Sono trascorsi cento anni dalla morte di Giuseppe Sciuti, avvenuta a ...
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<strong>Giuseppe</strong> <strong>Sciuti</strong> e Zafferana Etnea<br />
al meglio l’emergenza e cercare <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>re le richieste <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>o pervenute per risolvere il grave ed urgente problema<br />
degli sfollati e quello del vino delle numerose cantine che si trovavano lungo il preve<strong>di</strong>bile corso delle colate<br />
laviche. Per risolvere l’emergenza in loco, il Panebianco, salì in carrozza a Zafferana e si installò nel locale che<br />
fungeva da Municipio: da qui fece venire dai centri vicini numerosi carretti che sarebbero stati utilizzati per portare<br />
via le principali masserizie delle case e masserie che si trovavano lungo la <strong>di</strong>rettive della lava e che erano quin<strong>di</strong><br />
sul punto <strong>di</strong> essere sepolte e bruciate. Parimenti l’Intendente fece venire a Zafferana altri carretti con carichi <strong>di</strong> fave<br />
e legumi da <strong>di</strong>stribuire agli sfollati e alle famiglie bisognose, poi mandò un corriere a Catania con una missiva per<br />
l’ing. Lorenzo Maddem al quale voleva chiedere se era possibile arrestare o deviare il corso della colata lavica che<br />
si <strong>di</strong>rigeva rapidamente in basso verso la citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Zafferana. Altro or<strong>di</strong>ne impartito dall’Intendente, dopo un consulto<br />
con agrimensori e conoscitori locali del territorio, fu quello <strong>di</strong> far svuotare al più presto “cu trummi e mastri<br />
d’acqua” tutte le numerose cisterne che si trovavano lungo l’eventuale percorso della lava e <strong>di</strong> aiutare le persone che<br />
dovevano sgomberare le case in pericolo a portar via le povere masserizie. Era evidente che l’Intendente non voleva<br />
che accadesse nuovamente ciò che era successo nella passata eruzione del 1843 a Bronte, quando la massa ardente a<br />
contatto con l’acqua <strong>di</strong> una cisterna aveva provocato una tremenda esplosione che aveva causato decine <strong>di</strong> morti tra i<br />
molti curiosi che incautamente sostavano nei pressi della corrente lavica (cfr A. Patanè, Lapilli, pietre infocate ed una<br />
grande colonna <strong>di</strong> fumo nero, art. in LA FRECCIA VERDE, Mascalucia, <strong>di</strong>cembre 1995, pag. 40 e segg.).<br />
Per quanto riguarda il vino contenuto nelle cantine in pericolo, il Panebianco, dopo un veloce consulto con alcuni<br />
proprietari terrieri del territorio, mandò un corriere a Riposto con una lettera per il sindaco D. Giov<strong>anni</strong> Fichera, nella<br />
quale invitava l’amministratore a far acquistare ai facoltosi commercianti vinicoli <strong>di</strong> quel centro sino a 1000 salme <strong>di</strong><br />
vino in pericolo, a prezzo corrente e soprattutto senza forzature ed abusi, data la situazione <strong>di</strong> vera emergenza che si<br />
era venuta a creare all’improvviso nel territorio orientale del vulcano. In tale prospettiva l’Intendente avvisò pure il<br />
Patrizio <strong>di</strong> Catania affinchè con pubblico bando invitasse i bettolieri e gli osti citta<strong>di</strong>ni a preferire il vino della Zafferana<br />
nei loro commerci ed affari quoti<strong>di</strong>ani in modo da venire incontro alle esigenze degli abitanti del comprensorio<br />
orientale etneo colpito <strong>dalla</strong> calamità lavica. Parimenti l’Intendente preparò un lungo e dettagliato rapporto sugli<br />
sviluppi della situazione lavica per il Luogotenente Generale <strong>di</strong> Palermo, come gli era stato chiesto espressamente.<br />
A stretto giro <strong>di</strong> corriere, il Panebianco ebbe la risposta del sindaco <strong>di</strong> Riposto, il quale aveva subito interessato il<br />
commerciante Salvadore Fiamingo per l’acquisto <strong>di</strong> 1000 carichi (1 carico =litri 68,800) <strong>di</strong> vino a prezzo corrente e<br />
con la sola aggiunta delle spese per il trasporto (Cfr. A.S.CT, F.I.B., b. 4218, “Rapporto del sindaco <strong>di</strong> Riposto all’Intendente,<br />
24 agosto 1852”). Un aspetto particolare dell’eruzione amaramente lo scrisse Lionardo Vigo: infatti annotò<br />
con sgomento che “tutti sgomberavano le case e non pochi con le masserizie trasportavano i figlioletti e le porte e i tegoli<br />
degli e<strong>di</strong>fizi. Il cuore si rompeva a quella vista e mentre a torme i fuggitivi volgevansi alle marittime terre, da lì salivano a<br />
torme gli innumerevoli curiosi, i quali <strong>di</strong>struggevano, sperperavano, rubavano, calpestavano, devastavano tutto quello<br />
che il fuoco aveva risparmiato (L. Vigo, op. cit., pag. 9 e segg.). A completamento <strong>di</strong> questa atmosfera tesa e drammatica<br />
il 25 agosto 1852, una nuvolaglia scura coprì tutto quel territorio sino alle località marine . Ma non si trattava <strong>di</strong> un<br />
temporale, come avevano creduto all’inizio molti, bensì <strong>di</strong> un ammasso polveroso <strong>di</strong> cenere vulcanica che in pochissimo<br />
tempo coprì e <strong>di</strong>strusse tutti i raccolti <strong>di</strong> uva e frutti soprattutto perché fortemente impregnato <strong>di</strong> acido solforico.<br />
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