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Sabato 27 ottobre 2012 - Pacini Editore

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RElaziONi<br />

ognition of Postgraduate Training in Pathology: a presentation of the<br />

Paris Document. Cytopathology <strong>2012</strong>;23:295-9.<br />

Il carico di lavoro della citologia in un reparto<br />

standard di anatomia patologica<br />

P. Dalla Palma<br />

Anatomia ed Istologia Patologica e Citodiagnostica- Ospedale S.<br />

Chiara- TRENTO<br />

Il carico di lavoro dell’Anatomia Patologica è costantemente<br />

in aumento non tanto come numero totale dei casi da diagnosticare<br />

in un anno ma per la crescente complessità diagnostica<br />

e per le sempre più puntuali richieste da parte del personale<br />

medico richiedente. La citologia non è certo una eccezione in<br />

tal senso, anzi la sempre maggiore necessità di una precisa definizione<br />

patologica delle varie entità ricorrendo ove possibile<br />

a tecniche mini-invasive ha decisamente cambiato il “peso”<br />

in altre parole il”carico di lavoro” della citologia. La diagnosi<br />

“Positivo” o “Cellule Tumorali Maligne” che fino ad alcuni<br />

anni fa era sufficiente ora necessità di molte altre precisazioni<br />

con integrazione del dato morfologico con quello istochimico,<br />

immunoistochimico e biomolecolare.<br />

Si inizia con il prelievo e vi è sempre maggiore necessità di<br />

una valutazione prediagnostica dell’adeguatezza del materiale<br />

prelevato. Chi meglio del citopatologo può fornire indicazioni<br />

su come prelevare il materiale, di come trattarlo e di come<br />

fissarlo? Solo chi poi ha la responsabilità diagnostica si rende<br />

conto della delicatezza di questo passaggio. Inoltre talora è<br />

necessario un esame semeiologico del paziente, una vera e<br />

propria visita medica. Tutto ciò richiede oltre che “expertise”<br />

anche del tempo medico di cui tenere conto allorquando si<br />

fanno i piani di lavoro. Nuove tecniche come l’ecoendoscopia,<br />

vista la sua complessità, necessitano di una valutazione istantanea<br />

dell’adeguatezza del materiale raccolto dal momento<br />

che una ripetizione dell’esame oltre che costosa, è complessa.<br />

Stante la carenza di personale medico comune anche ad altre<br />

specialità un primo quesito è quello di valutare se la valutazione<br />

dell’adeguatezza non possa essere effettuata da personale<br />

tecnico (citotecnico) adeguatamente addestrato.<br />

Una volta giunto in laboratorio il materiale prelevato va trattato<br />

nel modo più opportuno (strisciato, centrifugato, citoincluso,<br />

colorato in vari modi e con varie tecniche anche non<br />

convenzionali, ecc).<br />

Al pari di tutti gli esami di Anatomia Patologica non si può<br />

prescindere nemmeno in citologia da una ottimizzazione ed<br />

una standardizzazione dei preparati. Anche questa fase pertanto<br />

richiede controlli e procedure che richiedono tempo che<br />

spesso non viene calcolato nei carichi di lavoro.<br />

Vi è poi la fase diagnostica vera e propria che, almeno per<br />

la parte relativa alla citologia cervico-vaginale, può essere<br />

preceduta da un pre-screening da parte del personale citotecnico<br />

con o senza un aiuto di macchine per la lettura computer<br />

assistita. Anche in questo campo però vi sono delle novità che<br />

presto potrebbero impattare pesantemente nel lavoro del citopatologo:<br />

l’introduzione di un test molecolare per la ricerca<br />

del HPV come test primario, necessariamente selezionerà un<br />

numero di casi (Pap Test) decisamente inferiore (circa il 10%)<br />

che però rappresenterà una popolazione a rischio elevato e<br />

quindi si passerà da una citologia di screening ad una citologia<br />

diagnostica a responsabilità dirigenziale e non tecnica. Il<br />

personale citotecnico che attualmente opera nei reparti di anatomia<br />

patologica potrà essere indirizzato anche allo screening<br />

della citologia extravaginale? E se la risposta sarà affermativa<br />

a quale tipo di citologia? Esfoliativa e/o anche agoaspirativa?<br />

245<br />

Negli Stati Uniti i citotecnici già di routine lo fanno.<br />

Un problema ancora più delicato è quello del carico di lavoro<br />

delle singole figure professionali coinvolte nella citologia.<br />

Per quel che riguarda il carico di lavoro dei citotecnici siamo<br />

stati abituati a misurarlo con il numero di vetrini screenati al<br />

giorno. L’introduzione dei preparati in fase liquida con una<br />

minore area coperta dal materiale biologico avrebbe dovuto<br />

comportare una maggiore produttività mentre ciò non si è di<br />

fatto verificato nella maggioranza dei Centri. L’aggiunta dei<br />

sistemi computer assistiti avrebbe dovuto aggiungere ancora<br />

una percentuale alla produttività giornaliera ma tutto ciò<br />

non si è di fatto verificato almeno in Italia almeno in misura<br />

significativa. Si naviga nella vaghezza in mancanza di reali<br />

standard di riferimento. Recenti studi fatti negli USA hanno<br />

ipotizzato carichi di lavoro fino a 100 preparati al giorno specificando<br />

che preparati visti con i sistemi di lettura computer<br />

assistita e verificati solo sui campi di interesse individuati<br />

equivarrebbero a mezzo vetrino rispetto ad un vetrino visto al<br />

microscopio ottico tradizionale e ad un vetrino e mezzo se visti<br />

sia sui campi preselezionati che poi controllati in modo tradizionale.<br />

Un lavoro analogo in Inghilterra eseguito anch’esso<br />

recentemente riporta invece valori di 32 vetrini screenati al<br />

giorno. Le differenze sono macroscopiche.<br />

Interessante è poi il correttivo delle ECA (epithelial cellular<br />

abnormalities) caratteristiche di ciascun laboratorio perché<br />

all’aumentare della percentuale di ECA corrisponderebbe una<br />

diminuzione del numero di vetrini da screenare: fino a 140 se<br />

un laboratorio ha una percentuale di ECA del 5%, fino a 70<br />

se tale percentuale sale al 10% e fino a 35 se tale percentuale<br />

sale al 20%.<br />

Il carico di lavoro del personale dirigente è meno ampiamente<br />

valutato in letteratura. Certamente dipende in modo<br />

significativo da cosa fa il personale dirigente oltre al compito<br />

diagnostico (esegue direttamente i prelievi? visita il paziente?<br />

fa parte di gruppi multidisciplinari per la pianificazione terapeutica<br />

dei singoli casi? ecc).<br />

Quel che è sicuro che il carico di lavoro è pesante ed in costante<br />

aumento, almeno se si desidera avere una eccellente qualità<br />

diagnostica. Troppo spesso i Colleghi dediti all’istopatologia<br />

non sono consci del lavoro eseguito dal citopatologo. Parlano<br />

ad esempio del carico di lavoro legato alla riduzione dei pezzi<br />

anatomici dimenticandosi della citoassistenza e del tempo<br />

necessario per eseguire direttamente o almeno essere presenti<br />

per valutare l’adeguatezza del materiale. La citologia diagnostica<br />

a tutti i livelli non deve essere pertanto considerata<br />

“figlia di un Dio minore”.<br />

Diagnosi definitiva citologica, nuove terapie e<br />

monitoraggio della terapia<br />

R. Dina<br />

Dept of Cellular Pathology, Hammersmith Hospital, Imperial College<br />

NHS Trust<br />

Nel UK la diagnostica citologica, intesa come diagnosi definitiva,<br />

è ufficialmente integrata nelle line guida dei tumori<br />

polmonari, tiroidei e pancreatici mentre negli altri distretti del<br />

corpo – testa e collo, mediastino, ginecologico è considerata<br />

come una diagnosi iniziale o di screening. Una eccezione è<br />

rappresentata dai tumori di origine sconosciuta la cui diagnosi<br />

di origine è spesso demandata alla citologia 1 .<br />

Mentre ormai l’immunocitochimica (ICH) è entrata nella routine<br />

diagnostica, con > 280 anticorpi routinariamente in uso<br />

nel nostro laboratorio, su materiale citologico è fondamentale<br />

ottimizzare le metodiche specificamente per materiale cito-

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