Genealogia Della Morale - il portale di "rodoni.ch"
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cioè i nob<strong>il</strong>i, i potenti, gli uomini <strong>di</strong> ceto superiore e <strong>di</strong> sentimenti<br />
elevati a sentire e definire se stessi e le loro azioni come buoni,<br />
cioè <strong>di</strong> prim'or<strong>di</strong>ne, e in antitesi a tutto ciò che è volgare, <strong>di</strong><br />
sentimenti volgari, comune e plebeo. Basandosi su questo "pathos della<br />
<strong>di</strong>stanza" essi si sono attribuiti <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> creare valori, <strong>di</strong><br />
inventare definizioni dei valori, l'ut<strong>il</strong>ità non li interessava<br />
affatto! Il punto <strong>di</strong> vista della ut<strong>il</strong>ità, proprio in rapporto a un<br />
tale ardente traboccare <strong>di</strong> supremi giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore che fissino o<br />
definiscano una gerarchia, è quanto <strong>di</strong> più estraneo e inadeguato si<br />
possa pensare: qui infatti <strong>il</strong> sentimento è arrivato a una opposizione<br />
con quel basso grado <strong>di</strong> calore, presupposto <strong>di</strong> ogni sagacia<br />
calcolatrice, <strong>di</strong> ogni calcolo ut<strong>il</strong>itario, e non "una tantum", non per<br />
un'ora eccezionale, ma durevolmente. Il "pathos" dell'aristocrazia e<br />
della <strong>di</strong>stanza, come ho detto, <strong>il</strong> duraturo e dominante sentimento<br />
totale e bas<strong>il</strong>are <strong>di</strong> una specie superiore e dominante nei confronti <strong>di</strong><br />
una specie inferiore, <strong>di</strong> un «sotto», "questa" è l'origine<br />
dell'opposizione tra «buono» e «cattivo». (Il <strong>di</strong>ritto signor<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />
imporre nomi, risale così in<strong>di</strong>etro nel tempo, che si sarebbe<br />
autorizzati a ritenere l'origine della lingua stessa come espressione<br />
<strong>di</strong> potenza <strong>di</strong> chi era al potere: essi <strong>di</strong>cono «questo "è" questo e<br />
questo» e con un suono impongono <strong>il</strong> loro sig<strong>il</strong>lo a cose e avvenimenti<br />
e, così facendo, se ne impossessano.) Si deve a questa origine <strong>il</strong><br />
fatto che <strong>il</strong> termine «buono» non si ricollega <strong>di</strong> necessità, sin dagli<br />
inizi, ad azioni «non egoistiche», come crede la superstizione <strong>di</strong><br />
questi genealogisti della morale. E' vero invece che solo con la<br />
"decadenza" dei giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore aristocratici si impone sempre <strong>di</strong><br />
più alla coscienza umana tutta questa opposizione tra «egoistico» e<br />
«non egoistico» - si tratta, per usare la mia lingua, "dell'istinto<br />
gregario", che con essa acquista infine parola (o anche "parole"). E<br />
anche a questo punto ci vorrà ancora molto tempo perché questo istinto<br />
acquisti tanta forza che l'apprezzamento morale dei valori si fissi,<br />
si ancori proprio a questa opposizione (come è, ad esempio, <strong>il</strong> caso<br />
dell'Europa o<strong>di</strong>erna: oggi <strong>il</strong> pregiu<strong>di</strong>zio secondo cui «morale», «non<br />
egoistico», «"désintéressé"» sarebbero concetti equivalenti, domina<br />
già con la violenza <strong>di</strong> un idea fissa e <strong>di</strong> una malattia mentale.<br />
3.<br />
In secondo luogo poi, prescindendo completamente dalla insostenib<strong>il</strong>ità<br />
storica <strong>di</strong> quella ipotesi sull'origine del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> valore «buono»,<br />
essa soffre, in se stessa, <strong>di</strong> una contrad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />
psicologico. L'ut<strong>il</strong>ità dell'azione non egoistica deve essere l'origine<br />
della sua lode, e questa origine deve essere stata "<strong>di</strong>menticata", - ma<br />
come è mai "possib<strong>il</strong>e" questo oblio? Forse che l'ut<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> tali<br />
azioni ha cessato un bel giorno <strong>di</strong> essere tale? E' invece vero <strong>il</strong><br />
contrario: questa ut<strong>il</strong>ità è stata piuttosto, in ogni epoca, esperienza<br />
quoti<strong>di</strong>ana, qualcosa, cioè, che continuamente veniva sempre e <strong>di</strong> nuovo<br />
sottolineata; <strong>di</strong> conseguenza, invece <strong>di</strong> scomparire dalla coscienza, <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ventare obliab<strong>il</strong>e, essa vi si impresse con sempre maggiore<br />
chiarezza. - Quanto più razionale è invece la teoria opposta (che non<br />
per questo è più vera -) sostenuta per esempio da Herbert Spencer, che<br />
riconosce come sostanzialmente analoghi <strong>il</strong> concetto <strong>di</strong> «buono» e<br />
quello <strong>di</strong> «ut<strong>il</strong>e» e «funzionale», così che nei giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> «buono» e<br />
«cattivo» l'umanità avrebbe sommato e confermato proprio le sue<br />
esperienze "inobliate" e "inobliab<strong>il</strong>i" su quello che è ut<strong>il</strong>e e<br />
funzionale, dannoso e non funzionale. Secondo questa teoria, è buono<br />
ciò che da sempre si è <strong>di</strong>mostrato ut<strong>il</strong>e, con ciò esso può farsi valere<br />
come «valido al massimo grado» e «valido in sé». Come ho già detto,<br />
anche questa via <strong>di</strong> spiegazione è falsa, ma la spiegazione è, per lo<br />
meno, in se stessa razionale e psicologicamente fondata.<br />
4.<br />
L'in<strong>di</strong>cazione della via "giusta" mi è stata offerta dal problema <strong>di</strong><br />
ciò che le definizioni <strong>di</strong> «buono» coniate dalle <strong>di</strong>verse lingue debbano