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Storia della Sardegna antica<br />

contrari. Preso atto dei risultati della votazione, Catone prosciolse Scauro da<br />

ogni accusa.<br />

Subito dopo Cicerone accusò Valerio Triario e i suoi subscriptores di calunnia.<br />

Il processo venne celebrato immediatamente, ma Triario riuscì a sfuggire alla<br />

severa pena che la lex Remmia de calumniatoribus dell’80 a.C. infliggeva a colui<br />

che intentava un’azione giudiziaria in mala fede, cioè la perdita dell’onorabilità<br />

civica. Probabilmente fu condannato al pagamento di una forte pena pecuniaria<br />

e i suoi subscriptores invece dovettero pagare un’ammenda più leggera.<br />

Qualche mese più tardi Triario accusò Scauro di broglio elettorale (il reato de<br />

ambitu), poiché aveva tentato di corrompere l’elettorato, ma la difesa, ancora<br />

una volta sostenuta da Cicerone, non portò all’assoluzione. Alla luce di questo<br />

avvenimento è lecito chiedersi quale peso abbia avuto l’influenza di Pompeo<br />

nel precedente processo. Sappiamo infatti che al tempo di questo secondo<br />

processo Pompeo aveva cessato di sostenere Scauro, impedendo tra l’altro alla<br />

plebe di manifestare in suo favore. Scauro venne dunque condannato e allontanato<br />

da Roma.<br />

Gli episodi che riguardano Albucio, Megabocco e Scauro sono quelli più noti:<br />

ma successivamente altri processi contro i governatori disonesti in Sardegna<br />

dovettero essere ancora celebrati: un’unica notizia ci è conservata in proposito<br />

per l’età imperiale, come racconta Tacito negli Annales, quella del processo<br />

contro Vipsanio Lenate, procuratore imperiale nell’età di Nerone, accusato nel<br />

56 d.C. dai Sardi e forse dalla stessa Claudia Atte, la concubina del principe che<br />

aveva vaste proprietà nel retroterra di Olbia. Purtroppo su questo personaggio<br />

e sulle vicende in cui fu coinvolto non abbiamo altre informazioni.<br />

6. Il cantante Tigellio<br />

Cicerone considerava il musico e cantante caralitano Tigellio come un uomo<br />

da evitare: «È un vantaggio non avere alcun rapporto con questo sardo, più pestilenziale<br />

della sua stessa patria», scriveva l’oratore su Tigellio, oggetto di satira<br />

violenta e diffamatoria anche da parte del poeta Licinio Calvo che lo considerava<br />

da “mettere in vendita” come tutti i Sardi venales.<br />

Cicerone non poteva però negare di avere avuto nel passato legami con la famiglia<br />

del musico, visto che il nonno di Tigellio, Famea, gli aveva fornito un valido<br />

sostegno economico durante la campagna elettorale per il consolato. Un<br />

debito di riconoscenza che non era stato sufficiente a far sì che l’oratore si sen-<br />

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iii. Roma in Sardegna: l’età repubblicana<br />

tisse obbligato a difenderlo in una causa di poco conto. Da ciò l’odio dell’Arpinate<br />

per Famea e per il nipote, accusato di essere solo un valente flautista ed un<br />

abile cantante (veramente i codici hanno unctorem, massaggiatore).<br />

Fu la vittoria di Cesare sui Pompeiani in Iberia e il trionfo celebrato a Roma a<br />

spingere Cicerone a modificare il suo atteggiamento nei confronti di Tigellio,<br />

divenuto da tempo amico intimo del generale. L’oratore, preoccupato che l’inimicizia<br />

con il musico potesse condizionare i suoi rapporti con Cesare, tentò ripetutamente<br />

di tornare in buoni rapporti con l’artista, servendosi come intermediario<br />

di Attico, con il quale il sardo intratteneva una fitta corrispondenza.<br />

Secondo Marco Fadio Gallo, al quale Cicerone aveva manifestato il desiderio<br />

di riconciliarsi con Tigellio, l’artista non solo non si curava dell’oratore ma era<br />

stupito dall’interesse di questo nei suoi riguardi; probabilmente l’astio di Cicerone<br />

nei confronti del musico era dettato più dalla consapevolezza di un debito<br />

non onorato (per il comportamento tenuto nella vicenda di Famea) che da un<br />

atteggiamento reale di Tigellio.<br />

Il talento del cantante sardo aveva conquistato non solo Cesare, ma anche<br />

Cleopatra, che avevano avuto modo di apprezzarlo in occasione del suo soggiorno<br />

a Roma: per quel che ne sappiamo il suo repertorio appare pienamente<br />

romano (sono ricordati i suoi canti in onore di Bacco), ma forse non va escluso<br />

un parziale contributo musicale isolano, eredità dell’età nuragica. La sua fama<br />

non mutò neanche dopo le idi di marzo del 44; infatti Ottaviano, conscio del<br />

valore artistico di Tigellio e desideroso di circondarsi degli amici del padre<br />

adottivo, strinse con lui forti rapporti di amicizia che mantenne fino alla morte<br />

del musico, che avvenne attorno al 39 a.C.<br />

Nella ii satira, Orazio, nel descriverne i funerali, si sofferma – non senza<br />

sarcasmo – sul corteo abietto ed umile che lo accompagnava: collegi di suonatrici<br />

di flauto orientali (ambubaiarum collegia), venditori di empiastri e di medicine<br />

toccasana (pharmacopolae), mendicanti di professione (mendici), donne di<br />

facili costumi, interpreti di farse oscene (mimae), guitti e buffoni (balatrones).<br />

Strani personaggi, che partecipavano mestamente al lutto e con i quali Tigellio<br />

– durante la vita – si era trovato a proprio agio distinguendosi per la sua<br />

generosità.<br />

I versi del poeta appaiono particolarmente critici e non privi di una certa<br />

ostilità: infatti se Tigellio fosse stato – secondo la descrizione oraziana – un<br />

uomo circordato dai personaggi più squallidi della città e moralmente corrotto,<br />

non avrebbe potuto instaurare legami così stretti con Cesare prima e Ottaviano<br />

poi.<br />

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