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Storia della Sardegna antica<br />

di ritrovamenti archeologici alla foce dell’attuale Rio Posada. La dea Feronia,<br />

dea agrorum sive inferum, dovette avere un luogo di culto presso il centro di cui era<br />

eponima, non sappiamo se con caratteristiche simili a quelle del Lucus Feroniae,<br />

il celebre santuario intitolato alla dea nel territorio di Capena, presso l’agro<br />

veiente. Ad ogni modo la breve e difficile vita della colonia, insidiata forse dalla<br />

pressione esercitata dai Cartaginesi sul retroterra di Olbia e dallo stesso mancato<br />

appoggio alla sua sopravvivenza da parte dell’establishment romano, travolse<br />

forse anche la fortuna della dea Feronia in terra sarda.<br />

Negli anni delle guerre puniche, inframmezzati da continue rivolte delle popolazioni<br />

indigene, si preferì attingere ad un patrimonio religioso che veniva<br />

percepito da parte romana di sola matrice punica (non cogliendo probabilmente<br />

il carattere protosardo di alcune divinità e culti), adattandolo attraverso assimilazioni,<br />

interpretazioni in grado di essere recepite a livello locale. Un po’ come<br />

accadde anche in ambiti diversi come ad esempio per le strutture amministrative<br />

e di governo cittadino di derivazione punica, in particolare per la carica<br />

sufetale, sopravvissuta a Carales almeno sino alla prima metà del i secolo a.C.<br />

La seconda metà del i secolo a.C. e la prima età imperiale sembrano rappresentare<br />

un cambiamento di mentalità in termini di piena romanizzazione anche<br />

a livello religioso. Le antiche divinità puniche vengono sostituite dai loro corrispondenti<br />

romani, il contenuto religioso non pare più necessitare di mediazioni<br />

e il pantheon romano si afferma nell’isola nella sua forma autentica e autonoma.<br />

Ciò lo si riscontra principalmente in ambito cittadino e per attestazioni di devozione<br />

che riguardano la popolazione romanizzata o che sono pertinenti ai più<br />

importanti santuari dell’isola, il cui incremento venne favorito come elemento<br />

di coesione sociale dalla stessa autorità romana. Nelle aree interne della Barbaria,<br />

isolate dalle correnti di traffico commerciale, e toccate marginalmente dallo<br />

sviluppo economico e sociale, le popolazioni viceversa rimasero legate ad un filone<br />

religioso tradizionale arcaico, differente dalla “religione di stato” romana e<br />

maggiormente orientato verso una religiosità ed una superstizione popolari.<br />

Un esempio emblematico del nuovo corso è offerto ancora una volta dal dio<br />

Esculapio, ringraziato da un Lucio Cornelio Sylla, a scioglimento di un voto, in<br />

un’iscrizione incisa su una piccola ara proveniente dalle antiche Aquae Ypsitanae<br />

(Fordongianus). Nella dedica che risalirebbe all’età sillana, il dio guaritore è ormai<br />

l’Aesculapius romano, non più assimilato ad Asclepio e ad Eshmun Merre.<br />

Nella storia del famoso complesso termale attivo già in età tardo repubblicana<br />

e dell’edificio di culto annesso, nell’area delle sorgenti di Caddas, sulla sponda<br />

sinistra del Tirso, può leggersi in filigrana il percorso di una progressiva appro-<br />

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ix. La vita religiosa<br />

priazione politico-culturale che attraversa anche il fenomeno religioso, esprimendosi<br />

pienamente nel corso dell’epoca imperiale: oltre alla dedica di età sillana<br />

Aesculapius compare in associazione alle Nymphae Augustae in un’iscrizione<br />

di età imperiale. La devozione nei confronti della divinità salutifera si radicò<br />

nella Sardegna romana tra il I ed il ii secolo d.C. e ne abbiamo due attestazioni<br />

epigrafiche provenienti da Carales, la capitale della provincia, dove il culto di<br />

Esculapio pare essere collegato a quello imperiale. Entrambi i personaggi<br />

menzionati nelle due iscrizioni sono infatti sacerdoti di tale culto, l’uno con il<br />

ruolo di magister Augustalium (Lucius Iulius Mario), l’altra come flaminica perpetua;<br />

vi è poi da aggiungere che il dio nella dedica effettuata dal magister porta l’appellativo<br />

di Augusto (Aesculapius Augustus). Assai importante per la vita religiosa di<br />

Carales appare poi il fatto che nella città esistesse un intero quartiere (vicus) che<br />

prendeva il nome proprio da Esculapio associato a Marte (vicus Martis et Aesculapi),<br />

i cui residenti, dopo aver raccolto il denaro necessario, effettuarono una<br />

dedica alla flaminica Titia Flavia Blandina. È probabile che nel quartiere sorgessero<br />

i templi dedicati alle due divinità. Forse intitolato ad Esculapio era poi il<br />

tempio norense che sorgeva presso l’attuale Punta ’e Su Coloru: le quattro statuette<br />

di giovani offerenti e le due statuette in terracotta di giovani dormienti,<br />

uno dei quali avvolto nelle spire di un serpente, rinvenute in una stipe votiva,<br />

tra i resti del tempio, si riconnettono al culto di una divinità salutifera e nello<br />

specifico ad Esculapio. Da ultimo, tra le attestazioni del culto di Esculapio, vi è<br />

da citare il vasetto bronzeo con la scritta Aesculapi rinvenuto a Donigala.<br />

Per quanto riguarda il pantheon romano “tradizionale” sono abbastanza numerose<br />

le attestazioni dei culti, della devozione e della fortuna di alcune divinità<br />

nella Sardegna romana durante l’età imperiale. Si tratta di testimonianze di<br />

diversa natura; archeologiche, epigrafiche, topografiche, toponimiche, storicoletterarie.<br />

Il culto di Giove Capitolino (Iupiter Optimus Maximus) era sicuramente praticato<br />

nella Sardegna del i secolo d.C., non solo nelle colonie e nei municipi (ove<br />

sorgevano i capitolia) ma anche nei centri più piccoli, ad esempio nei pagi, una<br />

sorta di villaggi agricoli che costellavano l’entroterra delle città e che dipendevano<br />

a livello fiscale dai centri maggiori. Generalmente i pagi avevano una<br />

struttura amministrativa modellata su quella della città “capoluogo”, dei propri<br />

magistrati e una cassa cittadina (arca) alla quale attingevano in vista di spese da<br />

effettuare a favore della comunità. Da Las Plassas in Marmilla, area che anticamente<br />

faceva parte del territorio (pertica) della colonia Iulia Augusta Uselis (attuale<br />

Usellus) proviene un documento epigrafico che ricorda la costruzione di<br />

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