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rassomigliandosi a certa spagna sfaticata e triste. Uomini<br />
d’ordine, i piemontesi. Ma addolciti. Stupefatti. Piagnoni<br />
e delicati. Hanno tenuto la guida anche nel ventennio –<br />
appena imbarbariti – dolenti camicie nere. E infine – la<br />
consuetudine è dei sardi, intelligenti e lunatici, ma stanchi,<br />
piegati – con sprazzi di acuta ironia stimolata dal<br />
ventre per una volta pieno.<br />
Il questore, in prima fila, stringe la mano al ventunesimo<br />
cretino della mattinata.<br />
E con la coda dell’occhio sbircia la consorte che agitata<br />
si contorce da mezz’ora, sulla sedia, con improvvisi arrossamenti<br />
del viso pudicamente trattenuti, con brontolii<br />
mielati.<br />
Si muove come un gatto, la moglie del questore, mentre<br />
lui stringe la solita mano di un cretino.<br />
Proprio mentre sfilano i miliziani, rossi, sugli agitati cavalli<br />
bruni, sulle cavalle bianche pacificate.<br />
Passano i miliziani e la gente per strada ondeggia, sui<br />
bordi della massa accalcata al bordo della strada, ondeggia<br />
spinta dalle bizze di un bruno cavallaccio da tiro irritato<br />
dalla calca.<br />
E il questore, in piedi, deve guardare negli occhi e sorridere<br />
a tutti quei cavalieri – soldati.<br />
Guardare negli occhi e sorridere a un cretino, impiegato<br />
regionale travestito da soldato, che sogna chissà quale<br />
carriera, e sfila a cavallo, spinto – sul cavallo e nella vita –<br />
da una confraternita modesta e potente.<br />
E non può che ogni tanto – solo ogni tanto, povero questore<br />
– sbirciare il mistero di sua moglie, che assoluta-<br />
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mente lontana dalle tentazioni palesi o occulte di qualunque<br />
maschietto comune, si contorce sulla sedia. Col viso<br />
arrossato e accaldato, gli occhi languidi teneramente abbassati.<br />
Quei miliziani mascherati – e anche quelli del passato,<br />
quelli “soldati veri”, una guerra sola hanno vinto, una<br />
volta sola, la più stupida, quando i francesi hanno sbagliato<br />
approdo:<br />
si sono incagliati nella notte della palude, mangiati vivi<br />
dalle zanzare, affogati nel fango. Sono finiti di filato, dalla<br />
spiaggia di sbarco alla palude, assorbiti nella palude<br />
notturna delle zanzare, spaventati da quelle acque nere,<br />
da quelle canne basse, da quei viottoli di terra battuta che<br />
nel buio portavano diritto a pozze d’acqua salmastra, canali,<br />
canaletti e bordi di fango capaci di sprofondare.<br />
Impauriti dalla notte e dagli spari, i francesi, gli uomini<br />
della rivoluzione, impauriti soldati della rivoluzione, affamati,<br />
non ancora ingrassati (Napoleone ha guidato una<br />
nave, una volta, da queste parti, ma era ancora un ragazzino,<br />
ancora non era Napoleone, ma lo sconosciuto ufficiale<br />
Bonaparte).<br />
Gli affamati uomini della rivoluzione, i donatori dell’albero<br />
della libertà, i giacobini, si son fatti mangiare vivi<br />
dalle zanzare, nelle notti in palude – mentre i cagliaritani<br />
con le giubbe rosse, per un pugno di pane (duecento Miliziani<br />
li sfamò don Cadoni Pillai di Quartu per cibo e<br />
munizioni...)<br />
Per un pugno di pane stanno, nascosti sulle prime colline<br />
– aspettano, ogni tanto sparando salve di fucilate.<br />
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