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scorre e lo trasporta veloce verso i trenta, lui sente l’incazzo<br />
montargli dentro, sempre più forte, sempre più irrevocabile,<br />
sempre più nevrotico e aggressivo.<br />
Ma ora rallenta, mentre il groppo di angoscia esala in un<br />
interminabile sospiro: la parte scura della giornata si sta<br />
chiudendo, sulla soglia del cinema dove entra con fare<br />
brusco e timido, circospetto, mentre tenta però di assumere<br />
un’aria ribalda, come a dire: se vengo qui dentro sono<br />
cazzi miei, e nessuno è autorizzato a pensare niente di<br />
particolare sul mio conto.<br />
La maschera di sufficienza e di sicurezza crolla dopo<br />
quattro passi, alla cassa: quella fanciulla obesa che vende<br />
biglietti l’ha già notato troppe volte per non riconoscerlo<br />
come un cliente abituale, uno che ci marcia, colla pornoautonomia.<br />
Lo guarda, la fanciulla obesa, da dietro certe lenti spesse<br />
e compatte che fanno sembrare gli occhi due piccoli<br />
spilli perduti nel vetro, laggiù in fondo.<br />
Lui sa bene cosa chiedono quegli occhi: ha persino immaginato,<br />
una volta, di accettare l’invito: si è trovato in<br />
un bagno gigante, enorme come quello di una stazione<br />
ferroviaria e altrettanto sporco, con una gigantesca vasca<br />
bianca proprio al centro di una sala illuminata da lampadine<br />
giallastre, da terzo grado, e nella vasca, piena d’acqua<br />
profumata, la lardosa sguazzava da una parte all’altra,<br />
muta come un pesce, mostrando ora una tetta enorme<br />
come una boa, con un capezzolo nerofumo che sembrava<br />
un turacciolo bruciacchiato, ora un culo bianco<br />
smisurato come un’isola di formaggio fresco attraversata<br />
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da un crepaccio senza fondo, ora un ventre di pieghe<br />
poggiate una sull’altra che terminava in un’unica mostruosa<br />
vorace bocca depilata... non era un sogno di suo<br />
gusto, e l’ha piantato lì, preferendo concentrarsi su oggetti<br />
più appetibili.<br />
Ha voglia di farle la lingua, alla fanciulla obesa. E perché<br />
no? Eccolo, la tira fuori, una brutta lingua biancastra,<br />
tutta crepata come una salina d’agosto.<br />
Lei, la fanciulla obesa, ha un attimo di indecisione, e<br />
mentre forse pensa a quale risposta scegliere per proseguire<br />
il dialogo, lui ha già voltato le spalle e si è avviato<br />
verso il secondo ostacolo: l’uomo che stacca i biglietti.<br />
È uno, zoppo, con i grandi occhi bianchi, vuoti, liquidi<br />
liquidi, che guardano complici, stringendosi ripetutamente<br />
per creare sensazioni di familiarità: “siamo fratelli,<br />
noi sporcaccioni.”<br />
Lui preferisce non sollevare lo sguardo. Ma oggi, lo<br />
zoppo, ha una stupefacente novità. “Guardi” – gli dice,<br />
strattonandolo per una manica. Lui si volta un attimo e fa<br />
appena in tempo a vedere la pagina di una rivista, tutta accartocciata<br />
e bisunta; c’è la foto di una bella donna bianca<br />
coi boccoli tutta nuda con due tette candide di panna e fra<br />
le gambe ha un grosso cazzo nero. “Sensazionale, eh?” aggiunge<br />
lo storpio rigirando e ripiegando la paginetta con<br />
le dita. Si accorge in ritardo che il cliente è fuggito su per<br />
le scale.<br />
Finalmente si chiude alle spalle la tenda d’ingresso alla<br />
sala. Dentro, le note di un valzerino accompagnano la<br />
febbrile ricerca di un posto libero, lontano dagli altri pre-<br />
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