Adesso sono nel vento - Comune di Rimini
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dal Westdeutscher Rundfunk. Alla domanda : -Come mai in un momento antistorico<br />
come questo, in un momento in cui c’è poca voglia <strong>di</strong> riflessione, lei ha sentito il bisogno<br />
<strong>di</strong> ritornare sul tema dei campi <strong>di</strong> sterminio con una nuova esperienza <strong>di</strong> quello che<br />
è stato?, così risponde:<br />
“Proprio perché mi <strong>sono</strong> accorto che siamo in un momento antistorico. Ha detto bene lei.<br />
Mi <strong>sono</strong> accorto che i miei primi due libri, soprattutto Se questo è un uomo, viene ancora<br />
letto; e viene molto letto in Italia perché esiste in e<strong>di</strong>zione scolastica annotata. E’ un<br />
libro <strong>di</strong> testo insomma. In Italia c’è una norma per cui in terza me<strong>di</strong>a si legge un autore italiano<br />
moderno.(…) vengo invitato sovente a commentare questo libro. E noto spesso<br />
anche <strong>nel</strong>le lettere che ricevo – e ne ricevo molte – commozione, anche partecipazione,<br />
ma come se si trattasse <strong>di</strong> un e<strong>vento</strong> che non ci riguarda più, che non appartiene<br />
all’Europa, non al nostro secolo; i fatti, che so io, della guerra d’in<strong>di</strong>pendenza americana”.<br />
Levi sollevava un problema fondamentale, non solo per la scuola, incapace fino a quel<br />
momento <strong>di</strong> trasmettere un senso e un valore attuale alla storia della Shoah, ma anche<br />
per noi tutti, enti locali, associazioni, famiglie, un problema che toccava cioè <strong>nel</strong> profondo<br />
l’approccio stesso all’argomento.<br />
<strong>Rimini</strong> si interroga su come rendere più efficace il viaggio<br />
Il ricordo dell’orrore, seguito dall’imperativo rituale “Ricor<strong>di</strong>amo perché non accada mai<br />
più!” rischiava <strong>di</strong> essere privo <strong>di</strong> reale efficacia, se all’educazione alla memoria non si<br />
accompagnava un’interrogazione argomentata e analitica sul nostro presente.<br />
Dopo il libro Più <strong>di</strong> un mare <strong>di</strong> parole, <strong>di</strong>eci anni esatti dopo l’ultima grande lezione <strong>di</strong><br />
Primo Levi sul messaggio dei lager, era arrivato anche per noi il momento <strong>di</strong> interrogarci<br />
sul nostro modus operan<strong>di</strong>. Come lasciare veramente un segno profondo attraverso<br />
un viaggio <strong>di</strong> istruzione?<br />
E’ ovvio che il ruolo educativo, <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione del messaggio, non rientrasse completamente<br />
<strong>nel</strong>la competenza dell’Amministrazione, ma ricadesse sulla scuola e sulle famiglie;<br />
tuttavia era impossibile ignorare il problema e continuare ad interpretare l’iniziativa<br />
come un lavoro, un impegno per gli studenti, senza tentare cioè <strong>di</strong> trasformare l’attività<br />
in un lavoro fatto con gli studenti e con gli insegnanti.<br />
La nostra <strong>di</strong>fficoltà principale sembrava proprio essere quella <strong>di</strong> instaurare un rapporto<br />
profondo <strong>di</strong> scambio e <strong>di</strong> collaborazione tra il viaggio promosso dal <strong>Comune</strong> e il lavoro<br />
scolastico <strong>di</strong> ricerca, rielaborazione e <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento, senza il quale gran parte dell’esperienza<br />
delle visite ai lager era inesorabilmente destinata a perdersi.<br />
In altre parole, ci si rese conto che portare a visitare un campo <strong>di</strong> concentramento dei<br />
ragazzi non preparati preventivamente ad affrontare l’argomento e poi riportarli a casa,<br />
affidando tutto il cosiddetto feed back agli insegnanti poteva rivelarsi un’utopia o<br />
comunque un’occasione mancata.<br />
Lasciare alle scuole un contingente <strong>di</strong> posti da riempire in pullman con i criteri <strong>di</strong> selezione<br />
più liberi ed autonomi poteva anche provocare – come molto spesso avvenne – la formazione<br />
<strong>di</strong> gruppi eterogenei, non tanto per l’età degli stessi ragazzi che potevano provenire<br />
in<strong>di</strong>fferentemente da classi terze, quarte e quinte, quin<strong>di</strong> con preparazioni storiche<br />
<strong>di</strong>fferenti (spesso del tutto inesistenti), ma anche perché la casualità dell’aggregazione