Genealogia Della Morale - il portale di "rodoni.ch"
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Ma come mai è venuta al mondo quell'altra «oscura faccenda», la<br />
coscienza della colpa, l'intera «cattiva coscienza»? - E con ciò<br />
torniamo ai nostri genealogisti della morale. Lo <strong>di</strong>co ancora una volta<br />
- o forse non l'ho ancora mai detto? - essi non valgono niente.<br />
Un'esperienza singola <strong>di</strong> non più <strong>di</strong> cinque spanne, solo «moderna»,<br />
nessun sapere, nessuna volontà <strong>di</strong> sapere <strong>il</strong> passato; ancora meno un<br />
istinto storico, una «seconda vista» necessaria proprio in questo caso<br />
- eppure si occupano <strong>di</strong> storia della morale: e ciò deve ovviamente<br />
portare a risultati che hanno un rapporto non puramente sdegnoso con<br />
la verità. Questi nostri genealogisti della morale hanno mai sia pur<br />
lontanamente pensato che, per esempio, quel concetto fondamentale <strong>di</strong><br />
«colpa» ha la sua origine nel concetto molto materiale <strong>di</strong> «debito»? O<br />
che la pena come "rivalsa" si è sv<strong>il</strong>uppata prescindendo assolutamente<br />
da ogni presupposto sulla libertà e non libertà del volere? - e ciò<br />
sino al punto in cui c'è invece sempre in primo luogo bisogno <strong>di</strong> un<br />
"alto" livello <strong>di</strong> umanizzazione, perché l'animale «uomo» cominci a<br />
operare quelle <strong>di</strong>versificazioni molto più primitive come<br />
«intenzionale», «negligente», «casuale», «responsab<strong>il</strong>e» e i loro<br />
opposti e a tenerne conto nella corresponsione della pena. Quel<br />
pensiero oggi così a buon mercato e apparentemente così naturale e<br />
inevitab<strong>il</strong>e, cui si è sempre dovuto far ricorso per spiegare come si è<br />
originato sulla terra <strong>il</strong> sentimento della giustizia, <strong>il</strong> pensiero cioè<br />
che «<strong>il</strong> delinquente merita <strong>di</strong> essere punito "perché" avrebbe potuto<br />
agire <strong>di</strong>versamente», è in effetti una forma assolutamente tarda, anzi<br />
raffinata del giu<strong>di</strong>care e del dedurre umano; chi la sposta alle<br />
origini, commette un grossolano errore riguardo alla psicologia della<br />
umanità più antica. Per tutto <strong>il</strong> più lungo periodo della storia umana,<br />
"non" si è usata la pena, "perché" si considerasse responsab<strong>il</strong>e della<br />
sua azione colui che aveva fatto <strong>il</strong> male, cioè "non" secondo <strong>il</strong><br />
presupposto che si debba punire solo <strong>il</strong> colpevole - ma invece, si<br />
puniva, come ancora oggi i genitori puniscono i figli, e cioè sotto<br />
l'impulso della collera per un danno subito, la quale si sfoga<br />
sull'autore del danno - collera, questa, controllata e mo<strong>di</strong>ficata<br />
dall'idea che ogni danno abbia, in qualche cosa, <strong>il</strong> suo "equivalente"<br />
e che possa essere indennizzato, sia pure con <strong>il</strong> "dolore" <strong>di</strong> chi lo ha<br />
prodotto. Da dove ha derivato la sua forza questa antichissima idea,<br />
dalle ra<strong>di</strong>ci profon<strong>di</strong>ssime che forse oggi non è più possib<strong>il</strong>e<br />
estirpare, l'idea <strong>di</strong> un'equivalenza <strong>di</strong> danno e dolore? Io l'ho già<br />
svelato: nel rapporto contrattuale tra "cre<strong>di</strong>tore" e "debitore", che è<br />
tanto antico quanto lo sono anche i «soggetti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto», e rimanda<br />
ancora una volta, da parte sua, alle forme fondamentali <strong>di</strong> compera,<br />
ven<strong>di</strong>ta, baratto e commercio.<br />
5.<br />
In ogni modo richiamare alla mente questi rapporti contrattuali,<br />
risveglia, come è naturale aspettarsi dopo quello che abbiamo<br />
precedentemente osservato, ogni genere <strong>di</strong> sospetto e <strong>di</strong> resistenza<br />
contro l'umanità più antica che li ha creati o permessi. Proprio qui<br />
si fanno le "promesse"; proprio qui si tratta <strong>di</strong> "fare" una memoria a<br />
colui che promette; proprio questo, è consentito sospettarlo, sarà <strong>il</strong><br />
luogo <strong>di</strong> ritrovamento <strong>di</strong> cose dure, crudeli, sgradevoli. Per rendere<br />
cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e la sua promessa <strong>di</strong> restituzione, per garantire la serietà e<br />
la sacralità della promessa, per imporre a se stesso e alla sua<br />
coscienza la restituzione come un dovere, un'obbligazione, <strong>il</strong> debitore<br />
offre, con un contratto, in pegno al cre<strong>di</strong>tore, per <strong>il</strong> caso <strong>di</strong> una<br />
possib<strong>il</strong>e insolvenza, qualcosa che egli ancora «possiede», qualcosa su<br />
cui ha ancora potere, per esempio <strong>il</strong> proprio corpo, la propria donna,<br />
la libertà o anche la propria vita (o, secondo certi presupposti<br />
religiosi, ad<strong>di</strong>rittura la sua beatitu<strong>di</strong>ne, la salvezza della sua<br />
anima, e infine anche la pace del sepolcro: come in Egitto, dove<br />
neppure nella tomba <strong>il</strong> cadavere del debitore trovava pace dal<br />
cre<strong>di</strong>tore - e proprio per gli Egizi questa pace aveva un senso<br />
particolare). Ma proprio contro <strong>il</strong> corpo del debitore <strong>il</strong> cre<strong>di</strong>tore