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La stanzetta del Mendicante è stata ripassata, da cima<br />
a fondo: un letto, una sedia, un baule semivuoto. Nient’altro.<br />
Pareva la cella di un monaco: sulla parete, una vecchia<br />
madonna appesa, di gesso bianco.<br />
Quel giorno, Annalena si è fermata, sul solito gradino,<br />
colla moneta calda nella mano.<br />
Ha sostato, come immersa in un pensiero, in un sogno,<br />
per un lungo minuto.<br />
Si è voltata su se stessa, e si è arrampicata verso casa.<br />
Non è entrata, a Sant’Antonio.<br />
Da quel giorno, non è più uscita di casa.<br />
Ha preso l’abitudine, per le spese, di chiamare un ragazzino<br />
del vicinato.<br />
Lo chiamava dalla finestra. Gli gettava giù l’elenco.<br />
Quello si arrampicava sulle scale, fino al quarto piano<br />
della Donna, per consegnare gli acquisti, e ritirare un<br />
pugno di monete e biglietti di banca.<br />
La mano, contratta attorno al denaro, usciva, un attimo,<br />
da uno spiraglio di porta aperta, col catenaccio.<br />
Il ragazzino ha detto al padre che nella casa della vecchia<br />
c’è puzza di gatto morto.<br />
Il padre ha risposto: “Dogniùnu si téniri ’ndòmu is fràgus<br />
chi òlidi. Sèus in demógrazzia” (più o meno, vuol dire<br />
che, in questo regime, ognuno si tiene le puzze che<br />
vuole. Ogni casa ha le sue puzze).<br />
Da Sa Costa si sale, sulla strada asfaltata, o per scalinate<br />
ripidissime, verso le Porte del Castello.<br />
Ancora si sale, dentro i bastioni, per viottoli strettissimi<br />
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e bui, chiusi da altissimi palazzi neri che stringono il cielo<br />
sulla testa, imponenti e squadrati, e sfatti, miserabili: come<br />
i segni dell’antico potere, sulle facciate e negli androni.<br />
La luce appare, improvvisa, nella piazza più alta della<br />
città bianca, dopo l’arrampicata a capo chino.<br />
Guardando verso il palazzo del Viceré a sinistra, la luce<br />
scompare all’imbocco di una stradina buia: Via Cannelles.<br />
L’imbocco di Via Cannelles era affollato.<br />
Decine di onesti cittadini, e qualche ubriacone, si sbracciavano<br />
e conversavano, animati. Un piccolo, tumultuoso<br />
assembramento, che proseguiva dentro Via Cannelles, fino<br />
all’ingresso di un palazzo.<br />
Chi avesse sostato, in quel punto, il tempo necessario,<br />
avrebbe udito, da bocche beninformate, più o meno la<br />
narrazione che segue:<br />
“Cùssa màcca, giai de una cira no’ bissiara prus de dòmu.”<br />
Mandava un ragazzino, a farle le commissioni.<br />
Il ragazzino lo diceva, che c’era puzza di gatto morto.<br />
Ieri mattina, lei non si è affacciata.<br />
Oggi, neanche.<br />
Il ragazzino, allora, è salito, ha bussato, e non rispondeva<br />
nessuno, e c’era sempre più puzza.<br />
C’è un battente di ferro, sulla porta: il ragazzino ha insistito.<br />
Non rispondeva nessuno.<br />
Alla fine, ha sfondato a spallate.<br />
Una vecchia anticamera buia e senza finestre: dentro<br />
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