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Storia della Sardegna antica<br />

sta entro un periodo più ristretto. Il terminus ante quem può comunque stabilirsi<br />

con certezza solamente nel 467, anno della spedizione del duca bizantino Marcellino,<br />

di cui si farà cenno in seguito.<br />

Quasi nulla invece può dirsi sulle modalità attraverso le quali avvenne tale<br />

conquista, ossia se si registrarono azioni di forza oppure si trattò di una penetrazione<br />

quasi indolore, senza grande spargimento di sangue: le fonti tacciono<br />

al riguardo, e ciò potrebbe far pensare che la conquista, avvenuta in tempi rapidi,<br />

fu priva di battaglie di un certo rilievo. Occorre comunque considerare che<br />

gli stessi abitanti dell’isola, stanchi delle forti pressioni fiscali e dello sfruttamento<br />

da parte dei ricchi proprietari terrieri legati al potere centrale dell’impero,<br />

poterono vedere come un vantaggio l’ingresso dei nuovi dominatori e l’affermarsi<br />

di una nuova classe dirigente. Nonostante ciò, soprattutto nelle fasi<br />

iniziali della conquista, dovettero verificarsi azioni belliche e, da parte soprattutto<br />

di alcune città costiere, tentativi di difesa dagli attacchi dei Vandali: in tale<br />

direzione sembrano porsi i dati recenti delle indagini archeologiche condotte,<br />

ad esempio, nell’antico porto di Olbia, dove lo scavo ha dimostrato che l’affondamento<br />

di un notevole numero di imbarcazioni potrebbe connettersi con<br />

un’azione intenzionale, mirante a bloccare l’attività portuale, in una fase cronologica<br />

che coincide perfettamente con i decenni entro i quali i Vandali cominciarono<br />

ad interessarsi dell’isola.<br />

Al momento della conquista la Sardegna era governata da un praeses, che rappresentava<br />

il potere di Roma; la sua residenza, come già detto, era stabilita a Carales,<br />

e da esso dipendevano l’amministrazione civile e militare, nonché quella<br />

della giustizia. Anche se, ancora una volta, le fonti tacciono a riguardo, possiamo<br />

presumere che i nuovi dominatori dovettero necessariamente sostituire il<br />

governatore della Sardegna con un personaggio di loro fiducia, che svolgesse<br />

per conto del sovrano vandalo lo stesso ruolo precedentemente avuto dal praeses.<br />

Non conosciamo nessun personaggio che abbia ricoperto tale carica in età<br />

vandalica, fatta eccezione per l’ultimo governatore dell’isola, Goda, uno schiavo<br />

di origine gota inviato nell’isola da Gelimero pochi anni prima della caduta<br />

del regno vandalico d’Africa ad opera dei Bizantini.<br />

Fin dai primi anni della dominazione dei Vandali l’impero romano si preoccupò<br />

di recuperare la Sardegna, dominio cruciale non solo per l’eccellente posizione<br />

strategica – sia da un punto di vista militare che per i traffici transmarini<br />

– ma anche perché il grano sardo era indispensabile per l’approvvigionamento<br />

della capitale, soprattutto in seguito alla perdita dei territori africani.<br />

Nel 467 Leone i, imperatore d’Oriente, inviò in Occidente una flotta coman-<br />

500<br />

xi. L’età vandalica<br />

data dal duca Marcellino, con l’obiettivo di riconquistare l’Africa e i territori ad<br />

essa annessi, impresa che riuscì solo parzialmente: Marcellino poté prendere<br />

temporaneamente possesso della Sardegna, ma le successive sconfitte inferte<br />

alla flotta imperiale spinsero l’imperatore a sospendere le campagne e scendere<br />

a nuovi patti, favorevoli per Genserico. Leone organizzò una nuova spedizione<br />

nel 470, di nuovo destinata ad un precoce fallimento, questa volta per problemi<br />

interni all’impero. Intanto la Sardegna era tornata in mano ai Vandali.<br />

Ormai minato da tempo, l’impero romano d’Occidente cadeva definitivamente<br />

nel 476, e solo un anno dopo moriva Genserico, dopo lunghi anni di regno;<br />

il re vandalo aveva visto le sue genti muoversi per migliaia di chilometri, e<br />

aveva fondato uno stato indipendente capace di imporsi vittoriosamente anche<br />

sullo stesso impero dei Romani. Tali risultati furono ottenuti con una rigida<br />

politica, che fu incisiva anche in campo religioso: fin dai primi anni del suo<br />

regno, infatti, il sovrano, seguace come tutto il suo popolo dell’arianesimo, perseguitò<br />

vescovi e clero fedeli all’ortodossia cattolica. Occorre però considerare<br />

che, mentre il suo atteggiamento ebbe caratteristiche di grande intransigenza<br />

in Africa, in Sardegna egli dovette manifestare maggiore prudenza e avvedutezza;<br />

in tal modo, con ogni probabilità, Genserico volle assicurare all’isola un<br />

clima di pace e tolleranza, anche perché risultava difficile un costante controllo<br />

militare su questi territori, distanti dalla propria sede.<br />

Proseguì la sua politica religiosa filoariana il figlio Unnerico, che gli successe<br />

sul trono del regno vandalo. È del 483 l’editto di convocazione di un concilio<br />

per ridiscutere le tematiche sulla divinità del Cristo, ricusata dagli ariani ma cara<br />

ai seguaci del credo niceno. Il concilio si tenne a Cartagine nella primavera dell’anno<br />

successivo, con larga partecipazione di vescovi appartenenti ad ambedue<br />

gli schieramenti; come testimoniato dalla Notitia provinciarum et civitatum<br />

Africae, che riporta gli elenchi dei partecipanti al concilio, tra i cattolici un gruppo<br />

compatto era composto da cinque vescovi sardi e tre provenienti dalle isole<br />

Baleari, forse appartenenti ad un’unica provincia ecclesiastica transmarina,<br />

guidati dal vescovo metropolita di Carales (Cagliari), Lucifero. Rappresentavano<br />

le altre sedi episcopali sarde Martiniano di Forum Traiani (Fordongianus),<br />

Bonifacio di Senafer (Cornus), Vitale di Sulci (Sant’Antioco) e Felice di Turris<br />

Libisonis (Porto Torres). Il Concilio del 484 si concluse senza che le due parti<br />

raggiungessero un accordo; si riaccesero così le persecuzioni rivolte ai cattolici<br />

dell’Africa, divenute aspre soprattutto nei confronti degli alti rappresentanti<br />

del clero, molti dei quali subirono l’affronto dell’esilio, sostituiti nelle loro cariche<br />

da vescovi ariani.<br />

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