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Storia della Sardegna antica<br />

ciale era l’Egitto, considerato proprietà personale dell’imperatore ed affidato ad<br />

un prefetto equestre al vertice della carriera.<br />

Fu forse in questo periodo che la Corsica andò a costituire una provincia autonoma,<br />

governata da uno dei primi procuratori equestri alle dirette dipendenze<br />

del principe (altri hanno pensato ad una decisione di Tiberio o all’anarchia<br />

successiva alla morte di Nerone). Per la Sardegna dobbiamo invece arrivare al 6<br />

d.C., quando secondo Strabone e Dione Cassio la provincia conobbe per tre anni<br />

gravi disordini e scorrerie di briganti, finendo per diventare la base dalla quale<br />

partivano i pirati che arrivavano a saccheggiare il litorale etrusco di Pisa: in<br />

quell’occasione i proconsoli nominati dal Senato lasciarono il campo a dei prolegati<br />

equestri con spiccate caratteristiche militari (stratiarchi, strateghi), incaricati<br />

da Augusto di controllare forse con truppe legionarie la provincia ancora<br />

non interamente pacificata. Un prefetto prolegato ancora nel 14 d.C. (dunque<br />

ben oltre i tre anni indicati da Dione Cassio) si occupava di costruire la strada<br />

militare che da Ad Medias (Abbasanta) raggiungeva Austis, il campo militare<br />

forse della coorte di Lusitani, alle falde occidentali del Gennargentu, in piena<br />

Barbaria, che ancora oggi conserva il nome del primo imperatore. In questo<br />

quadro andrebbe collocata la dedica ad un Augusto (Ottaviano stesso piuttosto<br />

che Tiberio) delle civitates Barbariae rinvenuta a Fordongianus (le antiche Aquae<br />

Ypsitanae): un atto di omaggio al principe che implica il successo di una profonda<br />

azione militare di controllo del territorio barbaricino, sul quale doveva operare<br />

la I coorte di Corsi, arruolata forse in Corsica, che sappiamo comandata da<br />

Sex(tus) Iulius S(purii?) f(ilius) Pol(lia tribu) Rufus che in contemporanea ebbe singolarmente<br />

la responsabilità di praefectus civitatum Barbariae in Sardinia.<br />

Con Augusto iniziò dunque l’oscillazione della Sardegna tra amministrazione<br />

senatoria ed amministrazione imperiale, forse in qualche caso solo per soddisfare<br />

le esigenze dell’erario così come del fisco imperiale e per tenere in equilibrio<br />

le spese rispetto alle entrate: allora si rese di volta in volta necessario trovare<br />

una compensazione, attraverso quella che è stata definita la “politica di scambio”<br />

tra imperatore e Senato, che sembra svilupparsi nel i e nel ii secolo d.C.<br />

I disordini dovettero però continuare negli anni successivi, tanto che nel 19<br />

d.C., nei primi anni dell’età di Tiberio, il prefetto del pretorio Lucio Elio Seiano<br />

decise di rafforzare il presidio militare dell’isola e quattromila giovani liberti romani<br />

seguaci dei culti egizi e giudaici furono costretti ad arruolarsi: essi furono<br />

allora inviati in Sardegna agli ordini del prefetto provinciale per reprimere il brigantaggio;<br />

se fossero morti per l’inclemenza del clima, cioè forse per la malaria,<br />

scrive Tacito, sarebbe stato un danno di nessun conto. Nello stesso periodo si<br />

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registra la costituzione di una serie di coorti, reparti ausiliari di 500 o 1000 peregrini<br />

privi della cittadinanza romana, formati da Corsi, Liguri, Aquitani, Lusitani<br />

e infine Sardi. Per quel che concerne la flotta, Sardegna e Corsica erano tutelate<br />

da due distaccamenti della classis Misenensis, stanziati rispettivamente nei porti di<br />

Carales e di Aleria.<br />

2. La Sardegna terra d’esilio<br />

iv. Roma in Sardegna: l’età imperiale<br />

Gli imperatori scelsero la Corsica e poi la Sardegna come isole destinate ad<br />

ospitare coloro che venivano relegati lontano da Roma. Il primo caso è quello<br />

degli Ebrei e dei seguaci dei culti egizi esiliati in Sardegna da Tiberio nel 19 d.C.;<br />

il caso più celebre, è quello del filosofo Seneca, che l’imperatore Claudio fece<br />

esiliare in Corsica a partire dal 41 d.C., accusato di adulterio con la sorella di Caligola.<br />

Il richiamo di Seneca fu voluto qualche anno dopo da Agrippina, che ne<br />

fece l’istitutore di Nerone. Il primo marito di Poppea Sabina, Rufrio Crispino,<br />

fu esiliato per volontà di Nerone nel 65 in Sardegna dopo il fallimento della congiura<br />

di Pisone, e fatto uccidere l’anno dopo; alla congiura aveva partecipato lo<br />

stesso Seneca. Del resto in Sardegna già nel i secolo a.C. era stato esiliato il poeta<br />

Sevio Nicanore.<br />

Alle trame per l’uccisione di Ottavia, la figlia di Claudio, divenuta la sposa di<br />

Nerone, partecipò il prefetto della flotta di Miseno Aniceto, un liberto che arrivò<br />

ad uccidere Agrippina e ad autoaccusarsi dell’adulterio con Ottavia, ottenendo<br />

in cambio importanti compensi ed un piacevole ritiro: dopo la confessione<br />

fu relegato in Sardegna, dove trascorse un esilio dorato nell’agiatezza e finì<br />

di morte naturale.<br />

Tra gli esiliati dobbiamo ricordare l’anziano giurista Gaio Cassio Longino, costretto<br />

da Nerone a spostarsi in Sardegna nel 65 d.C.: egli aveva già ironizzato<br />

sugli onori resi al principe per le vittorie di Corbulone in Oriente. L’accusa fu<br />

quella di essersi inteso con alcuni avversari di Nerone, tra cui Lucio Giunio Silano<br />

Torquato e di aver collocato, in segno di onore, tra i busti degli antenati anche<br />

l’effigie di Gaio Cassio il cesaricida, suo nonno, con la scritta “al capo del partito”:<br />

come se l’esaltazione del Cesaricidio potesse costituire una nuova concreta<br />

minaccia per il principe, l’inizio di un processo che avrebbe portato ad un nuovo<br />

tirannicidio, ad opera dei senatori che vagheggiavano una forte ripresa della tradizione<br />

repubblicana. Longino fu richiamato da Vespasiano; un suo parente,<br />

potrebbe essere quel Lucio Cassio Filippo, di cui la moglie Atilia Pomptilla, l’e-<br />

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