Adesso sono nel vento - Comune di Rimini
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giornata della Memoria<br />
qualsiasi forma espressiva, escono poesie, <strong>di</strong>segni, persino spettacolini per cabaret. Nel<br />
ghetto i prigionieri si autogestiscono sotto l’occhio degli aguzzini. Nel futuro c’è quasi<br />
sicuramente la morte, ma gli adulti preparano quoti<strong>di</strong>anamente i bambini alla vita.<br />
“Noi esistiamo, viviamo e qui i nostri figli debbono sentire che li amiamo. Una casa non<br />
significa solo un tavolo, delle se<strong>di</strong>e e un arma<strong>di</strong>o. Una casa significa amare”.<br />
Il sogno <strong>di</strong> molti bambini è <strong>di</strong> andare <strong>nel</strong> piccolo ospedale organizzato alla meno peggio,<br />
dove c’è un cibo mangiabile, un letto pulito, la dolce assistenza delle infermiere. Sul<br />
foglio strappato <strong>di</strong> un quaderno un piccolo anonimo scrive una toccante poesia:<br />
“….quin<strong>di</strong>ci corpi che vogliono vivere qui/ trenta occhi che cercano quiete/ teste rasate<br />
che ricordano la galera…./ Il cibo che danno qui è un vero lusso./ Troppo lunga è la notte<br />
per un giorno troppo breve./ Malgrado tutto non voglio abbandonare/ questa stanza più<br />
grande,/ la mia polmonite/ e le infermiere, ombre vaganti/ che aiutano i piccoli malati./<br />
Vorrei restare qui, piccolo malato in questo luogo <strong>di</strong> visite me<strong>di</strong>che/ finché non sarò guarito/<br />
a lungo, a lungo./ Poi vorrei vivere/ e tornarmene a casa”.<br />
I bambini del ghetto <strong>sono</strong> al centro dell’attenzione degli adulti: La loro vita collettiva<br />
viene organizzata <strong>nel</strong>le baracche definite “case d’infanzia”. Qui i gruppi <strong>di</strong> due- trecento<br />
vengono sud<strong>di</strong>visi per età e lingua in piccole comunità <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci- quaranta elementi<br />
<strong>di</strong>retti da un educatore aiutato da alcuni assistenti. Un me<strong>di</strong>co, un infermiere, un assistente<br />
sociale e uno staff ausiliario seguono la vita <strong>di</strong> ogni “casa d’infanzia”. I “pedagogisti”,<br />
scelti fra giovani insegnanti e studenti, operano senza tregua dopo le estenuanti<br />
ore <strong>di</strong> lavoro che debbono fare per i tedeschi. Nessuno <strong>di</strong> questi educatori ha una propria<br />
vita privata: alloggiano <strong>nel</strong>la stessa baracca dei bambini per essere continuamente<br />
a loro <strong>di</strong>sposizione. Per facilitare l’appren<strong>di</strong>mento riscrivono alcuni libri <strong>di</strong> testo a memoria.<br />
I bambini più piccoli <strong>sono</strong> sempre occupati come in un asilo: leggono, scrivono,<br />
ascoltano con attenzione le storie dei loro paesi e <strong>di</strong>segnano tutto ciò che vedono.<br />
L’attività lu<strong>di</strong>ca è l’unica permessa, perciò vengono inventati dei giochi per imparare<br />
tutte le materie: I bambini in età scolare re<strong>di</strong>gono settimanalmente un giornalino scritto<br />
e illustrato a mano.<br />
Esiste una parola d’or<strong>di</strong>ne per segnalare l’arrivo <strong>di</strong> una delle tante ispezioni tedesche:<br />
quando risuona, al rumore ritmico degli stivaloni dei nazisti, ogni materiale d’insegnamento<br />
sparisce e lascia il posto ad attività ginniche e canzoni. Il ghetto <strong>di</strong> Terezin <strong>di</strong>venta<br />
paradossalmente un grande atelier per attività creative in ogni settore: arti grafiche,<br />
musica, teatro, canto, poesia, letteratura <strong>di</strong> ogni genere, sia per i bambini sia per gli adulti.<br />
E’ un’attività ora clandestina, ora tollerata a seconda delle necessità propagan<strong>di</strong>stiche<br />
dei nazisti. Nel 1942, ad esempio, viene dato inizio al programma <strong>di</strong> “abbellimento” della<br />
città che deve servire a <strong>di</strong>mostrare la generosità” del Reich nei confronti degli ebrei:<br />
apertura <strong>di</strong> un caffè con orchestra, istituzione <strong>di</strong> un finto Tribunale del Ghetto e <strong>di</strong> una<br />
“Banca dell’autogoverno ebraico”, puramente fittizia. Un valente musicista, Hans Krasa,<br />
compone un’operina per bambini. Il livello dello spettacolo è tanto elevato che da Berlino<br />
arriva una troupe cinematografica nazista per girare un documentario <strong>di</strong> propaganda. In<br />
quell’unica occasione “Brun<strong>di</strong>bar” viene rappresentata in un teatro vero e proprio. Finite<br />
le riprese tutti i membri dell’orchestra, i collaboratori e i bambini che vi hanno partecipato,<br />
vengono deportati ad Auschwitz.