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Storia della Sardegna antica<br />

Medias, Ad Herculem; sicuramente solo modesti villaggi erano le stazioni termali:<br />

Aquae Lesitanae, Aquae Hypsitanae con un celebre santuario di Esculapio<br />

e delle Ninfe salutari, Aquae calidae Neapolitanorum, forse Caput Thyrsi,<br />

le sorgenti del Tirso; altre sorgenti termali erano sicuramente conosciute e rinomate,<br />

come Oddini di Orotelli-Orani e Casteldoria. Solino racconta che<br />

«presso alcune contrade sarde scaturiscono effervescenti acque calde e salutari,<br />

che arrecano sollievo, facilitano la saldatura delle ossa fratturate, neutralizzano<br />

l’effetto del veleno iniettato dalle tarantole ed eliminano anche eventuali<br />

malanni agli occhi»; allo stesso modo i ladri che avessero giurato falsamente la<br />

propria innocenza erano condannati alla cecità se immersi nelle acque sulfuree<br />

delle sorgenti termali dell’isola.<br />

Si aggiungano poi i due fana, villaggi religiosi sorti attorno ad un santuario:<br />

Sardopatoris fanum (il tempio del Sardus Pater, il dio nazionale dei Sardi) e Fanum<br />

Carisi (forse Santa Maria di Orosei), di dubbia interpretazione ma probabilmente<br />

con il ricordo di una divinità locale; si vedano forse anche Feronia oggi<br />

Posada ed Hereum, sicuramente un santuario di Giunone presso Tempio<br />

Pausania. Il solo bosco sacro conosciuto è il Nemus Sorabense, presso il villaggio<br />

di Sorabile, localizzato a Fonni, nel cuore della Barbagia.<br />

Numerosi dovevano essere infine i vici, anche se tale condizione è riferita<br />

espressamente una sola volta al Susaleus vicus, collocato sul litorale orientale<br />

della Sardegna, a breve distanza da Carales a sud della foce del fiume Saeprus,<br />

l’attuale Flumendosa: forse Cala Pira, dove vengono localizzati i Siculenses.<br />

3. La Barbaria interna<br />

Molto differente era la realtà economica e culturale della Barbaria interna,<br />

collocata nelle zone montane più resistenti ma non chiuse alla romanizzazione,<br />

che hanno mantenuto consuetudini religiose preistoriche fino all’età di Gregorio<br />

Magno. L’insediamento interno della Sardegna fu limitato da un lato a piccoli<br />

centri agricoli di scarsa romanizzazione, su una rete di pagi rurali, dall’altro<br />

lato ad alcuni campi militari posti a controllo della rete stradale, almeno in età<br />

repubblicana e nei primi decenni dell’impero; per il resto, vaste aree collinari e<br />

montuose erano occupate dalle popolazioni non urbanizzate, dalle tribù bellicose<br />

della Barbagia, gli Ilienses, i Balari, i Corsi, ma anche i Galillenses o gli altri<br />

popoli enumerati dal geografo Tolomeo, distribuiti in villaggi collocati in latifondi<br />

di uso comunitario.<br />

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v. Economia e società<br />

Alcuni documenti epigrafici ci illuminano sulla politica perseguita dall’autorità<br />

romana nelle zone interne della Sardegna, nel quadro del tradizionale contrasto<br />

tra contadini e pastori: la Tavola di Esterzili documenta il sostegno garantito<br />

dai governatori romani ai contadini immigrati dalla Campania (i Patulcenses)<br />

e la politica di contenimento del nomadismo dei pastori indigeni (i Galillenses).<br />

Le iscrizioni testimoniano l’esistenza delle civitates Barbariae, al di là<br />

del fiume Tirso, presso le Aquae Hypsitanae (più tardi Forum Traiani, Fordongianus):<br />

un gruppo di tribù indigene (gli Ilienses, i Nurritani, i Celesitani, i Cusinitani,<br />

ecc.), al cui interno, durante il regno di Augusto, non era ancora comparso<br />

un gruppo dirigente filo-romano, se il governo ed il controllo militare<br />

del territorio era affidato non più ai capi locali (i principes) ricordati da Livio durante<br />

la guerra annibalica, ma ad un prefetto equestre comandante di un reparto<br />

militare ausiliario di 500 Corsi. Del resto la toponomastica sarda ha conservato<br />

il ricordo della Barbaria romana, dato che il toponimo Barbagia – nelle sue<br />

articolazioni territoriali – è ancora oggi utilizzato per indicare l’area della Sardegna<br />

interna: anzi, in età medioevale esistevano una Barbagia di Bitti ed una<br />

Barbagia di Ogliastra, che si possono aggiungere alle Barbagie attuali (da nord<br />

verso sud): di Ollolai, di Belvì e di Seulo.<br />

Il caso di Austis, sede probabilmente di un reparto di Lusitani, conserva evidente<br />

la testimonianza di una profonda penetrazione militare romana in Barbagia<br />

già nell’età di Augusto, sulle falde occidentali del Gennargentu: collegata<br />

con Ad Medias (Abbasanta), come testimonia un miliario del prolegato Tito<br />

Pompeo Proculo, Austis ricorda in piena area barbaricina il nome del primo imperatore,<br />

così come Forum Traiani conserva, sull’altra sponda del Tirso, il ricordo<br />

di un provvedimento costituzionale di Traiano. L’insediamento religioso<br />

di Sorabile ai piedi del Monte Spada a quasi mille metri di altitudine e ad esempio<br />

l’abitato di Sant’Efisio di Orune, per quanto riferibile al basso impero, ci<br />

consentono di documentare l’opera di profondissima penetrazione romana<br />

nella Barbagia sarda, anche sul piano religioso, culturale e linguistico: dagli studi<br />

più recenti lo scenario già della prima età imperiale appare dunque notevolmente<br />

mutato rispetto agli ultimi secoli della repubblica, quando ai presidi militari si<br />

affiancarono abitati rurali ed insediamenti stabili, che testimoniano un’intensa<br />

romanizzazione anche delle zone interne dell’isola, per quanto esposte ai latrocinia<br />

delle popolazioni non urbanizzate; il sottoporsi dei Galillenses al giudizio<br />

dei governatori romani nella capitale Carales è stato interpretato come un indizio<br />

di un nuovo rapporto tra l’autorità romana e le popolazioni locali, che continuavano<br />

comunque a rimanere ostili agli immigrati italici. Nel complesso si ten-<br />

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