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Storia della Sardegna antica<br />

morte di Nerone, il prefetto Fenio Rufo avrebbe condotto Pisone al campo<br />

dei pretoriani per essere acclamato imperatore. A tradire i congiurati fu uno<br />

schiavo, Milico, che informò il liberto Epafrodito: salvatosi dalla congiura,<br />

Nerone a sua volta costrinse molti congiurati a darsi la morte, tra essi Seneca<br />

e Vestino, il marito di Statilia Messalina, la futura terza moglie del principe. All’esilio,<br />

nelle isole dell’Egeo, furono poi condannati molti altri; in Sardegna fu<br />

inviato Rufrio Crispino, primo marito di Poppea, che pure non aveva partecipato<br />

alla congiura, ma era ugualmente odiato da Nerone; l’anno successivo fu<br />

poi costretto al suicidio. Terminata temporaneamente la meticolosa operazione<br />

di individuazione dei congiurati, il Senato decretò offerte ed azioni di grazie<br />

agli dei ed una cerimonia speciale in onore del Sole, cui era sacro un antico<br />

tempio nei pressi del Circo Massimo, il luogo dove si sarebbe dovuto perpetrare<br />

il delitto. Si decise anche di celebrare i giochi del circo in onore di Cerere<br />

con maggior numero di corse equestri e che il mese di aprile prendesse il<br />

nome di Neronio, quello di maggio di Claudio e quello di giugno di Germanico.<br />

Infine si decise la costruzione di un tempio alla dea Salus, alla Salvezza imperiale,<br />

pare in quel luogo nel quale i congiurati avevano tratto il pugnale con<br />

cui si sarebbe dovuto uccidere il principe. L’arma fu consacrata in Campidoglio<br />

a Giove Vendicatore. Il console designato Anicio Ceriale arrivò a proporre<br />

la costruzione a spese pubbliche di un tempio al divo Nerone: ma la proposta<br />

fu interpretata come di cattivo augurio.<br />

Secondo una recente ipotesi di Paola Ruggeri (si veda il paragrafo 3 del capitolo<br />

ix), fu forse costruita proprio in quell’occasione in Sardegna ad Olbia un’aedicula,<br />

un tempietto in onore di Cerere, voluto dalla liberta Atte, per ringraziare la<br />

dea della salvezza di Nerone e della scoperta della congiura, che si sarebbe dovuta<br />

concludere con la morte del principe in occasione dei ludi Ceriales: ci è conservata<br />

la parte destra dell’architrave in granito del tempietto, trasferita in età<br />

medievale a Pisa ed attualmente visibile nel Camposanto Monumentale: in essa<br />

Claudia Atte compare come la dedicante.<br />

Sono rimaste molte altre testimonianze della presenza ad Olbia di Atte, forse<br />

per tutta la durata del matrimonio di Nerone con Poppea: tra esse i numerosi<br />

bolli sull’instrumentum domesticum (soprattutto mattoni, tegole e lucerne) che documentano<br />

l’attività delle officine di Atte nei latifondi di Olbia donati da Nerone.<br />

Ma di notevole interesse è anche il ritratto del giovane Nerone, erroneamente<br />

attribuito in passato a Druso Minore, che proviene probabilmente dal foro<br />

della città romana: è una testimonianza preziosa del ricordo del quinquennium felix<br />

ispirato da Seneca, il protettore di Atte.<br />

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iv. Roma in Sardegna: l’età imperiale<br />

Del resto ad Olbia sono ricordati molti Tiberii Claudii, liberti di Nerone oppure<br />

della sua concubina, schiavi di origine orientale poi liberati: per esempio Tiberius<br />

Claudius Actes libertus Acrabas, marito di Hospita oppure Tiberius Claudius<br />

Actes libertus Euthychus, esecutore testamentario di un decurione della coorte dei<br />

Liguri; a Nerone e ad Atte va collegata Claudia Aug(usti) l(iberta) Pythias Acteniana,<br />

ricordata ad Olbia sull’urna cineraria della figlia Claudia Calliste. Pare sia da<br />

considerare di origine olbiense anche Tiberius Claudius Actes libertus Herma, ricordato<br />

assieme a Claudia Ianuaria su una tabella funeraria dedicata alla memoria<br />

di Tiberius Claudius Spuri filius Gemellus di sicura origine sarda ma trasferita<br />

Figura 15: Urna cineraria di Claudia Calliste; Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.<br />

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