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matilde di canossa - Provincia di Reggio Emilia

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testimonianze concrete della loro dominazione. La toponomastica locale parla<br />

chiaramente <strong>di</strong> paesi nominati con termini <strong>di</strong> origine longobarda, ad esempio<br />

Romagnano (derivante da Arimannorum/Arimanni, la casta abbiente <strong>di</strong> questa<br />

etnia), o <strong>di</strong> cognomi <strong>di</strong> persone che tra<strong>di</strong>scono la tra<strong>di</strong>zione germanica, quali<br />

Lamberti, Gualerzi, Gualandri, Giberti…L’influenza longobarda poi si vede<br />

chiaramente nella tra<strong>di</strong>zione culturale reggiana, proprio perché ad essi si deve<br />

l’introduzione della suinicoltura, con l’allevamento allo stato brado <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

quantità <strong>di</strong> suini, nutriti con le ghiande dei boschi <strong>di</strong> quercie, che favorirono<br />

una fiorente arte norcina, per la quale l’<strong>Emilia</strong>, come del resto altre zone ad alta<br />

influenza longobarda quali l’Umbria, sono state rese famose e celebri.<br />

Ma proprio nella fascia territoriale <strong>di</strong> Carpineti e della valle del Tresinaro, <strong>di</strong><br />

fronte ad un universo dove il suino la fa da padrone, proprio per <strong>di</strong>fferenziarsi e<br />

per gridare ad alta voce l’appartenenza ad una cultura, oramai <strong>di</strong> minoranza <strong>di</strong><br />

matrice bizantina, è rimasta viva e fiorente, nella zona <strong>di</strong> Baiso e dell’alta valle<br />

del Tresinaro, unica enclave in <strong>Emilia</strong>, l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> consumare carne <strong>di</strong> ovino,<br />

pecora ed agnello, sotto forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti pietanze.<br />

L’allevamento ovino in epoca prelongobarda era attivato in larga scala in<br />

<strong>Emilia</strong>, tanto che i gran<strong>di</strong> scrittori classici romani, ricordano che bastavano le<br />

pecore emiliane, per rifornire tutta Roma <strong>di</strong> lana e latticini. Tante testimonianze<br />

archeologiche, toponomastiche ed iconografiche, ricordano la vocazione<br />

ovina emiliana, una vocazione che va a scemare mano a mano a favore della<br />

suinicoltura.<br />

La pastorizia e la tra<strong>di</strong>zione dell’allevamento ovino rimarranno nel corso <strong>di</strong> questi<br />

ultimi secoli fortemente ra<strong>di</strong>cate soprattutto nell’Alto Appennino Reggiano, fino<br />

a pochi decenni fa con le rotte della transumanza verso la Maremma o il fiume<br />

Po in Inverno, quasi a sostentare una monoeconomia, soprattutto in zone dove<br />

il castagno ed un’agricoltura <strong>di</strong> sussistenza fornivano il necessario per vivere.<br />

La carne <strong>di</strong> pecora inoltre non era considerata pericolosa dalla me<strong>di</strong>cina<br />

galenica, la me<strong>di</strong>cina in voga durante il Me<strong>di</strong>oevo e che caratterizzò tutta la<br />

farmacopea e la culinaria fino all’Età dei Lumi. Secondo quest’ultima, l’uomo<br />

composto da quattro flui<strong>di</strong> corporali (acqua, aria, sangue e flegma), ai quali si<br />

davano quattro valori (caldo, freddo, umido e secco), doveva alimentarsi con<br />

cibi adeguati per equilibrare i flui<strong>di</strong>, in questo caso la carne <strong>di</strong> ovino non era<br />

quin<strong>di</strong> particolarmente calda e secca rispetto ad altri animali quali ad esempio<br />

il maiale.<br />

La tra<strong>di</strong>zione reggiana ricorda innumerevoli detti, proverbi, racconti e filastrocche<br />

che lasciano trasparire la centralità <strong>di</strong> questo animale per l’economia quoti<strong>di</strong>ana<br />

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