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novembre / dicembre 2011 – la Biblioteca di via Senato Milano 7Da sinistra: frontespizio della Rettorica, et Poetica d’Aristotile nella traduzione del fiorentino Bernardo Segni (Firenze,Lorenzo Torrentino, 1549); frontespizio della prima edizione de Il forno, overo della nobiltà dialogo di M. Torquato Tasso(Vicenza, Perin & Giorgio Greco, 1581)vita che pulsa al di fuori della sua piccola biblioteca, ovverodel suo mondo conchiuso in se stesso. Fingendo di seguirel’Anonimo, Manzoni si dilunga nel descrivere i libriposseduti da don Ferrante, usando toni di grande elogionei confronti di testi e autori dei quali presto il tempoavrebbe poi cancellato ogni ricordo.A quasi duecento anni di distanza si può ora renderegiustizia a don Ferrante e alla sua piccola biblioteca. Queitrecento volumi, che oggi nessuno come già Manzoniporrebbe più come pietre miliari nello sviluppo dello scibileumano, rappresentano però il compendio di quell’importantissimomomento storico che si pone fra la finedi un Rinascimento ormai tardo e l’inizio dell’epoca modernagià proiettata al contemporaneo. Ovvero al terminedell’esperienza degli Stati regionali e alla nascita degliStati nazionali. Ovvero alla lenta agonia della dimensionespeculativa e all’aurora del freddo pensiero scientifico.Guardare alla biblioteca di don Ferrante significagettare un ultimo sguardo, necessariamente intriso di pietas,a un mondo che se ne sta andando, corroso al suo internodalla peste e attaccato al suo esterno dai moti di Milano(prodromi di ben altri moti e rivoluzioni). Un mondod’utopia fatto di scienze cavalleresche e arti della politica,di astrologia ed esoterismo, di ricerca del significatometaforico nascosto e del bello come buono in sé.Seppure narrata solo sulla carta, ci è possibile guardaree toccare una vera raccolta di don Ferrante. Moltidegli autori e dei testi citati da Manzoni si conservano