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Storia della Sardegna antica<br />
ciali, secondo un itinerario ben conosciuto in Africa in epoca di poco precedente<br />
(con Traiano). Il titolo originario del sacerdote provinciale in Sardegna è<br />
infatti quello di flamen provinciae, che è documentato a Bosa in un’iscrizione che<br />
risale probabilmente al principato di Adriano: una rilettura del documento ha<br />
consentito di ipotizzare che a livello cittadino dovevano operare a partire dall’età<br />
di Adriano (che il 21 aprile 121 d.C. istituì il natale di Roma) alcuni sacerdoti<br />
addetti al culto di Roma Eterna, [---sacerd(os)] urb(is) Rom(ae), uno dei quali,<br />
divenuto flamine provinciale, dopo l’anno trascorso nella capitale, sarebbe stato<br />
inserito all’interno del consiglio municipale di Carales, probabilmente una<br />
volta acquisito il parere favorevole del concilio provinciale: fl(a)m[(en) prov(inciae)<br />
Sard(iniae) ad[le]c[t]u[s ab] splendidiss(imo) [o]rd(ine) Ka[ralit]ano[rum]. Che tale<br />
inserimento sia stato sostenuto dall’entusiasmo dei suoi concittadini sembra<br />
dimostrato dalla probabile integrazione delle ll. 4-5: s[t]udiis [populi ex consensu<br />
prov(inciae) Sard(iniae)?---].<br />
Il parere favorevole del concilio provinciale era sicuramente necessario, se<br />
un’iscrizione caralitana ricorda un perpetuus flamen divor(um) Aug(ustorum) ex consensu<br />
provinc(iae): la titolatura è certamente inusuale, per cui potrebbe accogliersi<br />
l’emendamento di Raimondo Zucca, che propone di intendere [flamen?] perpetuus,<br />
flamen divor(um) Aug(ustorum) ex consensu provinc(iae). Già Silvio Panciera aveva<br />
connesso quest’ultimo sacerdozio con una funzione provinciale, anche se il<br />
personaggio pare aver rivestito soprattutto incarichi cittadini, dato che è stato a<br />
Carales quattuorviro quinquennale e pontif(ex) sa[cror(um)]. Del resto di solito il<br />
consensus provinciae potrebbe non riguardare la nomina a flamine – come sembrerebbe<br />
di intendere da una lettura rapida del testo – ma un giudizio successivo<br />
all’uscita di carica, che poteva consentire l’ingresso nell’ordo della capitale:<br />
però nel nostro caso rimane per intero la difficoltà (che onestamente non saprei<br />
come superare), dal momento che Quinto Gabinio Recepto, figlio di Aulo,<br />
iscritto alla tribù Quirina, sembra un caralitano, che dunque già faceva parte<br />
dell’ordo di Carales, ben prima della nomina a flamine. Un suo fratello, anch’egli<br />
quattuorviro giurisdicente, sembra aver percorso una carriera analoga, se è stato<br />
[flamen? perp(etuus)], fl[amen divor(um) Aug(ustorum)], anche se l’iscrizione, molto<br />
frammentaria, ha suscitato non poche perplessità tra gli studiosi: non può<br />
escludersi in questo caso che anche il secondo flaminato possa essere semplicemente<br />
un sacerdozio cittadino, interno al municipio di Carales.<br />
Sicuramente dopo l’età di Adriano, dunque con qualche ritardo rispetto al<br />
Nord Africa (dove la riforma è documentata fin dall’età di Traiano), in Sardegna<br />
il titolo di flamen fu abbandonato e sostituito da quello di sacerdos provinciae,<br />
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ix. La vita religiosa<br />
considerato più prestigioso; per gli ex sacerdoti il titolo è regolarmente quello<br />
di sacerdotalis. Il caso più rilevante, che documenta la nuova organizzazione provinciale<br />
del culto imperiale, è quello della base onoraria di Cornus, datata con<br />
anno consolare nel corso del iii secolo, che ricorda un cavaliere ex sacerdote<br />
provinciale (forse Marco Cominio Crescente) che è stato cooptato all’interno<br />
del consiglio municipale di Carales, con tutta probabilità con lo stesso rango<br />
dei IVviri iure dicundo: sac[er]d(otalis) (oppure, più difficilmente, sac[er]d(os))<br />
prov(inciae) Sard(iniae), adlec[tus] ab splendidissimo ordin(e) [Ka]ral(itanorum) ex consensu<br />
prov(inciae) Sar[d(iniae)]. Il Fishwick, che pensa che l’iscrizione vada datata all’anno<br />
successivo all’esercizio del sacerdozio, esclude decisamente che l’adlectio<br />
riguardi la nomina a sacerdote provinciale, vista la specifica competenza del<br />
concilio provinciale in questo campo: il concilio doveva procedere alla nomina<br />
del sacerdos provinciae attraverso i legati dei municipi e delle colonie dell’isola,<br />
senza interferenze da parte del senato cittadino della capitale. Egli esclude anche<br />
l’ipotesi che il concilio provinciale abbia autorizzato il consiglio municipale<br />
di Carales a nominare Marco Cominio sacerdotalis, cioè ad ammetterlo tra gli<br />
ex sacerdoti della provincia; viceversa pensa che il cavaliere in esame, che già<br />
faceva parte dell’ordo di Cornus (la sua patria) e che era uno dei componenti del<br />
concilio provinciale (provincia), abbia partecipato alle riunioni del consiglio municipale<br />
di Carales (la capitale della provincia) nel corso dell’anno in cui ha<br />
svolto le funzioni di sacerdote provinciale, forse organizzando ludi e finanziando<br />
un munus; successivamente, uscito di carica, è stato definitivamente ammesso<br />
al vertice del consiglio di Carales, grazie ad una specifica autorizzazione del<br />
concilio provinciale. Secondo Raimondo Zucca, in precedenza il personaggio<br />
sarebbe stato più che IIv(ir) della colonia, [fla]men civitatis Cornen(sium).<br />
Ad un periodo di tempo abbastanza vicino sembra vada riferito il caso di un<br />
altro cavaliere, il sulcitano Lucio Cornelio Marcello, che conosciamo grazie ad<br />
una dedica effettuata dai Sulcitani ob merita [e]ius in re publica, in relazione ad una<br />
specifica disposizione testamentaria, che appare inserito nelle cinque decurie<br />
dei giudici e cooptato nel collegio degli ex sacerdoti provinciali: cooptatus et adlectus<br />
in quinque decurias et inter sa[c]erdotales prov(inciae) Sard(iniae). L’espressione, abbastanza<br />
riassuntiva, potrebbe anche essere spezzata in due parti, riferendo la<br />
cooptatio e l’adlectio alle sole cinque decurie, mentre a titolo di onore si ricorderebbe<br />
che il personaggio era stato inserito nel collegio degli ex sacerdoti provinciali,<br />
come se quest’ammissione potesse non essere automatica (e dunque,<br />
mi permetto di aggiungere, come se fosse necessario anche in questo caso il<br />
consensus provinciae, dunque il decreto del concilio provinciale, che poteva evi-<br />
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