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LE COPERTINE CHE HANNO FATTO LA STORIA<br />
Herbie Hancock<br />
MR. HANDS<br />
Columbia (1980)<br />
Design e artwork: Frank Van Dijk<br />
Illustrazione: Jane R. Wattenberg<br />
L’illustrazione di questa copertina<br />
è di rara bellezza. All’interno<br />
di una cornice bianca e rossa due<br />
braccia spuntano dalla linea di<br />
orizzonte di un mare grigio, calmo,<br />
e si innalzano verso il cielo<br />
azzurro, macchiato appena da<br />
qualche nuvola impercettibile. Altre due braccia, più piccole e più in<br />
basso nella foto, accarezzano due bellissimi fenicotteri – per quanto<br />
sia strano che si trovino nel mare visto che il normale habitat di questo<br />
uccello sono acque basse e salmastre – che sembrano amoreggiare,<br />
forse si baciano. L’immagine unisce l’uomo e gli animali attraverso le<br />
mani (che si tratti di un accenno al titolo, “Mr. Hands”?). Una copertina<br />
evocativa quanto eterea, con un forte richiamo alla natura, che<br />
soprattutto ben sottolinea l’ecletticità di questo album la cui musica<br />
sembra volare liberamente.<br />
Antonio Carlos Jobim<br />
TERRA BRASILIS<br />
Warner (1980)<br />
Design: Paulo Jobim<br />
È proprio il figlio di Antonio Carlos<br />
Jobim a disegnare lo sfondo di<br />
copertina di questo doppio album<br />
dell’artista brasiliano. E lo fa con colori<br />
tenui che ben sottolineano la<br />
sensibilità della musica di Jobim.<br />
Un mondo visto dall’alto, l’acqua<br />
che fa da contorno, e una serie di animali (un uccello in volo, un serpente,<br />
un pappagallo...) che spuntano dalla crosta terrestre, dalla terra<br />
del Brasile, che sembrerebbe quasi un meraviglioso giardino dell’Eden.<br />
L’elegante immagine fa da cornice alla foto del cantautore che, con lo<br />
sguardo rivolto verso il basso, sembra riflessivo, malinconico. Non si tratta<br />
dell’unica copertina che Paulo Jobim ha realizzato. Il musicista (Paulo<br />
ha collaborato con Milton Nascimento, Sarah Vaughan e Morelenbaum<br />
& Ryuichi Sakamoto) è anche autore della copertina interna di Matita<br />
Perê, album di Antonio uscito nel 1973.<br />
Tom Scott<br />
APPLE JUICE<br />
Sony (1981)<br />
Foto: P.Cunningham<br />
Design: Tony Lane e Noboru Tarui<br />
Cover Art: Steve Carver<br />
Il gioco di luci di questa immagine crea un piacevole effetto. Steve Carver<br />
realizza un’illustrazione molto fantasiosa: un uomo con la testa di mela sta<br />
suonando il sassofono nel bel mezzo di una metropoli, che potrebbe essere<br />
New York – la Grande Mela, tanto per sottolineare il titolo dell’album. “Apple<br />
Juice” vuol dire “succo di mela” e sembra indicare in questo disegno il succo,<br />
ovvero il suono che esce dallo strumento del musicista. Ma è il gioco di luci menzionato prima che rivela una<br />
vera “chicca”. Il musicista è illuminato da una occhio di bue, o forse da uno di quei riflettori enormi usati dalla<br />
polizia per identificare i criminali nella notte. Per quanto possa sembrare giorno nel cerchio illuminato, infatti,<br />
tutto intorno la città è al buio, ed è come se con questa copertina Tom Scott volesse lasciar intendere che la sua<br />
musica è capace di illuminare anche la notte più scura.<br />
Joe Jackson<br />
NIGHT AND DAY<br />
A&M (1982)<br />
Direzione artistica: Joe Jackson<br />
Design: Philip Burke<br />
Il titolo non è certamente casuale: Night And Day. Quelle notti e giorni che<br />
i grandi cantautori e jazzisti utilizzavano per comporre gli standard, come<br />
Cole Porter, George Gerswhin, ecc. (non è neanche casuale il fatto che Night<br />
And Day sia anche una celebre canzone di Cole Porter portata al successo più<br />
volte da svariati artisti). Dunque la copertina doveva dare l’idea di notti e giorni passati a comporre... Ed è quello<br />
che fa: fine ed elegante – in quanto basta uno scorcio della Manhattan notturna di Jackson, nell’angolo in alto<br />
a sinistra – la copertina mostra il cantautore, accennato appena con uno “schizzo” di china, al pianoforte, con la<br />
testa appoggiata a una mano, come a cercare l’ispirazione, e dei fogli in parte scritti, di fronte a lui. La semplicità,<br />
a volte, risolve la questione, spesso amletica, su come azzeccare l’idea giusta per l’album giusto. Jackson “dirige”<br />
ideando il tutto, e Burke supervisiona. Il risultato è perfetto.<br />
Jeff Beck’s<br />
GUITAR SHOP<br />
Epic (1989)<br />
Direzione artistica: David Coleman<br />
Illustrazione: Mark Ryden<br />
Una copertina davvero straordinaria. L’illustrazione di Mark Ryden<br />
mostra il garage di un meccanico atipico, che ripara esclusivamente le<br />
famose chitarre Fender Stratocaster (la marca preferita da Jeff Beck, per<br />
l’appunto). Il “negozio di chitarre di Jeff Beck” – al quale si rifà il titolo – è<br />
dunque un posto dove le chitarre si creano e si riparano. Un meccanico, o meglio liutaio, è intento ad<br />
avvitare un sensore del magnete del suono che produce la chitarra elettrica. Un camion, parcheggiato<br />
fuori dal negozio, trasporta un’altra chitarra. Tutti gli strumenti illustrati, gli amplificatori situati contro il<br />
muro dell’officina, i plettri e i vari pezzi per la chitarra sono in formato gigante. Una “chicca” per tutti gli<br />
amanti della chitarra elettrica ma ancor di più per Jeff Beck, che deve aver avuto più di un’“ingerenza”<br />
nell’ideazione della geniale copertina di questo album fatto insieme a Terry Bozzio e Tony Hymas.<br />
<strong>SUONO</strong> novembre 2016 113