Sabato 27 ottobre 2012 - Pacini Editore
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RElaziONi<br />
epitelio spesso con superficie relativamente liscia e piatta e<br />
con grado variabile di ipercheratosi ma mai tanto marcata<br />
come nella forma condilomatosa. L’epitelio è caratterizzato<br />
dalla presenza di cellule atipiche immature di tipo parabasale<br />
(similmente a quanto avviene nel carcinoma in situ della<br />
cervice) con bordi citoplasmatici indistinti, scarso citoplasma<br />
e nucleo ingrandito, ipercromatico. Le mitosi anche atipiche<br />
sono numerose e la coliocitosi, presente in superficie, è meno<br />
evidente che nella forma condilomatosa. Al pari della forma<br />
condilomatosa è frequente l’interessamento degli annessi<br />
cutanei.La VIN differenziata interessa prevalentemente donne<br />
anziane e si presenta come lesione unica. Dal punto di vista<br />
morfologico si osserva aumento di spessore dell’epitelio<br />
con paracheratosi e allungamento delle creste epidermiche<br />
che tendono anche ad anastomizzarsi. L’atipia citologica,<br />
assente o lieve, è limitata agli strati basale e parabasale,<br />
mentre sono presenti cheratinociti di grandi dimensioni con<br />
citoplasma eosinofilo, con nucleo vescicoloso e con evidenti<br />
ponti intercellulari. Queste cellule, al pari delle perle cornee,<br />
possono essere presenti anche nella parte più profonda delle<br />
creste epidermiche. Le cellule degli strati basale e parabasale<br />
generalmente appaiono di piccole dimensioni con cromatina<br />
nucleare densa e con nucleolo evidente.La VIN differenziata è<br />
spesso associata con lichen sclerosus o con iperplasia di cellule<br />
squamose ed è caratterizzata dalla positività delle cellule di<br />
tutti gli strati per la proteina p53, al contrario di quanto accade<br />
nelle VIN indifferenziate nelle quali non si osserva positività<br />
per questa proteina. Questa forma di VIN evolve verso una<br />
neoplasia invasiva in una bassa percentuale di casi (stimata in<br />
percentuali variabili dal 3-4% al 20% a seconda del lavori) e<br />
quasi sempre sottoforma di microinvasione.<br />
Delle lesioni in situ merita un cenno anche la malattia di<br />
Paget, relativamente semplice dal punto di vista diagnostico<br />
anche perché certamente meno rara dell’altra lesione che può<br />
entrare in diagnosi differenziale e cioè il melanoma in situ.<br />
Tuttava alcuni recenti lavori hanno descritto una forma di<br />
displasia con caratteristiche morfologiche simili alla malattia<br />
di Paget e che vengono definite come VIN pagetoidi 6 7 . Inoltre<br />
non va dimenticata la possibilità che la malattia di Paget sia<br />
secondaria a neoplasie ghiandolari di altri distretti viciniori<br />
alla vulva, nel qual caso la conoscenza della storia clinica e<br />
i risultati delle indagini strumentali rappresentano fattori imprescindibili<br />
per la diagnosi.<br />
Per quanto riguarda le lesioni non neoplastiche, nel 1987 la<br />
ISSVD propone una nuova classificazione delle lesioni vulvari<br />
definendole “ alterazioni epiteliali vulvari non neoplastiche<br />
“ comprendenti:<br />
- lichen sclerosus;<br />
- iperplasia di cellule squamose;<br />
- altre dermatosi.<br />
La successiva revisione della classificazione è del 1989 e<br />
nasce dalla collaborazione della ISSVD con la ISGP. Questa<br />
classificazione è sovrapponibile a quella del 1987 ma<br />
prevede l’aggiunta dei termini “atroficus” al lichen sclerosus<br />
e “non altrimenti specificata” all’iperplasia di cellule<br />
squamose.L’aggiunta della precisazione “non altrimenti<br />
specificata” all’iperplasia di cellule squamose è finalizzata a<br />
definire come tali soltanto quelle lesioni iperplastche aspecifiche<br />
che non rientrano in altri quadri anatomo-clinici noti;<br />
la diagnosi di iperplasia di cellule squamose diventa cioè<br />
una diagnosi di esclusione. Tuttavia questa aggiunta rischia<br />
di creare una zona d’ombra nella quale confinare quadri<br />
anatomo-clinici che patologi poco esperti non riescono a<br />
classificare in modo corretto. Probabilmente una revisione<br />
critica della terminologia sarà alla base di una rivisitazione<br />
2<strong>27</strong><br />
della classificazione oggi in uso.Anche l’aggiunta del termine<br />
“atrofico” al lichen sclerosus non trova tutti d’accordo dal<br />
momento che pare dimostrato come il lichen sclerosus sia<br />
una lesione evolutiva e non “atrofica” (come viene descritto<br />
in altri distretti cutanei) e con potenzialità di sviluppare una<br />
neoplasia.L’etiologia dell’iperplasia di cellule squamose e del<br />
lichen sclerosus è ancora sconosciuta. L’iperplasia di cellule<br />
squamose rappresenta forse una risposta aspecifica a patologie<br />
sistemiche (diabete, epatopatie, linfomi, ecc.) e/o a fattori esogeni<br />
(infettivi, fisici, chimici, ecc.) che innescano un circolo<br />
vizioso: prurito- grattamento-iperplasia epiteliale. Lesioni<br />
specifiche (psoriasi, infezioni da Candida, lichen planus, ecc.)<br />
che comportano iperplasia cellulare non dovrebbero pertanto<br />
essere incluse in questa categoria.<br />
Nel gruppo delle altre dermatosi vengono inserite lesioni infiammatorie,<br />
bollose, ecc. riscontrabili in altri distretti cutanei<br />
e mucosi.La più recente classificazione del 2006 è totalmente<br />
diversa dalle precedenti in quanto basata esclusivamente<br />
sull’aspetto morfologico della lesione, raggruppando lesioni<br />
con pattern spongiotico, acantotico, lichenoide, con omogeneizzazione<br />
o sclerosi del derma, vescicolo-bolloso, acantolitico,<br />
granulomatoso, vasculopatico 8 9 .<br />
Per il lichen sclerosus l’ipotesi più accreditata è che si tratti<br />
di una lesione autoimmunitaria sostenuta da una variazione<br />
genetica sul sistema HLA anche se ancora non è dimostrata<br />
la presenza di un anticorpo specifico.La letteratura più recente<br />
dimostra una stretta associazione tra lichen sclerosus e<br />
carcinoma squamoso non correlata ad infezione da HPV ma<br />
passando per la fase di VIN differenziata. La flogosi cronica e<br />
i processi cicatriziali, in un particolare assetto immunogenetico,<br />
sarebbero responsabili dello sviluppo del carcinoma [10].<br />
Una paziente affetta da lichen sclerosus mostra un rischio di<br />
sviluppare un carcinoma 300 volte maggior erispetto ad una<br />
donna non affetta da lichen. Tuttavia la diagnosi precoce, le<br />
terapie farmacologiche e l’escissione di lesioni ispessite certamente<br />
riducono il rischio di progressione. Alla luce di questi<br />
dati è opportuno identificare dei marcatori di progressione:<br />
utili Mib 1 (LI > 50%) e p 53 (mutazione della p 53 è stata<br />
dimostrata nel 40% di lichen non associato a carcinoma e nel<br />
90% di lichen associati a carcinoma), mentre non ha alcun<br />
significato statistico la p 16 11 12 . Anche fattori che regolano<br />
l’angiogenesi e gli enzimi della ciclossigenasi sembrano<br />
svolgere un ruolo nella patogenesi del carcinoma in contesto<br />
di lichen sclerosus (aumento della densità microvascolare e<br />
espressione di VEGF e di COX-2) 13 .<br />
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Disease classification of vulvar dermatoses: a synopsis. J Low Genit<br />
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