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Storia della Sardegna antica<br />
dunque solo un piccolo contingente militare destinato alla normale amministrazione.<br />
Quest’organizzazione, nata probabilmente nel clima di ottimismo<br />
posteriore alla fine delle guerre civili e non per obiettive valutazioni strategiche,<br />
non si mantenne a lungo: Dione Cassio infatti, nel 6 d.C. ricorda in Sardegna<br />
delle reiterate azioni di lestài (predoni), tanto gravi da costringere forse per tre<br />
anni ad inviare nell’isola dei soldati (stratiòtai) non meglio identificati, al comando<br />
di ufficiali di rango equestre (stratiàrchai hippéis). Nel 13-14 d.C. un miliario<br />
rinvenuto sulla strada che da Ad Medias-Abbasanta portava ad Austis (ai confini<br />
della Barbaria), ricorda il prolegato Tito Pompeo Proculo, un cavaliere con<br />
funzioni di legatus, l’ufficiale di rango senatorio che durante il principato, per<br />
conto dell’imperatore, normalmente guidava le truppe legionarie. A questi fatti<br />
d’arme Piero Meloni ritiene di poter associare un passo del geografo Strabone: i<br />
Sardi delle montagne razziavano le fertili pianure dell’isola e depredavano le navi<br />
che nel Tirreno facevano spola fra la Sardegna e la penisola italica; per contrastarli<br />
sarebbero stati inviati degli strategòi (generali): i militari non avrebbero costruito<br />
fortificazioni permanenti e avrebbero basato la propria strategia su rapide<br />
incursioni nei villaggi indigeni, tese a disperdere e demoralizzare i Sardi e a<br />
catturare dei prigionieri. Il confronto fra le notizie di Tacito, Flavio Giuseppe e<br />
Svetonio permetterebbe, infine, di supporre che nel 19 d.C. 4000 liberti o figli di<br />
liberti, legati alla religione giudaica ed egiziana, espulsi da Roma, furono arruolati<br />
nell’esercito ed inviati in Sardegna anch’essi coercendis illic latrociniis.<br />
Per Yann Le Bohec questi episodi non hanno fra loro alcuna relazione e provano<br />
soltanto la presenza nell’isola di forti contingenti militari (ausiliari o meno<br />
probabilmente legionari), al comando di equestri. Piero Meloni e Gabriele Marasco,<br />
al contrario, ritengono che la sequenza dei fatti rappresenti l’evolversi di<br />
un’ininterrotta rivolta indigena, la quale costrinse a sottrarre de facto la provincia<br />
ai proconsoli e ad affidarla a cavalieri (prolegati = stratiàrchai = strategòi) scelti direttamente<br />
dal princeps; questi ufficiali avrebbero guidato dei distaccamenti (vexillationes)<br />
legionari, pensiamo distratti dalle vicine province imperiali per rafforzare<br />
lo scarso contingente locale; dopo tredici anni, mutate anche le condizioni<br />
politiche ed economiche dell’impero, i legionari sarebbero stati sostituiti<br />
da un pari numero di Ebrei ed altri gentiles. In ogni caso il controllo della Sardegna<br />
fu ristabilito alcuni anni dopo, quando le civitates (popolazioni) della Barbaria<br />
posero una dedica forse a Tiberio presso il santuario delle Aquae Ypsitanae<br />
(Fordongianus), formale atto di sottomissione a Roma da parte di alcune tribù<br />
dell’interno. L’isola fu sottratta de iure al controllo del Senato e probabilmente in<br />
quest’occasione fu separata dall’amministrazione della Corsica.<br />
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viii. L’esercito e la flotta<br />
Non sappiamo nulla della sorte dell’unità tattica degli Ebrei, di poco inferiore<br />
negli effettivi ad una legione: nell’anno 31 d’altronde l’imperatore permise agli<br />
adepti della religione giudaica di rientrare a Roma. Le iscrizioni attestano, invece,<br />
che la provincia era controllata esclusivamente da reparti ausiliari, organizzati<br />
solo in cohortes quingenariae peditatae o equitatae. Entrambe comandate da prefetti<br />
equestri, le peditatae erano unità di fanteria di circa 500 uomini ciascuna, composte<br />
da 6 centurie, ognuna delle quali guidate da un centurione, mentre nelle equitatae<br />
alle centurie si affiancavano 3 turmae di cavalieri, ciascuna guidata da un decurione,<br />
per un totale di 120 soldati. Le coorti furono inizialmente composte da<br />
milites non dotati di cittadinanza romana, arruolati in regioni anche distanti dalla<br />
Sardegna ma affini dal punto di vista climatico e geomorfologico; solo in un<br />
secondo momento, alla fine del i secolo, nelle coorti furono arruolati anche dei<br />
cives Romani, spesso originari della stessa provincia in cui operava il reparto.<br />
Una delle formazioni più antiche ricordata dalle fonti epigrafiche è la cohors I<br />
(?) Corsorum guidata dal prefetto Sesto Giulio Rufo, vissuto fra il principato di<br />
Augusto e quello di Tiberio. Rufo, che era stato anche praefectus civitatum Barbariae<br />
in Sardinia (incaricato di fare da tramite fra governo centrale e i popoli della<br />
Barbaria che riconoscevano l’autorità di Roma), risiedeva in un accampamento<br />
costruito forse nei pressi delle stesse Aquae Ypsitanae; il suo reparto era composto<br />
da Corsi, da intendersi come soldati originari della Corsica o di quella Sardegna<br />
settentrionale abitata dal celeberrimus populus dei Corsi (odierna Gallura).<br />
Nello stesso periodo e con compiti analoghi operava nell’isola la cohors VII (?)<br />
Lusitanorum (originariamente composta da Lusitani, gli abitanti dell’attuale Portogallo),<br />
ricordata ad Austis, sui monti del Gennargentu, con Isasus Niclinus, figlio<br />
di Chilo, un tubicen (trombettiere), forse un veterano. La coorte, della quale<br />
non è stato localizzato l’accampamento, fu trasferita già nella seconda metà del<br />
i secolo nella Numidia Cirtense (odierna Algeria), dove troviamo un decurione<br />
arruolato in Sardegna, ed in seguito operò in Numidia Militiana durante il ii secolo<br />
fra Mascula e Lambaesis.<br />
Ben più cospicua la documentazione della Cohors III Aquitanorum equitata, arruolata<br />
inizialmente nell’Aquitania atlantica e nelle regioni limitrofe, un dato<br />
confermato dall’onomastica celtica dei soldati deceduti in Sardegna. Le iscrizioni<br />
ricordano un Rufus Valentinus (originario di Valentia-Nuragus in Sardegna<br />
o più probabilmente di Valentia-Valenza in Spagna o di Valentia-Valence nella<br />
Gallia Narbonense), figlio di Tabusus; un Decumus Cniensis (nato a Clunium in<br />
Corsica o a Clunia nell’Ispania Tarraconense), figlio di Cirnetus; un [O]rcoeta,<br />
[B]ihonis (?) f(ilius), appartenente ai Convenae, tribù stanziata tra la valle dell’Alta<br />
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