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Sono trascorsi cento anni dalla morte di Giuseppe Sciuti, avvenuta a ...

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Antonio Patanè<br />

il Fondo Borbonico dell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Catania e da altri documenti sparsi, siamo riusciti a ricostruire in gran<br />

parte gli avvenimenti che coprono il decennio 1851- 1861 e che risultarono cruciali per la vita del pittore, soprattutto<br />

a causa degli eventi naturali che <strong>di</strong>strussero <strong>di</strong>versi appezzamenti <strong>di</strong> terreno posti ad ovest della citta<strong>di</strong>na e su cui<br />

si basava l’economia della famiglia che da essi traeva il maggiore sostentamento. Ci vogliamo riferire <strong>di</strong>rettamente<br />

all’eruzione che nel 1852 provocò immensi d<strong>anni</strong> nei fertili terreni orientali del vulcano e le cui lave arrivarono molto<br />

in basso sino a quota 580 m, tagliando la stradella che da dal sito <strong>di</strong> san Vito oltre Zafferana portava ai sovrastanti<br />

villaggi <strong>di</strong> Milo e Caselle.<br />

Dal 1850 in poi lo <strong>Sciuti</strong>, già se<strong>di</strong>cenne, aveva dato prova evidente del suo genio pittorico: infatti i muri esterni<br />

della sua abitazione e delle case vicine erano pieni <strong>di</strong> figure e schizzi che il giovanetto aveva fatto utilizzando soprattutto<br />

carbone vegetale. Alcuni vecchi quaderni pieni <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni vari e le continue richieste del giovinetto convinsero<br />

i suoi genitori a sacrificarsi più del dovuto e a mandarlo a Catania presso gli stu<strong>di</strong> artistici dei maestri <strong>di</strong> cui abbiamo<br />

detto sopra e soprattutto del pittore Gandolfo. Quest’ultimo dopo i primi approcci e prove si convinse che il promettente<br />

giovane <strong>Sciuti</strong> era portato verso l’arte pittorica e cercò quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> insegnargli tutto quanto era in suo possesso.<br />

Dopo alcuni mesi <strong>di</strong> duro tirocinio, il Gandolfo spedì una lettera ai genitori dove comunicò che non aveva più niente<br />

da insegnare al ragazzo e che questi avrebbe avuto bisogno invece <strong>di</strong> frequentare nuovi maestri d’arte in altre città<br />

italiane. Con questi suggerimenti ed inviti alla famiglia, il Gandolfo cercava <strong>di</strong> aiutare quel promettente <strong>di</strong>scepolo che<br />

ambiva a conoscere nuove realtà artistiche per potersi perfezionare in quell’arte verso la quale si sentiva irresistibilmente<br />

attratto e nella quale cercava il vero completamento della sua personalità.<br />

Tornato nella citta<strong>di</strong>na natale il giovinetto esternò i suoi propositi ai familiari e ad altri parenti ricevendone tuttavia<br />

dei <strong>di</strong>nieghi legati per lo più a <strong>di</strong>fficoltà finanziarie. Qualcuno, forse lo zio cappellano, gli consigliò <strong>di</strong> rivolgersi al<br />

Comune, amministrato in quel periodo dal notaio D. Silvestro Sciuto, altro suo parente. Fu così che in data 4 <strong>di</strong>cembre<br />

1851 il giovane <strong>Sciuti</strong> presentò al Municipio <strong>di</strong> Zafferana Etnea la richiesta <strong>di</strong> “un qualche sussi<strong>di</strong>o che potesse<br />

agevolargli il proseguimento dei suoi studj” ( cfr. Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Catania,Fondo Intendenza Borbonica, busta<br />

4018, “Richiesta del pittore <strong>Giuseppe</strong> <strong>Sciuti</strong>, 4 –XII-1851”).<br />

Contrariamente a quanto si è detto e scritto finora da biografi non sempre documentati e da critici oltremodo saccenti,<br />

il sindaco, appoggiato dal Decurionato, accolse l’istanza presentata dal giovane e poco tempo dopo gli accordò<br />

un sussi<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 37, 88 ducati, somma che nello Stato Discusso precedente era stata stanziata per il mantenimento <strong>di</strong><br />

un trovatello nel Reale Ospizio <strong>di</strong> Beneficienza. Non si trattava <strong>di</strong> una grande cifra, ma sicuramente avrebbe dato un<br />

certo e sostanzioso aiuto al ragazzo che <strong>di</strong>speratamente cercava il modo <strong>di</strong> potere risolvere il problema del suo perfezionamento<br />

artistico possibilmente in realtà urbane ed artistiche fuori dall’Isola. Tuttavia, come sempre nella prassi<br />

amministrativa del periodo borbonico, la concessione del sussi<strong>di</strong>o era legata all’approvazione finale dell’Intendente.<br />

Quest’ultimo, all’epoca D. Angelo Panebianco, ricevuta con i normali canali amministrativi del tempo la Delibera<br />

Decurionale, rispose con lettera del 31 gennaio 1852 ( cfr. A.S.CT, F.I.B. b. 4018, “Risposta dell’Ufficio <strong>di</strong> Intendenza,<br />

Catania, 31 -I- 1852”) nella quale affermava che non poteva accettarsi l’inversione della somma a favore del<br />

giovane <strong>Sciuti</strong>, mentre il Decurionato era sempre nella sua potestà <strong>di</strong> mandare un trovatello oppure un orfano povero<br />

all’Ospizio <strong>di</strong> Beneficienza citta<strong>di</strong>no. Questi documenti dell’inizio del 1852, risultano oltremodo importanti poiché

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