Sono trascorsi cento anni dalla morte di Giuseppe Sciuti, avvenuta a ...
Sono trascorsi cento anni dalla morte di Giuseppe Sciuti, avvenuta a ...
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L’ultima battaglia <strong>di</strong> <strong>Giuseppe</strong> <strong>Sciuti</strong><br />
stato chiamato il realismo descrittivo. A Napoli, ma anche altrove, si faceva strada l’avvertita esigenza <strong>di</strong> approntare<br />
una nuova arte per la nuova nazione che si andava definendo e che porterà Roma a <strong>di</strong>ventare capitale d’Italia. La<br />
pittura avrebbe dovuto contribuire “a fare gli italiani” non soltanto proponendo episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fulgido eroismo o inenarrabili<br />
sacrifici dei patrioti, ma attraverso gli uni e gli altri, approntando un percorso <strong>di</strong> crescita del pensiero nazionale.<br />
Il Nostro non si lasciò coinvolgere dalle vicende storiche contemporanee e da quelle correnti <strong>di</strong> pensiero che portarono<br />
<strong>di</strong>versi artisti ad imbracciare il fucile. Egli prende le <strong>di</strong>stanze da tutto ciò e si rifugia nella pittura storicistica,<br />
che muoveva dall’antica Roma e dal Me<strong>di</strong>oevo, dai quali trae immagini che hanno una propria funzione civile: oltre<br />
a un atto <strong>di</strong> fede in una realtà superata dai secoli, essa si propone come un’attrazione fatale verso il gran<strong>di</strong>oso, che<br />
piace più agli occhi che alla ragione. Tutte queste opere hanno in comune la spazialità delle scene, che dà veramente<br />
l’impressione dell’aria che vi circola, della folla che si muove. Un posto importante è riservato all’architettura delle<br />
costruzioni greco-romane, proposte con una sicurezza prospettica degna <strong>di</strong> un consumato architetto. Anziché restringere<br />
gli spazi, le sagome <strong>di</strong> piazze, monumenti e palazzi colloquiano coi cieli immensi pervasi <strong>di</strong> luce, <strong>di</strong>latando il<br />
campo d’azione e offrendo testimonianza visiva, <strong>di</strong> ciò che è,viceversa, pura fantasia.<br />
Attraverso la mirata partecipazione a prestigiosi concorsi egli viene accolto come un talento capace <strong>di</strong> restituire<br />
all’arte italiana le glorie del passato. Le sue masse, vibranti <strong>di</strong> colore, si impadroniscono della scena, e conferiscono<br />
cre<strong>di</strong>bilità a episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> quell’epoca, nello stesso periodo in cui trionfava il romanzo storico e il melodramma. Le<br />
vaste <strong>di</strong>mensioni e la complessità delle opere costringevano l’artista e la sua famiglia a gran<strong>di</strong> sacrifici economici.<br />
Bisognava risparmiare senza tra<strong>di</strong>re il lavoro. La tecnica <strong>di</strong> schierare la folla in lontananza, consentiva <strong>di</strong> evitare<br />
<strong>di</strong> scendere nei particolari, riservati, invece, ai protagonisti proposti in primo piano, ma, purtroppo, dava, talvolta,<br />
ai suoi lavori il carattere della ripetitività, del déjà vu e porterà i critici d’arte su posizioni estremamente rigorose.<br />
Arrivano Pindaro esalta un vincitore dei giochi olimpici” e I funerali <strong>di</strong> Timoleonte”.<br />
Col primo quadro, giu<strong>di</strong>cato all’Esposizione <strong>di</strong> Monaco <strong>di</strong> Baviera “opera fortissima <strong>di</strong> un geniale artista”, il pittore<br />
vince il primo premio. Quello che colpisce imme<strong>di</strong>atamente è un ampio colonnato che si protende come un braccio<br />
a decuplicare l’ambiente. È la tribuna dell’arena nella quale si sono appena svolti i giochi olimpici. Ai margini <strong>di</strong><br />
esso, ma in primo piano, una piccola folla, attenta e silenziosa, ascolta Pindaro che esalta le virtù <strong>di</strong> un vincitore: non<br />
soltanto quelle fisiche, ma, soprattutto, quelle morali. Non si può, infatti, vincere una gara sportiva se prima non ci si<br />
è sottoposti a una ferrea <strong>di</strong>sciplina per educare il proprio corpo allo sforzo, a evitare i vizi e praticare la morigeratezza.<br />
Il <strong>di</strong>scorso del poeta vola alto ed è rivolto a tutti, perché tutti, atleti e spettatori, abbiamo bisogno <strong>di</strong> controllare<br />
gli istinti e alimentare lo spirito. Troviamo così ad ascoltarlo anziani, giovani, ragazzi, donne, bambini <strong>di</strong> ogni età,<br />
<strong>di</strong> ogni con<strong>di</strong>zione sociale. I particolari sono colti con grande maestria. Nell’ultima fila, ad esempio, la prima per chi<br />
guarda, una donna spinge il figlioletto in alto per fargli vedere e sentire cose che magari non può comprendere, ma<br />
che, possibilmente, gli resteranno in qualche modo impresse nella mente; un’altra, con camicetta trasparente scivolata<br />
sull’avambraccio, aiuta un bambino a salire alcuni gra<strong>di</strong>ni; due giovani commentano con interesse quanto hanno<br />
u<strong>di</strong>to. Qua e là, sapienti tocchi <strong>di</strong> rosso. <strong>Sciuti</strong> non restò sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> questo bozzetto e, come gli capitava spesso,<br />
introdusse notevoli cambiamenti facendo svolgere la scena, non più nell’atrio dello sta<strong>di</strong>o, ma in mezzo all’arena<br />
gremita, col vincitore, <strong>di</strong>stinto da un mantello rosso, su un cavallo. L’illusorietà spaziale ne acquista certamente, ma<br />
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