matilde di canossa - Provincia di Reggio Emilia
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CASTAGNACCIO<br />
Analogo <strong>di</strong>scorso lo si può fare per un altro prodotto della dolciaria reggiana,<br />
che si prepara con la medesima materia prima, ossia il castagnaccio, che può<br />
assumere <strong>di</strong>fferenti nomi, soprattutto più si sale <strong>di</strong> quota verso l’Appennino e<br />
quin<strong>di</strong> verso la Toscana, dove assume anche il nome <strong>di</strong> pattona o focaccia <strong>di</strong><br />
maroni.<br />
La cuciniera maestra <strong>di</strong> Leopoldo Bassi lo nomina già nel 1884, declinandone la<br />
ricetta: “…castagnaccio, focaccia <strong>di</strong> maroni, fate cuocere e levate la scorza <strong>di</strong><br />
una cinquantina <strong>di</strong> maroni, schiacciateli in un colatoio, quando tutto è passato<br />
aggiungetevi una quarta parte <strong>di</strong> zucchero in polvere, scorza <strong>di</strong> limone tagliata<br />
ed un bicchiere <strong>di</strong> buona crema fate cuocere come il biscotto…”<br />
Importanti poi nell’ottica della certificazione S.T.G. sono i riferimenti <strong>di</strong>retti<br />
<strong>di</strong> Luigi Camparini del 1944, che lo ricorda come dolce tipico della montagna<br />
reggiana, ed in parte minore per la bassa e la pianura a base <strong>di</strong> farina <strong>di</strong><br />
castagna. Non deve sorprendere infatti, che prodotti preparati con la farina <strong>di</strong><br />
castagne, entrino <strong>di</strong> rigore nella tra<strong>di</strong>zione gastronomica locale anche <strong>di</strong> paesi<br />
lontani dall’Appennino, ove la produzione <strong>di</strong> castagne è totalmente assente o<br />
solo marginale, in quanto la farina <strong>di</strong> castagna era la protagonista del baratto<br />
più comune degli agricoltori montanari, che scendevano al piano per scambiare<br />
farina <strong>di</strong> castagno con quella <strong>di</strong> frumento. Un’ulteriore conferma la sia ha<br />
grazie al Breve manuale del mangiare reggiano, il quale nel 1985, ricorda: “…sia i<br />
gran<strong>di</strong> che i meno gran<strong>di</strong> adorano da sempre questo semplicissimo dolce che<br />
la fantasia popolare e le <strong>di</strong>sponibilità finanziarie arricchivano col latte al posto<br />
dell’acqua con uvetta e pinoli o foglioline <strong>di</strong> rosmarino. Anche la più semplice <strong>di</strong><br />
queste preparazioni è assai gustosa e facile da confezionare. Occorrono, farina<br />
<strong>di</strong> castagna, acqua tiepida, un pizzico <strong>di</strong> sale, un cucchiaio <strong>di</strong> olio <strong>di</strong> oliva, una<br />
teglia ben unta. La pasta dovrà essere abbastanza liquida e senza grumi e la<br />
si dovrà cuocere in forno ben caldo per circa mezz’ora. Sarà pronta quando<br />
avrà assunto l’aspetto caratteristico: screpolato al centro e più basso che ai lati<br />
si serve tiepido o freddo. Una variante consiste nell’aggiungere all’impasto base<br />
un cucchiaino da caffè <strong>di</strong> lievito in polvere. Si otterrà un castagnaccio più alto<br />
<strong>di</strong> spessore e più morbido…”<br />
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