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Sono trascorsi cento anni dalla morte di Giuseppe Sciuti, avvenuta a ...

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92<br />

Antonio Patanè<br />

L’eruzione con tutte le sue gravissime conseguenze ( per<strong>di</strong>ta del raccolto <strong>di</strong> uve, deprezzamento del prezzo del<br />

vino, <strong>di</strong>struzione delle mele e pere <strong>di</strong> Cassone, dell’Airone, dell’Arcimisa e zone limitrofe, <strong>di</strong>struzione dei pascoli<br />

coperti da terriccio vulcanico e quin<strong>di</strong> inutilizzabili ecc ), l’economia prettamente silvo-agricolo-pastorale della zona<br />

influì negativamente sul destino della famiglia del pittore e <strong>di</strong>rettamente sullo <strong>Sciuti</strong> stesso che non ricevette più le<br />

altre annualità del sussi<strong>di</strong>o che dopo tante <strong>di</strong>fficoltà gli era stato assegnato: lo stabilì ufficialmente una lettera del<br />

Consiglio <strong>di</strong> Intendenza del 9 novembre 1852 dove laconicamente si comunicava al Sindaco e all’ interessato che a<br />

causa degli eventi vulcanici dell’agosto passato non era più possibile il versamento delle altre rate del sussi<strong>di</strong>o che<br />

erano state stornate per dare aiuto ai colpiti dell’eruzione. Per questo motivo il pittore non fece più affidamento su<br />

aiuti delle autorità e della stessa famiglia e cominciò ad arrangiarsi da sé cercando le prime commesse artistiche e<br />

scenografiche a Giarre, Riposto e Catania . Nemmeno la famiglia potè aiutarlo- come si è detto già- poiché si trovò<br />

<strong>di</strong> punto in bianco senza le insostituibili risorse che le provenivano da alcuni terreni coltivati a frutteti sulle pen<strong>di</strong>ci<br />

occidentali dell’Etna e che erano rimasti sepolti dalle colate laviche <strong>di</strong> quella tremenda eruzione.<br />

Dall’esame <strong>di</strong> questo piccolo carteggio rimasto per tanto tempo sconosciuto, viene fuori chiaramente che non fu<br />

il Decurionato con alla guida lo zio prima ed il Longo poi a negargli il sussi<strong>di</strong>o: anzi le pagine parlano <strong>di</strong> un vivo<br />

interessamento che però venne a cozzare con l’apparato amministrativo superiore e cioè l’Intendenza <strong>di</strong> Catania.<br />

Nemmeno questo organismo riuscì (o volle) a elargire la somma per cui fu interessata la Luogotenenza <strong>di</strong> Palermo,<br />

secondo quello che era il criterio gerarchico amministrativo introdotto <strong>dalla</strong> riforma borbonica del 1817-1818. Il<br />

Consiglio <strong>di</strong> Luogotenenza se ne lavò subito le mani, lasciando la decisione finale all’omonimo <strong>di</strong> Catania. Non era<br />

successo niente <strong>di</strong> eccezionale secondo la prassi dell’epoca, ma per avere il sussi<strong>di</strong>o passò oltre un anno e poi ci si<br />

mise <strong>di</strong> mezzo anche l’Etna con una eruzione come non si era visto ultimamente e con una colata lavica le cui estreme<br />

propaggini arrivarono alla periferia <strong>di</strong> Zafferana e specificatamente nel sito <strong>di</strong> San Vito dove bruciarono <strong>di</strong>versi posse<strong>di</strong>menti.<br />

Tra i terreni sepolti vi fu una estesa striscia <strong>di</strong> terreno <strong>di</strong> proprietà del poeta e letterato acese Lionardo Vigo<br />

che amorevolmente vi aveva piantato frutti e soprattutto viti con le sue stesse mani. Il Vigo ne rimase assai colpito ed<br />

amareggiato al punto tale da scrivere un poema sulla colata con lo pseudonimo <strong>di</strong> Ignazia La Spina, poetessa siciliana<br />

del tutto sconosciuta, ma la cui identità <strong>di</strong> fatto conduceva <strong>di</strong>rettamente alla madre del poeta (Ignazia Calanna) e<br />

quin<strong>di</strong> a lui stesso. L’attribuzione del poema sulla colata del 1852 , per amore <strong>di</strong> verità, ha ingannato qualche “famoso<br />

eru<strong>di</strong>to e storico siciliano” e pure qualche critico: infatti in parecchi hanno creduto pe<strong>di</strong>ssequamente alla esistenza <strong>di</strong><br />

questa poetessa in vernacolo <strong>di</strong> cui nessuno conosceva la vera identità e le eventuali opere.<br />

Il 20 <strong>di</strong>cembre 1855, quando era ancora vivo il ricordo della passata eruzione che per poco non aveva seppellito la<br />

ridente citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Zafferana, il sindaco D. Francesco Longo riunì il Decurionato per <strong>di</strong>scutere la remunerazione da<br />

dare al giovane pittore locale <strong>Sciuti</strong> per un quadro attestante la passata eruzione, che questi aveva già fatto su commissione<br />

dello stesso Municipio. Il Decurionato ad unanimità <strong>di</strong> voti deliberò <strong>di</strong> accordare all’artista una gratifica <strong>di</strong><br />

45 ducati da prelevarsi dal fondo opere Pubbliche Comunali. Sempre dal detto fondo sarebbero stati prelevati ducati<br />

3 e grana 50 per le spese della cornice ( A.S.CT, F.I.B., b. 4018, “Gratificazione al pittore D. <strong>Giuseppe</strong> <strong>Sciuti</strong> Russo<br />

per un <strong>di</strong>mostrante la eruzione dell’Etna del 1852 per uso della Casa Comunale” 20 XII- 1855). Questo fatto denota<br />

sempre che la Municipalità era molto vicina al pittore e lo aveva gratificato al meglio delle possibilità finanziare

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