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Io sono io. Ho questa certezza. E non mi mancano i ricordi.<br />
Io sono tutto quello che ho fatto, e quello che non<br />
ho fatto e avrei voluto fare e all’ultimo momento mi son<br />
tirato indietro. Io sono i miei sogni; i miei sogni di ieri e<br />
quelli di oggi sono sempre io. Sono i miei ricordi, io.<br />
Ho scopato, in altri tempi. E dovevate vedere le donne.<br />
La chitarra come i sortilegi.<br />
Basta che cominci a suonare, in qualunque angolo del<br />
mondo, e cominci a raccontare una storia con la chitarra...<br />
noi eravamo dolci, io e Pietro, Pietro suonava l’armonica<br />
a bocca. Sembrava nero, quando suonava l’armonica.<br />
Lo accompagnavo con la chitarra.<br />
Le donne si avvicinavano, come fossimo miele. Poi Pietro<br />
è morto di cirrosi epatica, una brutta malattia. Ma soprattutto<br />
è morto perché il tempo passa, e non si resta<br />
mai “quelli di un tempo”, e prima o poi bisogna anche<br />
morire, e la cirrosi non è peggiore di tante altre morti.<br />
Mi hanno raccolto e mi hanno portato in manicomio.<br />
Questo sono io: tutto quello che ho fatto e che ho vissuto;<br />
io sono la mia storia.<br />
Ma Carluccio non aveva storia, non aveva ricordi, non<br />
aveva sogni, non aveva mai goduto il profumo di una<br />
donna.<br />
Così era Carluccio. Carluccio non aveva storia. E non<br />
aveva coscienza di non esistere. Aveva sempre vissuto in<br />
manicomio. Aveva visto il mare una volta sola, in gita, da<br />
un pulmann, e si era spaventato. Non aveva memoria,<br />
Carluccio. Aveva solo disperazione.<br />
“Voglio morire” diceva Carluccio, e lo diceva tutte le<br />
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notti. “Cosa vuole Carluccio dalla gente?” diceva “e la<br />
gente, cosa vuole da Carluccio? La gente vuole che Carluccio<br />
stia buono. Stai buono, Carluccio, gli dicono. E se<br />
Carluccio sta buono, la gente va via. Ma la gente va via anche<br />
se Carluccio non sta buono. Anche se Carluccio urla,<br />
la gente va via lo stesso. La gente va sempre via, quando<br />
c’è Carluccio.”<br />
Non dormiva mai. Si lamentava sempre; una nenia, vi<br />
dico.<br />
Io le canzoni le faccio per tutti. Viene Tonio e mi dice:<br />
“fai una canzone di Tonio in campagna, Tonio giovane<br />
coi bambini, e la vigna, e quella volta che Tonio si è ubriacato<br />
e ha pisciato sul tavolo della cena, e tutti ridevano, e<br />
Marcella non rideva, ma guardava il cazzo di Tonio fuori<br />
dai pantaloni, perché non ne aveva mai visto uno in tutta<br />
la sua vita, verginella” e io canto questi fatti in una canzone,<br />
e quando arrivo a verginella ridono quasi tutti.<br />
Una volta volevo cantare la canzone di Carluccio, e ci<br />
ho pensato per una settimana. Ma cosa posso raccontare,<br />
di Carluccio? Il giorno del suo viaggio dall’orfanotrofio<br />
al manicomio? La gita in pulmann, col mare che gli fa<br />
paura? Non c’era niente da raccontare, di Carluccio. Come<br />
può vivere, un uomo su cui non esiste niente da raccontare?<br />
Era magro come un chiodo. Mangiava pochissimo.<br />
Sembrava un santo, magro e coi capelli neri, lunghi e<br />
sporchi. Se glielo avessero insegnato, cosa vuol dire sant’uomo,<br />
forse lo sarebbe diventato. Un eremita: uno di<br />
quelli che stanno nelle grotte e leggono nel futuro e nel<br />
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