Sabato 27 ottobre 2012 - Pacini Editore
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RElaziONi<br />
maggior numero di pazienti che scelgono di farsi curare in<br />
strutture diverse da quelle dove è stata posta la diagnosi. Ed<br />
è a tutela del paziente e dell’istituzione la revisione diagnostica<br />
che comprende spesso quella istopatologica. Esiste un<br />
problema generale per l’anatomia patologica costituito dalla<br />
responsabilità dell’archivio istocitopatologico, questo determina<br />
alcunecriticità:<br />
a) il materiale non ripetibile come gli ago aspirati e il blocchetto<br />
di inclusione; b) il materiale da ago biopsia che può<br />
esaurirsi se utilizzato oltre che per fini diagnostici anche per<br />
la consulenza;<br />
c) la consegna del preparato su cui è stata posta la diagnosi o<br />
della sezione successivamente allestita.<br />
Tutto questo determina la necessità di acquisire delle linee<br />
guida per la richiesta, la restituzione e l’archiviazione della<br />
consulenza. La SIAPEC ha da tempo redatto delle raccomandazioni<br />
che sono inserite nelle linee guida della società e che<br />
vanno a proteggere il patologo da smarrimenti, impossibilità<br />
diagnostica del materiale fornito al paziente a fini consulenziali.<br />
Per il terzo aspetto, in attesa che la digitalizzazione del<br />
vetrino consenta il trasferimento di immagini, a mio parere<br />
è meglio conservare in archivio l’originale, ma se proprio<br />
si ritiene o lo si deve fornite è utile specificare che è stato<br />
consegnare il vetrino originale specificando che il materiale<br />
in archivio potrebbe non riprodurre la lesione su cui è stata<br />
formulata la diagnosi.<br />
Nel caso di consulenza su richiesta del paziente il reperto è<br />
spesso a disposizione dei non addetti ai lavori ed è assolutamente<br />
consigliabile che il consulente nel formulare il proprio<br />
referto diagnostico deve esprimere un parere seppur generico<br />
sulla propia concordanza con quanto precedentemente formulato.<br />
Questo per evitare che variazioni terminologiche siano<br />
intese come variazioni diagnostiche.<br />
Le consulenze possono essere, anche, richieste dal patologo<br />
per ottenere un parere da un collega esperto su quella determinata<br />
patologia, il problema non risolto è il valore legale di tale<br />
consulenza. In termini pratici se citare o meno la consulenza<br />
all’interno del referto e il valore giuridico che questo determina.<br />
In effetti il parere deve essere formulato per iscritto<br />
dal patologo, ma tale parere deve essere inserito per motivi<br />
assicurativi in un percorso istituzionalizzato.<br />
Occorre che sia validato dalle istituzioni (convenzioni, pagamento<br />
ecc.) consiglio, quindi, in assenza di questo un parere<br />
amicale da parte “dell’esperto patologo” che sia dal richiedente<br />
considerato di “conforto alla propria diagnosi”.<br />
Utile comunque formulare un elenco dei patologi consulenti a<br />
cui il servizio vuole rivolgersi in caso di necessità. Altrettanto<br />
importante è che la diagnosi del consulente sia criticamente<br />
valutata per poter giungere poi ad una diagnosi condivisa.<br />
L’istituto della mediazione civile nella<br />
responsabilità medica<br />
V. Cuffaro<br />
Ordinario di istituzioni di diritto privato nell’Università di Firenze<br />
1. L’incontro rappresenta una preziosa occasione per fare il<br />
punto ad oltre un anno dalla entrata in vigore, della innovativa<br />
disciplina introdotta dal decreto legislativo 4 marzo 2010 n.<br />
28. Disciplina integrata dalla emanazione del d.m. 18 <strong>ottobre</strong><br />
2010 n. 280, riguardante l’organizzazione degli organismi di<br />
mediazione e l’approvazione delle indennità loro spettanti.<br />
Può essere utile innanzi tutto ricordare che l’istituto della<br />
mediazione può apparire nuovo rispetto al processo civile,<br />
ma certo non è sconosciuto nel panorama della produzione<br />
255<br />
legislativa nazionale che, da tempo, sta cercando di introdurre<br />
degli strumenti in qualche misura alternativi al processo. In<br />
termini necessariamente sintetici deve essere ricordato che<br />
nelle leggi sulla riforma delle Camere di Commercio, sul<br />
contratto di subfornitura, sul contratto di franchising sono già<br />
previsti strumenti conciliativi, ed altrettanto è avvenuto per<br />
quanto riguarda la disciplina delle controversie tra consumatori<br />
ed operatori bancari ovvero tra consumatori ed intermediari<br />
finanziari che pure affida ad una preliminare conciliazione la<br />
soluzione delle relative controversie.<br />
In questo panorama, l’istituto della mediazione obbligatoria,<br />
introdotto con il provvedimento del 2010, aspira a porsi come<br />
modello organico e funzionale allo svolgimento del processo<br />
civile; non di ogni processo civile, ma solo di quei processi<br />
che riguardano le non poche materie espressamente individuate<br />
dalla legge.<br />
2. Volendo esporre le linee portanti della nuova disciplina,<br />
possono essere individuati almeno quattro punti essenziali<br />
dell’istituto della mediazione obbligatoria.<br />
Per le controversie riguardanti determinate materie è prescritto,<br />
prima di iniziare il giudizio, l’obbligo di cercare una<br />
conciliazione.<br />
La conciliazione è affidata ad organismi, pubblici o privati,<br />
che devono rispettare determinati requisiti e sono sottoposti<br />
alla vigilanza ed al controllo del Ministero della Giustizia.<br />
Lo svolgimento della mediazione con un esito positivo, nel<br />
senso che le parti della potenziale controversia raggiungono<br />
una intesa conciliativa, determina vantaggi sul piano fiscale<br />
per le stesse parti.<br />
L’esito negativo della mediazione obbligatoria determina possibili<br />
ripercussioni sul processo.<br />
I quattro punti ora sinteticamente esposti sono certo suscettibili<br />
di maggiore approfondimento e la letteratura giuridica<br />
più recente è stata, infatti, prodiga di analisi e commenti. La<br />
quantità dei contributi è di ostacolo ad una sintesi in questa<br />
sede, ma almeno alcuni profili possono essere riassunti.<br />
Dunque, lo svolgimento della mediazione è obbligatorio. Lo<br />
strumento adottato dal legislatore per imporre alle parti un<br />
preventivo tentativo di conciliazione è quello della condizione<br />
di procedibilità dell’azione. Tecnicamente, il giudizio<br />
non può proseguire quando il giudice accerti che non è stata<br />
svolta la preventiva mediazione. Il quadro è tuttavia più articolato,<br />
in quanto l’art. 5, comma 1, della legge prevede che<br />
l’improcedibilità può essere non solo eccepita dal convenuto<br />
ma anche rilevata d’ufficio dal giudice nella prima udienza;<br />
l’art. 5, comma 2, delinea una mediazione successiva alla instaurazione<br />
del giudizio, cui il giudice può sollecitare le parti<br />
anche nella fase di appello; inoltre l’art. 5, comma 5, fa salva<br />
la possibilità che in contratti, statuti ed atti costitutivi societari<br />
sia previsto un obbligo preventivo di conciliazione, tale da<br />
determinare comunque una improcedibilità, tuttavia relativa<br />
giacché rimessa, in questo caso, solo all’eccezione della parte.<br />
L’esito positivo della mediazione e, quindi, il raggiungimento<br />
di una intesa conciliativa è agevolato da diversi vantaggi<br />
previsti sia per le parti che per i mediatori. Quanto alle parti,<br />
merita ricordare che a norma dell’art. 12, il verbale che reca<br />
l’accordo è idoneo a divenire titolo esecutivo e quindi ad<br />
essere utilizzato per la espropriazione forzata, l’esecuzione<br />
in forma specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale; inoltre,<br />
l’art. 17 comma 3, esclude dall’imposta di registro sino al<br />
valore di € 50.000,00 il verbale recante l’accordo conciliativo,<br />
mentre, ai sensi dell’art. 20 comma 1, le somme corrisposte<br />
agli organismi di conciliazione valgono a costituire un credito<br />
di imposta sino alla concorrenza dell’importo di € 500,00.