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Adesso sono nel vento - Comune di Rimini

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Non era strano allora che proprio in quel periodo <strong>di</strong> benessere economico il <strong>Comune</strong><br />

decidesse <strong>di</strong> investire sol<strong>di</strong> pubblici per de<strong>di</strong>carsi ai pellegrinaggi ai lager e per riportare<br />

alla luce quella parte <strong>di</strong> storia, sinonimo <strong>di</strong> occupazione nazista, <strong>di</strong> guerra, violenze e<br />

deportazioni, che (quasi) tutti volevano <strong>di</strong>menticare? Si è già detto, a tal proposito, dell’assenza<br />

sul territorio sia <strong>di</strong> comunità ebraiche che <strong>di</strong> se<strong>di</strong> dell’Aned o <strong>di</strong> altre associazioni<br />

legate a luoghi della memoria, in grado <strong>di</strong> provocare, con la loro stessa presenza e<br />

con il loro desiderio <strong>di</strong> pubblico riconoscimento per i drammi patiti, una spinta ad agire.<br />

Insomma, contrariamente a quanto accadde in Piemonte, non fu la popolazione riminese<br />

a sollecitare l’istituzione a parlare del passato per fare della memoria personale una<br />

memoria finalmente collettiva, anzi a <strong>Rimini</strong> avvenne l’esatto contrario.<br />

Primi viaggi ai lager<br />

All’interno dell’Amministrazione Comunale, l’iniziativa che <strong>di</strong>ede origine al progetto dei<br />

viaggi stu<strong>di</strong>o (allora chiamati in Italia “pellegrinaggi”) ai campi <strong>di</strong> sterminio nazisti nacque<br />

dal <strong>di</strong>segno in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> un solo Assessore, il professor Luciano Gambini, allora<br />

Assessore alla Pubblica Istruzione e Vice Sindaco <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>, il quale ebbe l’idea e la<br />

volontà <strong>di</strong> progettare per primo questa attività, sollecitando poi l’approvazione e la con<strong>di</strong>visione<br />

anche da parte degli altri colleghi amministratori.<br />

“Allora avevamo ben pochi sol<strong>di</strong> in <strong>Comune</strong> – mi racconta Gambini con dovizia <strong>di</strong> particolari<br />

ma anche con quella modestia e ritrosia che lo ha sempre contrad<strong>di</strong>stinto – non<br />

era certo come oggi. Lei non sa, perché è troppo giovane per ricordarlo, ma una volta<br />

per poter deliberare un’iniziativa occorreva l’autorizzazione degli organi prefettizi, non si<br />

potevano assolutamente spendere sol<strong>di</strong> per servizi o eventi <strong>di</strong>versi da quelli fondamentali<br />

per l’ente locale, non c’era nessuna autonomia gestionale o finanziaria. Noi riuscimmo<br />

solo a trovare i sol<strong>di</strong> sufficienti per cinque studenti <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>. Decidemmo <strong>di</strong> aggregarli<br />

ad un gruppo già precostituito attorno ad un’associazione <strong>di</strong> ex deportati e li accompagnai<br />

io con la macchina fino a Milano, da dove si doveva partire per l’Austria.”<br />

Gambini mi mostra un fascicolo pieno zeppo <strong>di</strong> documenti che raccontano tutti i progetti<br />

faticosamente realizzati in quel periodo e che nessun altro potrebbe ricostruire meglio <strong>di</strong> lui.<br />

Il viaggio del 1964 era un’iniziativa del Comitato citta<strong>di</strong>no della Resistenza <strong>di</strong> Milano che,<br />

in occasione del ventennale, decise <strong>di</strong> inserire <strong>nel</strong> programma delle celebrazioni un pellegrinaggio<br />

ai campi nazisti in Austria, affidandosi all’organizzazione dell’Agenzia Fabello.<br />

“Il pellegrinaggio fu effettuato in ottobre e noi riuscimmo a portare cinque studenti delle<br />

superiori che visitarono il campo <strong>di</strong> Mauthausen, con i sottocampi <strong>di</strong> Gusen e <strong>di</strong> Ebensee<br />

ed il castello <strong>di</strong> Hartheim”, già sede delle operazioni della cosiddetta eutanasia, cioè<br />

uccisione con il gas <strong>di</strong> malati, han<strong>di</strong>cappati, bambini e deportati sfiniti dal lavoro.<br />

“Insieme alla guida, lo stesso Bruno Fabello dell’Agenzia omonima, c’era anche un prete,<br />

sopravvissuto a Mauthausen, che testimoniò a noi e ai ragazzi la sua esperienza <strong>nel</strong> lager”<br />

– ricorda sempre Gambini.<br />

Dopo questo primo viaggio che costituì una sorta <strong>di</strong> esperimento-pilota, il <strong>Comune</strong> promosse<br />

<strong>nel</strong> 1965 una mostra sulla deportazione, me<strong>di</strong>ante un’esposizione <strong>di</strong> fotografie<br />

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