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Storia della Sardegna antica<br />
gento, di cui è indicato il peso (rispettivamente grammi 1047, 762, 408 e 399), di<br />
Antonino Pio, Faustina, Marco Aurelio e Lucio Vero, posta da un Q(uintus) Rutilius<br />
[---], un personaggio altrimenti ignoto di Bosa, forse un magistrato o un<br />
sacerdote del culto imperiale, per decreto dell’ordo decurionum di Bosa. La targa,<br />
secondo la felice ipotesi di Lidio Gasperini, doveva essere immurata sul bancone<br />
che sosteneva le quattro statuette, nell’Augusteum bosano. L’altra iscrizione è<br />
una dedica, di età antonina, ad un [sacerd(os)] urbis Rom(ae) (et) imp(eratoris) della<br />
prov(incia) Sard(inia), evidentemente originario di Bosa, che uscito di carica e divenuto<br />
sacerdotalis venne ad[le]c[t]u[s] nello splendidiss(imus) [o]rd[o] Ka[ralit(anorum)],<br />
nella sede del concilium provinciale.<br />
L’ordinamento cittadino di Bosa non è esplicitamente documentato in alcuna<br />
iscrizione, tuttavia possediamo un frammento di tabula patronatus rinvenuta<br />
a Cupra Maritima nel Picenum che menziona il patronus [---]nus Larg[us] cooptato<br />
dall’[ordo populus]que Bosanu[s]. L’ambasceria per la consegna della tabula al patronus<br />
fu costituita da vari legati bosani, di cui è superstite il solo [-] Detelius A[---].<br />
Da questi scarni elementi ricaviamo l’ipotesi di una città, con un culto imperiale<br />
ben sviluppato almeno da età antonina, dotata di un ordo e di un populus. Benché<br />
nessuno di questi elementi sia decisivo per postulare uno statuto municipale,<br />
appare plausibile la costituzione municipale di Bosa.<br />
Più ampio è il quadro delle nostre conoscenze sulla necropoli di San Pietro.<br />
Gli scavi archeologici dello scorcio del xx secolo hanno messo in luce un’area<br />
funeraria metata, con muro di cinta, del ii-vi secolo d.C., utilizzata per deposizioni<br />
a fossa, alla cappuccina, in sarcofago e ad enchytrismòs. Da questa area di<br />
San Pietro provengono le iscrizioni funerarie databili tra il ii e il iii secolo d.C.<br />
incise su lastre e cippi di trachite locale, realizzate in una officina lapidaria bosana.<br />
Le gentes documentate dagli epitafi sono le seguenti: Antonia, Arria, Asellia,<br />
Fulvia, Iulia, Hostilia, [Ma?]rcia, Memmia, Rutilia, Valeria, Verria. Tra i cognomina<br />
prevalgono quelli latini (Crescens, Faustus, Felix, Fructosus, Ianuarius, Proculus, Rutilianus,<br />
Saturnina, Tatianus, Victoria, Victorinus), rispetto ai grecanici (Tecusa) o a<br />
quelli encorici (Ce[le]le).<br />
Mancano testi cristiani sicuri: fra le falsae del Corpus Inscriptionum Latinarum è<br />
annoverata anche l’epigrafe funeraria di un na(u)clerus, Deogratias, che parrebbe<br />
genuina, utile a definire l’importanza, anche in età tardo antica, dell’attività navale<br />
di Bosa, documentata ad esempio per l’età imperiale dal ritrovamento nel<br />
golfo di Turas di un’ancora del navicularius L(ucius) Fulvius Euti(chianus), apparentemente<br />
collegato con gli Eutychiani del territorio di Cuglieri.<br />
12. Colonia Iulia Turris Libisonis<br />
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vi. Gli oppida e i popvli della Sardinia<br />
La colonia di Turris Libisonis è documentata con questo rango nella formula provinciae<br />
pliniana, con la denominazione Ad Turrem Libisonis e nella cosmographia<br />
dell’Anonimo Ravennate, come Turris Librisonis colonia Iulia. La forma singolare<br />
è pure attestata nell’Itinerarium Antonini (Ad Turrem), in Tolomeo (Pyrgos Libìsonos).<br />
La forma plurale forse conosciuta nell’Ars de duabus partibus del grammatico<br />
Consenzio (Turribus) è comunque attestata nella Tabula Peutingeriana e nella<br />
Notitia episcoporum dell’anno 484, presso Vittore di Vita.<br />
La turris eponima è concordemente identificata in un monumento nuragico<br />
forse andato distrutto nell’area della colonia, benché si dovrebbe giustificare la<br />
forma tardiva pluralia tantum, eventualmente determinata dalla nascita di un<br />
nuovo polo urbano presso l’insula episcopalis del Mons Agellus, sede della Cattedrale<br />
di San Gavino almeno dal v secolo.<br />
La deduzione della colonia Iulia è attribuita sia a Cesare, in occasione della sua<br />
permanenza in Sardinia nel 46 a.C., sia, più probabilmente, ad Ottaviano, che<br />
avrebbe incaricato della costituzione coloniale il proprio legato Marco Lurio,<br />
attivo nell’isola tra il 42 ed il 40, prima della presa di possesso della Sardegna da<br />
parte di Sesto Pompeo, grazie all’azione militare del suo liberto Menodoro.<br />
L’identificazione del deductor coloniae in Marco Lurio, sostenuta da Michel<br />
Grant in base ad una moneta coloniale ed all’attestazione dei M(arci) Lurii a Turris<br />
Libisonis riceve ora un ulteriore sostegno dalla scoperta di un nuovo epitafio<br />
turritano di una Luria.<br />
La moneta coloniale, un asse semiunciale, attribuita a Turris in relazione alla<br />
sua circolazione esclusiva nell’entroterra (profondo) della colonia, reca sul dritto<br />
Testa verso destra e, al di sotto, un aratro e la legenda M(arcus) L(urius?) d(eductor)<br />
c(oloniae) p(atronus); sul rovescio un tempio tetrastilo con l’indicazione abbreviata<br />
dei duoviri responsabili dell’emissione: Q(uintus) A(---) M(---), P(ublius) C(---)<br />
IIv(iri). Una seconda moneta, un semisse, attribuita a Turris, reca sul dritto Testa<br />
verso destra di Sardus Pater e la legenda: Q(uintus) A(---) M(---), L(ucius) C(---) Ve(-<br />
--) IIv(iri); sul rovescio d(ecurionum) d(ecreto) e un aratro.<br />
Si tratta di due emissioni vicine nel tempo, intorno al secondo triumvirato, sia<br />
per i caratteri metrologici, iconografici ed epigrafici, sia per l’attestazione dello<br />
stesso duoviro Q(uintus) A(---) M(---) in relazione ad una probabile iterazione del<br />
duovirato.<br />
La colonia turritana fu una deduzione proletaria, benché R. J. Rowland abbia<br />
ipotizzato una seconda deduzione di veterani di Antonio all’indomani della battaglia<br />
di Azio, in base alla diffusione delle monete di Antonio nel territorio turri-<br />
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