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Storia della Sardegna antica<br />

Sardus, figlio del libico Makeris nella tradizione mitografica sulle origini della<br />

Sardegna appare collegato al mito di Eracle padre dei Tespiadi arrivati nell’isola<br />

con Iolao: Sardus è rappresentato iconograficamente come un dio dalla<br />

testa barbata, con una corona piumata e un giavellotto sulle spalle, sul rovescio<br />

di monete che al dritto recano l’effigie di Marco Azio Balbo, avo materno di<br />

Ottaviano, che governò la Sardegna nell’età di Pompeo. Le monete vennero<br />

battute, dopo il 38 a.C., per ordine di Ottaviano, uscito vittorioso dallo scontro<br />

con Sesto Pompeo per il possesso sulla Sardegna, nella zecca di una città<br />

sarda (forse Carales, Sulci o Neapolis).<br />

Il Sardus Pater era dunque una divinità antica e tradizionale, quella del dio<br />

cacciatore, venerato dalle popolazioni nuragiche: dagli strati protostorici di<br />

Antas proviene una statuina bronzea raffigurante un individuo ignudo che impugna<br />

nella mano sinistra una lancia (ix-inizio viii secolo a.C.); essa secondo<br />

l’opinione degli studiosi potrebbe essere la più antica rappresentazione di Sardus<br />

Pater-Babai. Del resto analoghe raffigurazioni bronzee nuragiche, con l’elemento<br />

della lancia, provengono da altri siti quali ad esempio il pozzo sacro di<br />

Serra Niedda-Sorso. Il Sardus Pater sarebbe stato dunque l’antenato e fondatore<br />

della stirpe dei Sardi.<br />

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Figura 42: Moneta del Sardus Pater.<br />

ix. La vita religiosa<br />

D’altro canto nell’ambito della generale operazione di recupero antiquario<br />

effettuata da Augusto, la promozione del culto di Sardus Pater potrebbe trovare<br />

in aggiunta anche una seconda motivazione, oltre a quella di essere un culto antico,<br />

fortemente identitario e capace di favorire consenso. Come figlio di Makeris-Melqart-Ercole,<br />

il culto di Sardus Pater si riconnetteva, seppur indirettamente,<br />

all’antichissimo culto di Eracle-Melqart praticato presso l’Ara Maxima<br />

nel Foro Boario, l’area mercantile più antica della città di Roma. La fortuna di<br />

Sardus Pater si mantenne a lungo nella Sardegna romana se ancora nel iii secolo<br />

d.C., durante il principato di Caracalla, il tempio di Antas, in decadenza rispetto<br />

ai fasti dell’età augustea, fu fatto oggetto di un restauro conservativo, testimoniato<br />

da un’iscrizione incisa sull’epistilio dell’edificio.<br />

Collegato al culto del Sardus Pater è certamente quello di Ercole suo padre.<br />

Già profondamente radicato in Sardegna, prima dell’arrivo dei Romani, il culto<br />

di Ercole, l’Herakles dei Greci e il Melqart dei Cartaginesi, conobbe una straordinaria<br />

diffusione nella Sardegna romana. I templi dedicati al dio colonizzatore<br />

dell’Occidente dovevano sorgere, alle due estremità (settentrionale e meridionale)<br />

dell’isola e ciò evidenzia l’origine remota del culto legato ai traffici marittimi<br />

e alle rotte commerciali che dall’oriente greco toccavano l’isola: il toponimo<br />

Herculis insula testimoniato da Plinio il Vecchio per l’attuale isola dell’Asinara<br />

(ed anche per l’isola Piana) e ripreso da Tolomeo, Herakléous nésos (che però<br />

lo attribuisce alla sola isola dell’Asinara, denominando Diabate, isola di passaggio,<br />

l’isola Piana), indicano che lì doveva ergersi un santuario dedicato dai naviganti<br />

al dio Ercole; del resto nell’estrema punta meridionale della Sardegna Tolomeo<br />

segnalava la presenza di un Herculis portus, che è stato localizzato ad<br />

oriente di Bithia e di Nora, forse a Cala d’Ostia. Tutto il retroterra costiero dell’Herculis<br />

insula fino alla colonia di Turris Libisonis doveva poi essere influenzato<br />

da questo filone di religiosità pertinente ad Eracle se la stazione ad Herculem<br />

va localizzata, in base alle distanze dell’Itinerario Antoniniano, presso Stintino<br />

a 33 Km di distanza dall’antica Turris. Anche la moderna località di Cuili Erculi<br />

nel comune di Stintino, dove son visibili alcune sparse testimonianze archeologiche<br />

di quella che doveva essere una villa o un modesto vicus ruralis, perpetua<br />

nel tempo il nome del dio. Il geografo Stefano di Bisanzio dava poi notizia di<br />

una città nell’isola denominata Herakleia, collegandola al mito di Iolao e dei Tespiadi.<br />

Numerosi sono poi i monumenti che riportano al culto di Ercole in Sardegna:<br />

il tempio di Ercole-Melqart ad Olbia, sull’area della chiesa di San Paolo,<br />

dalla quale proviene una testa in terracotta di dimensioni naturali, simile a quella<br />

ritrovata nelle acque del Golfo di Olbia e databile al ii secolo a.C.<br />

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