Sono trascorsi cento anni dalla morte di Giuseppe Sciuti, avvenuta a ...
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<strong>Giuseppe</strong> Frazzetto<br />
dove muore nel 1911). E non certo un caso se la stessa lezione <strong>di</strong> Morelli viene accolta da <strong>Sciuti</strong> con beneficio <strong>di</strong><br />
inventario, deprivandola innanzitutto delle sempre presenti tentazioni fantastiche e semmai volgendola alla consueta<br />
‘ombra’ del naturalismo, ovvero l’allegoria.<br />
Sebbene perfettamente funzionale all’intento pedagogico e civile <strong>di</strong> quel genere <strong>di</strong> pittura, la strutturazione<br />
scenografico-allegorica correva il rischio d’essere simultaneamente richiesta e rifiutata, celebrata e irrisa. Evidente<br />
nell’ambito pittorico, questa ambivalenza rifletteva del resto un che <strong>di</strong> irrisolto anche nell’implicazione ideologica,<br />
là dove l’esaltazione del nuovo stato unitario sembrava non trovare un ubi consistam simbolico, e oscillava fra le ben<br />
<strong>di</strong>verse mitologie pseudo-romana e pseudo-me<strong>di</strong>evale<br />
Del resto tale contrad<strong>di</strong>zione è leggibile anche nel percorso della sua carriera artistica, fra luci e ombre. La sua<br />
posizione è pur sempre defilata, più da comprimario che da protagonista, anche nell’ambito in cui sceglie d’agire;<br />
tuttavia è incaricato più volte dell’esecuzione <strong>di</strong> decorazioni in palazzi pubblici e chiese prestigiose (ad esempio nel<br />
Palazzo Provinciale <strong>di</strong> Sassari, nella Collegiata <strong>di</strong> Catania e nel Duomo <strong>di</strong> Acireale) e <strong>di</strong> opere specificamente ‘teatrali’<br />
(i sipari del Bellini <strong>di</strong> Catania e del Massimo <strong>di</strong> Palermo) e a un certo punto conosce anche un successo internazionale<br />
(nel 1888, all’Esposizione italiana <strong>di</strong> belle arti a Londra; da quell’occasione deriva l’accostamento, spesso<br />
ripetuto <strong>dalla</strong> stampa ma non del tutto giustificato, con la pittura <strong>di</strong> Lawrence Alma-Tadema).<br />
Si trattava <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni dell’epoca. Non a caso, se <strong>Sciuti</strong> fosse stato tedesco le sue gran<strong>di</strong> tele avrebbero potuto<br />
essere esposte senza provocare alcuna sorpresa in una mostra come Blicke auf Europa. Europa und <strong>di</strong>e deutsche<br />
Malerei des 19. Jahrhunderts (2007, a Berlino, Dresda e Monaco), nella quale si esibivano esempi rilevanti <strong>di</strong> una<br />
pittura solitamente ignorata dai non specialisti: opere estranee alla “leggenda dell’Avanguar<strong>di</strong>a” (e a quella della sua<br />
incubazione ottocentesca), e che però permettevano <strong>di</strong> guardarla obliquamente, e con maggiore esattezza. In definitiva,<br />
la pittura <strong>di</strong> <strong>Sciuti</strong> appare testimonianza (sia pure in filigrana) d’una più ampia configurazione storica e culturale,<br />
dove si intrecciarono chiusure regionaliste e slanci unitari, richiami al popolo e mitizzazione degli ‘eroi’, intimismo<br />
e illusioni collettive, accademismo e bagliori d’una nuova pittura.<br />
* Professore <strong>di</strong> Storia dell’Arte all’Accademia delle Belle Arti <strong>di</strong> Catania