You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Storia della Sardegna antica<br />
tempi successivi, una grande resistenza alla penetrazione del cristianesimo.<br />
Qualche dato in più sulle strutture di cura animarum nelle campagne sarde viene<br />
dalla ricerca archeologica: sono noti infatti diversi edifici di culto cristiani che<br />
servivano le esigenze delle comunità rurali, così come attraverso la lettura di alcuni<br />
contesti archeologici è possibile dire qualcosa sulla diffusione del cristianesimo<br />
in ambito rurale.<br />
Tra le chiese dotate di battistero, quasi certamente dipendenti direttamente<br />
dall’autorità vescovile e dunque pienamente inserite nelle strutture gerarchiche<br />
delle Chiese locali, sono emblematici i casi di San Giovanni di Nurachi (ad Nuragas)<br />
e San Giorgio di Decimoputzu, chiese che, nonostante siano giunte fino<br />
a noi nelle trasformazioni di età medievale e moderna, mostrano tra loro forti<br />
analogie negli elementi originari. Ambedue gli edifici avevano una piccola aula<br />
mononave orientata ad est destinata alla sinassi liturgica, mentre due ambienti<br />
laterali definivano insieme all’aula principale una sorta di pianta a croce latina:<br />
l’ambiente Sud era destinato a battistero, con una vasca circolare all’esterno e<br />
quadrilobata all’interno, di ridotte dimensioni; il battistero era direttamente collegato<br />
all’aula di culto, ma ad esso si accedeva anche attraverso un corridoio laterale.<br />
Le due chiese servivano certamente centri connessi alla viabilità, mansiones<br />
o stationes.<br />
Ad una ecclesia baptismalis può essere riferito il fonte venuto in luce nel presbiterio<br />
della chiesa di San Pantaleo a Dolianova, pertinente ad un edificio di culto<br />
che precedette la costruzione della cattedrale di Dolia, sede vescovile forse enucleata<br />
dalla diocesi di Carales nell’xi secolo. Anche la vasca rimessa recentemente<br />
in luce presso la chiesa di Santa Maria di Vallermosa poté essere funzionale al<br />
rito del battesimo, così come ad accogliere un fonte battesimale, presumibilmente<br />
mobile, poteva essere destinato un piccolo ambiente connesso all’aula di<br />
culto mononave della chiesa di Santa Giulia di Padria, nella sua fase altomedievale.<br />
Un ulteriore fonte battesimale a pianta cruciforme, oggi non più visibile,<br />
era posto in un ambiente quadrangolare annesso alla chiesa dei Santi Stefano e<br />
Giovanni a Posada, un edificio ad impianto longitudinale, con abside orientata,<br />
attestato nei documenti a partire dall’xi secolo, ma la cui fase altomedievale è testimoniata<br />
dalla necropoli, sorta in prossimità della chiesa e in uso almeno dalla<br />
prima età bizantina.<br />
Oltre a queste chiese battesimali, altri edifici poterono servire nei primi secoli<br />
di cristianesimo alla diffusione della nuova religione nelle aree rurali: tra<br />
questi merita senza dubbio particolare attenzione la chiesa di San Nicola di<br />
Donori, rimessa in luce alla fine del xix secolo e oggi non più visibile, ma le<br />
488<br />
x. Il Cristianesimo<br />
cui vicende possono essere almeno in parte ricostruite attraverso le planimetrie<br />
e la descrizione redatta al momento della scoperta, unitamente a materiali<br />
scultorei ed epigrafici ancora conservati; di certo San Nicola ebbe infatti diverse<br />
fasi, di cui una evidentemente attribuibile ai primi secoli di diffusione del<br />
cristianesimo.<br />
Come le chiese di Nurachi e Decimoputzu, possono riferirsi ad insediamenti<br />
connessi alla presenza di un asse viario evidentemente ancora in uso in età tardoantica<br />
anche San Lussorio di Albagiara e Santa Lucia di Assolo, in un’area più<br />
lontana dalla costa, a poche miglia di distanza l’una dall’altra; i recenti scavi condotti<br />
nel secondo edificio di culto, ubicato in un’area rurale assai prossima al<br />
centro abitato di Assolo, hanno permesso di leggere le varie fasi della struttura,<br />
ancora oggi officiata: la chiesa, a navata unica, conserva infatti parte degli elevati<br />
originari, con murature in opera a telaio, mentre le indagini archeologiche<br />
hanno rimesso in luce, oltre alla prima abside, un nartece a forcipe, facente parte<br />
della fabbrica primitiva.<br />
Più problematici appaiono i casi di San Nicola di Orroli, di San Valentino di<br />
Sadali e della Madonna d’Itria di Sadali, per i quali è stata recentemente proposta<br />
una fase paleocristiana, in base ai dati recuperati attraverso le indagini archeologiche;<br />
tali edifici di culto, se riportabili a fasi cronologiche così alte, risultano<br />
interessanti data la posizione degli insediamenti, prossimi al limite delle<br />
montuose regioni delle Barbariae.<br />
Occorre comunque osservare che le chiese paleocristiane conosciute in Sardegna,<br />
con o senza un annesso battistero, possono difficilmente attribuirsi ad<br />
un periodo che precede la tarda età vandalica o la prima età bizantina, ma, per i<br />
dati a nostra disposizione, esse furono edificate tra la metà del vi secolo e quello<br />
successivo. Prima della conquista bizantina dell’isola, e dunque entro il v secolo<br />
e i primissimi decenni del vi, si può forse datare la prima fase della chiesa di<br />
Santa Lucia di Assolo, considerando i dati stratigrafici recuperati nel corso delle<br />
indagini archeologiche, mentre nel caso di San Nicola di Donori può ragionevolmente<br />
supporsi l’esistenza di una primitiva aula di culto di v secolo, a cui era<br />
annessa una necropoli, come sembra suggerire l’epigrafe della cristiana Purpuria,<br />
proveniente dall’area circostante la chiesa.<br />
Altri numerosi edifici di culto cristiano sparsi nelle campagne, che rioccupano<br />
ambienti e spazi prima di allora destinati ad altri usi, tra i quali prevalgono le terme<br />
connesse a ville rustiche o a piccoli insediamenti rurali di vario tipo, non<br />
sembrano datarsi precedentemente al vi secolo.<br />
In definitiva i contesti archeologici confermano che nelle aree rurali della<br />
489