10 <strong>Giuseppe</strong> Contarino maestro in<strong>di</strong>scusso e ad assimilare una concezione dell’arte che aveva per meta non solo il bello, ma anche il vero e che si poneva in antitesi con le forme senz’anima dell’Accademia. Appartengono a questo periodo due piccole tele, oggi al Castello Ursino <strong>di</strong> Catania: La vedova e La tra<strong>di</strong>ta, che vengono a segnare il confine <strong>di</strong> una nuova frontiera, tutta giocata sulla ricerca psicologica, sulla espressione del volto, sulle emozioni dei personaggi. Seduta su un <strong>di</strong>vano arabescato, La tra<strong>di</strong>ta - fungeva da modella la giovane figlia della sua locan<strong>di</strong>era - apprende da una lettera, che giace al suo fianco, <strong>di</strong> essere stata abbandonata. La camicetta <strong>di</strong> colore chiaro lascia scoperta una spalla, testimonianza <strong>di</strong> recenti intimità, e sottolinea il contrasto con l’educazione ricevuta, qui rievocata <strong>dalla</strong> pesante gonna a strisce orizzontali. Lo sguardo è fisso nel vuoto, smarrito; la mano destra tormenta la sinistra. Un tendaggio scuro, chiude la stanza alla luce e alla speranza. Al trionfalismo accademico si sostituisce la dura realtà della vita e i suoi <strong>di</strong>sing<strong>anni</strong>. Ugualmente triste, La vedova. Il chiuso dolore per la <strong>morte</strong> prematura del marito è riscattato <strong>dalla</strong> carezza <strong>di</strong> una bambina seduta sulle sue gambe. Il tenero, delicato contrasto tra la bimba portatrice <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> spensieratezza e la madre, portatrice <strong>di</strong> angoscia e dolore si incarna in una semplice tenerezza, capace <strong>di</strong> strappare un sorriso. In primo piano, dei fiori appena sbocciati. La vita continua, nonostante la trage<strong>di</strong>a. Alle spalle della coppia s’intravede un comò. Il tema è chiaramente ottocentesco, ma è trattato con delle novità acquisite sul campo, come, ad esempio, il chiaroscuro, la ricerca attenta della composizione e gli effetti prudenti <strong>di</strong> luce. Una esperienza fondamentale per <strong>Sciuti</strong> fu il contatto con i “Macchiaioli”. Ben presto, egli acquistò il gusto <strong>di</strong> confrontarsi con la natura, che offriva soluzioni cromatiche certamente più originali e autentiche <strong>di</strong> quelle scolastiche, e scoprì che uno stesso oggetto cambia d’immagine e <strong>di</strong> significato a seconda se è ripreso nel pieno del giorno o sul fare della sera. La realtà è un coacervo <strong>di</strong> macchie <strong>di</strong> colore che mutano <strong>di</strong> intensità al variare della luce e degli umori. Il ripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tutto ciò che appare co<strong>di</strong>ficato, la pre<strong>di</strong>lezione per la campagna, le macchie ver<strong>di</strong> tra vaste <strong>di</strong>stese brulle, che richiamavano la sua terra <strong>di</strong> origine, sfidavano la sua forte personalità, già messa in crisi dai contatti coi frequentatori del Caffè Michelangelo, anticipatori <strong>di</strong> una nuova stagione artistica. L’uso <strong>di</strong> un colore vivido, quasi violento, l’interesse per la ritrattistica, ben <strong>di</strong>versa da quella del Gandolfo, la contemplazione della natura, la vera maestra <strong>di</strong> ogni pittore, gli <strong>di</strong>vennero familiari. oltre all’aspetto realistico, <strong>Sciuti</strong> andò approfondendo il chiaroscuro. “Il pensiero <strong>di</strong> poter fermare la luce sulla stoffa o su una volta e <strong>di</strong> vedere l’ombra addensarsi nelle pieghe e nei secon<strong>di</strong> piani lo entusiasmò e <strong>di</strong> questo nuovo mezzo espressivo cercò soprattutto <strong>di</strong> impadronirsi” (Pinella <strong>Sciuti</strong>, <strong>Giuseppe</strong> <strong>Sciuti</strong> pittore, Palermo1938). L’incontro con Stefano Ussi, <strong>di</strong> ritorno da un viaggio in Algeria, gli lascerà poi suggestioni orientali, che si proporranno perio<strong>di</strong>camente nelle sue opere. Ad esempio, in Post pran<strong>di</strong>um e Con il benessere fioriscono le arti e le scienze. Sulla prima, L’Opinione <strong>di</strong> Roma scriveva il 2.2. 1986: “Il lavoro è stupendo per effetti prospettici e gentilezza <strong>di</strong> architetture, con un tripu<strong>di</strong>o e una giocon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sfarzo e <strong>di</strong> mollezza orientale nell’ambiente, e nella scultoria avvenenza delle donne, che fa un poco pensare alle pitture pompeiane”. A conferma del giu<strong>di</strong>zio del giornale, giunge la medaglia d’oro all’Esposizione nazionale <strong>di</strong> Nizza. Sul secondo lavoro, <strong>di</strong> grande impatto visivo, già condannato a essere crocifisso nel tetto del refettorio del Centro <strong>di</strong> spiritualità Emmaus, e oggi, finalmente restaurato, posto nella stanza del sindaco <strong>di</strong> Zafferana Etnea, accanto alle raffigurazioni allegoriche della pittura, della musica e della letteratura, illuminate da un giovane tedoforo, c’è, in
Pindaro esalta un vincitore dei giochi olimpici (particolare)