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zetta, circondati da una discreta e rumoreggiante folla in<br />

canottiera, mutande e reggiseni, affogata dal sole.<br />

Il magnaccia aveva un coltello in mano – tipo pattada,<br />

con manico d’osso bianco e lama affilata dall’arrotino – e<br />

Luigino aveva se stesso per compagno.<br />

Si sono guardati senza simpatia per qualche secondo,<br />

studiandosi. Poi Luigino è partito come per mollare un<br />

cazzotto e, mentre l’altro si spostava agitando il coltello,<br />

ha dato un balzo: è piombato con la fronte proprio sul<br />

setto nasale del nemico. Spaccato con un colpo solo. Il<br />

perdente ha ripreso il sonno, Luigino ha completato il lavoro<br />

con un bel po’ di calci sui fianchi.<br />

Quel colpo di testa, veloce, inatteso, folgorante, sarebbe<br />

diventato il simbolo, lo stemma araldico, il vanto esistenziale<br />

di Luigino, che da lì ha tratto il suo vero e definitivo<br />

cognome, rinnegando la famiglia di debosciati.<br />

Ora era Luigino Testadiferro.<br />

L’eroe, abbandonato nella piazzetta il nemico distrutto,<br />

ha occupato la casa: quattro metri per quattro, dentro una<br />

grotta, separati dal resto del mondo da pareti di scatole di<br />

lavatrici. Nella casa c’era un materasso, un armadio di legno<br />

laccato, a tre ante, una cassettiera, una scatola di latta<br />

che un tempo aveva contenuto biscotti per bambini ed<br />

ora era gonfia di biglietti da mille e di coltelli – di pattada,<br />

ma anche a scatto, di quelli che nel buio della notte vedi<br />

un brillare improvviso dove prima c’era soltanto una mano<br />

scura – e una puttana ossigenata e addormentata, di circa<br />

diciotto anni, che pareva ne avesse trenta, e si chiamava<br />

Luisa nonsocosa – meglio conosciuta come Katiuscia.<br />

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Nessuno degli occupanti della stanza ha fatto fatica ad<br />

accogliere il nuovo padrone.<br />

Il maschio che si era beccato la prima memorabile testata<br />

di Luigino, è tornato qualche notte dopo: è entrato<br />

nella grotta con due compari, leggermente ubriaco, e urlante;<br />

“vieni fuori, finocchio” ha detto, o qualcosa di simile.<br />

La puttana ossigenata ha risposto: “che cazzo vuoi, chi<br />

cazzo sei, cosa cazzo ci fai in casa mia” e altre cose del<br />

genere, soprattutto perché bruscamente svegliata dal<br />

sonno.<br />

Ma Luigino non c’era: dormiva all’aperto, per prudenza,<br />

aspettandosi un assalto di quel genere. È apparso subito<br />

alle spalle degli invasori, questa volta armato come si<br />

deve, e ben sveglio e assolutamente lucido di cervello: li<br />

ha fatti fuori con ben assestate piedate al basso ventre e al<br />

viso, e ha compiuto l’opera, ancora sul naso del magnaccia,<br />

con un’altra straordinaria testata. Mentre quello era a<br />

terra, e gli amici avevano levato velocemente le tende,<br />

Luigino si è chinato sul viso nemico: ha aperto sulla guancia<br />

destra del maschio vinto una squarcio lungo due centimetri,<br />

con un solo colpetto di coltello, in modo che l’uomo<br />

portasse buona memoria dei fatti accaduti, e si astenesse<br />

da nuove riapparizioni.<br />

Il tizio, da allora, è sparito del tutto. Pare abbia trovato<br />

un’altra fanciulla in grado di mantenerlo, e con quella<br />

si sia trasferito a Sassari, dove la sua cicatrice avrebbe un<br />

certo effetto intimidatorio su eventuali clienti malpagatori.<br />

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