di attuazione. Se fra i rischi si ventilava una possibile sfasatura<br />
tra le provincie <strong>it</strong>aliane e quelle estere e si registrava in alcuni la<br />
mancanza di una effettiva volontà di procedere a tale unione; pos<strong>it</strong>ivamente<br />
si presentava l’unificazione come una opportun<strong>it</strong>à per far uscire alcune<br />
provincie da un pericoloso individualismo e per accogliere il dinamismo<br />
di altre, al fine di avere un respiro più universale; e nel contempo,<br />
si auspicava che il tutto fosse mosso da una profonda convinzione,<br />
che, comunque, poteva essere conquistata progressivamente. Ci si chiedeva<br />
quale impatto avrebbero avuto le nuove provincie <strong>it</strong>aliane nel tessuto<br />
della congregazione e quindi se la creazione di grandi blocchi avrebbe<br />
potuto realmente favorire la desiderata rinasc<strong>it</strong>a; e, d’altra parte, affiorava<br />
la convinzione che “la trasfusione di elementi culturali diversi”<br />
avrebbe portato non pochi benefici e che l’unificazione era necessaria<br />
“per una maggiore duttil<strong>it</strong>à di governo”. In tutti, però, vi era l’esigenza<br />
di arrivare a “una soluzione chiara, senza ulteriori rinvii”.<br />
La delibera, votata il 24 luglio 1982, prevedeva di procedere alla revisione<br />
dell’assetto delle provincie <strong>it</strong>aliane, di ridurle da quattro a due e<br />
di cost<strong>it</strong>uire la Provincia Italiana del Nord, attraverso l’unione delle Pro-<br />
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71<br />
Cfr. in ASBR: R 20, ff. 57.58-61