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Marcello. Si stringeva a Nanette, sullo stesso letto – perché<br />

Nanette l’ha amato quasi subito – e sognava, tiepidi e<br />

delicati sogni da ventenne che non racconta niente a nessuno<br />

perché non sa che esiste l’attività della confessione.<br />

Poi il tempo passa, i giorni consumano le novità, anche<br />

le più belle, e subentra l’assuefazione, la stanchezza, e il<br />

bisogno di cambiare: e Marcello non aveva più voglia di<br />

sentirsi rifiutato da uomini che avrebbe amato tanto, ma<br />

tanto volentieri, e la solidarietà di Nanette non gli bastava<br />

più, e i soldi dei colpetti non bastavano più all’eroina –<br />

che era diventata uno schizzo ogni quattro ore, e non più<br />

per star bene, ma soltanto per non stare da cani – e in conclusione<br />

è arrivata una brutta epatite virale che ha chiuso<br />

tutto un periodo che aveva dato a Marcello qualche gioia<br />

e molti dolori.<br />

In ospedale, mentre gli aggiustavano il fegato e lo disintossicavano,<br />

ha avuto modo di pensare alla sua vita. Non<br />

aveva nient’altro da fare.<br />

E così, una volta uscito, corre a casa, trova duecentomila<br />

lire che Nanette teneva di riserva per i momenti difficili,<br />

scrive un accorato biglietto di scuse e d’addio, e prima<br />

che l’amico si faccia vivo, fugge.<br />

Si imbarca, quella stessa sera, sulla nave per la Tunisia.<br />

Poi prosegue, su un vecchio treno che si ferma a ogni pisciata<br />

di cammello, per il Marocco.<br />

Scende a Tetouan. Si infila in un intrico di stradette. E in<br />

quell’intrico di stradette, nel souk di Tetouan, sta, per un<br />

anno. Diventa l’attrazione del locale di ma’ Hasbesh –<br />

una vecchia strega nera di età indefinita, ch’è stata, in gio-<br />

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ventù, floridissima e ricercata puttana, la cui nomea ha superato<br />

il mare coi carghi della Legione che fuggivano l’algeria,<br />

e che ora gestisce una casa da the, animata dalla presenza<br />

di tanti giovani bianchi di mezzo mondo che passano<br />

a Tetouan per caso, e finiscono per fermarcisi – chi per<br />

un giorno, chi per sempre. Serviva the alla menta, ma’ Hasbesh,<br />

e pezzetti di montone arrostiti sul fuoco e coperti<br />

di fuliggine, e bicchieri di bianco e pesante vino di Marocco,<br />

ai giovani bianchi che fumavano ottimo kif e stralunato<br />

hashish di Ketama, e imbastivano affari di carichi e scarichi<br />

di sostanze allucinogene, e ai giovani neri che si rotolavano<br />

in certe piccole stanzette luride piene di mosche<br />

assieme alle bambine di ma’ Hasbesh. Marcello, coi suoi<br />

muscoli, il viso sfigurato da pugile, le mani forti, la dolcezza<br />

da eroinomane, diventa una attrazione per tutto il<br />

souk. Persino il vecchio Ibrahim, vecchio brigante, algerino<br />

pazzo che dopo aver combattuto contro i francesi – e<br />

quanti ne uccise, quanti ne seviziò – aveva scoperto che al<br />

socialismo di Ben Bella preferiva le mollezze del souk e<br />

l’arte del furto e dello stupro, persino il vecchio Ibrahim<br />

decide di andare a conoscere questo straordinario uomoputtana<br />

di cui tutta Tetouan parla. È tanto soddisfatto<br />

Ibrahim, dopo l’incontro, che decide di visitare i paesi<br />

dell’uomo bianco odiato, prima che giunga la morte.<br />

Per un anno Marcello è compagno di letto di giovani e<br />

vecchi marocchini per niente spaventati dalla sua mole o<br />

dalla faccia pestata; per un anno regala a ma’ Hasbesh la<br />

metà dei suoi ingenti guadagni di uomo puttana, e spende<br />

l’altra metà nella bottega di ma’ Hasbesh, per acquistare<br />

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