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mo in via Napoli” ha detto Mariolino “che non c’è la pula,<br />

e siamo tranquilli, e ti posso spaccare il culo come si deve”<br />

e, seguiti da un codazzo di magnaccia e spaccamontagne<br />

curiosi, hanno raggiunto via Napoli. Se non glielo tolgono<br />

dalle mani, a Mariolino, quel tale, ci lascia la pelle sotto<br />

due mani che sembrano pietre e che non hanno paura dei<br />

coltelli come non hanno paura dei fantasmi.<br />

La sera, del combattimento per il titolo, al palazzetto<br />

dello Sport di Cagliari, c’erano cinquemila persone – non<br />

per Marcello e Mariolino, dilettanti, di contorno – ma per<br />

l’europeo-professionisti dei gallo, dove combatteva Piero<br />

Rollo, eroe popolare, che quella volta le ha prese, mi pare,<br />

da un francese nero come l’africa.<br />

Il primo round Marcello si è tenuto fuori tiro con calma<br />

e eleganza: il pubblico accompagnava le sue finte con applausi<br />

convinti. Il secondo, Marcello si è portato più sotto,<br />

e ha colpito. Ma gli applausi per la delizia di quel muoversi<br />

di mani hanno spaventato Mariolino quanto le conseguenze<br />

delle botte incassate: praticamente zero.<br />

Il terzo round è stato massacro. Mariolino ha picchiato<br />

sul viso grassotto e pacioso di Marcello fino a farlo diventare<br />

un’affiche di propaganda contro la guerra: “così la<br />

guerra riduce gli essere umani”: con le labbra che da due<br />

diventano quattro; con gli occhi colore della notte che si<br />

mescolano alle guance e al sangue che ha preso il posto<br />

del naso, col naso perduto chissà dove, fra brandelli nerastri<br />

di pelle sfatta.<br />

Non è caduto, Marcello, e non si è piegato sulle ginocchia.<br />

Se non sapeva darle, sapeva però prenderle: incassa-<br />

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va i cazzotti come fossero caramelle, e soltanto la sua danza<br />

pareva appesantita. Avrebbe proseguito fino alla fine,<br />

senza cadere, con quella struttura da uomo di ferro, se<br />

non fosse intervenuto un arbitro benevolo a decretare il<br />

knock-out tecnico. “Questo ragazzo non vede più un cazzo”<br />

ha detto a Perria “ha sangue dappertutto, fino agli occhi.<br />

Lo mandiamo a casa.”<br />

Dopo questa dura, dura lezione, Tonino Perria ha perduto<br />

le speranze “ma è un peccato” ha detto a Lillino<br />

“perché, se volesse, sarebbe un dio” e Marcello – che evidentemente<br />

non voleva – ha chiuso con la carriera agonistica,<br />

e se n’è tornato alla bottega paterna, a scaricare casse<br />

di formaggio, come niente fosse.<br />

Viveva i suoi sedici anni circondato dal rispetto generale:<br />

aveva smesso di boxare, ma la faccia sfigurata, e il ricordo<br />

delle tante vittorie, formavano come uno scudo fra<br />

lui e gli altri; lo si trattava coi guanti; ogni sua richiesta di<br />

favore era quasi un ordine, per chiunque... non si sa mai<br />

che decida di mollarmi una manata.<br />

È stata grande quindi, anni dopo, la sorpresa dei rispettosi<br />

concittadini quando il diciannovenne Marcello è apparso<br />

sulle pagine di cronaca nera del quotidiano cagliaritano:<br />

l’avevano preso mentre tentava di carezzare le cosce<br />

e il cazzo di un biondino, in un cinema del centro. Il biondino<br />

aveva urlato: le luci si erano accese in un attimo, e i<br />

numerosi spettatori di “Lucy a gambe aperte” avevano visto<br />

le maschere che fermavano – leggermente impaurite,<br />

invero – quell’omaccione dall’aspetto tutt’altro che equivoco,<br />

che si è lasciato condurre pacificamente in questu-<br />

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